L'uomo mellificato
è una sostanza medicinale
leggendaria creata immergendo un cadavere umano nel miele.
Il leggendario medicinale è descritto
in alcune fonti mediche cinesi, quali il Bencao Gangmu del medico e
farmacologo Li Shizhen, vissuto nel sedicesimo secolo. Secondo questo
trattato, dopo essersi nutrito esclusivamente di miele per alcune
settimane il donatore deceduto veniva posto in una bara di pietra
riempita anch'essa della dolce sostanza. Dopo un secolo di attesa la
bara veniva aperta e il contenuto utilizzato come rimedio capace di
guarire pressoché ogni malanno e di curare le ossa rotte.
La pratica di conservare i corpi dei
defunti nel miele ha avuto come antecedenti gli assiri che, come
riporta lo storico greco Erodoto, erano soliti imbalsamare i loro
morti usando il miele,
una tecnica anche adottata dagli
antichi egizi.
Più tardi, nel IV secolo a.C., il
corpo di Alessandro Magno venne rinchiuso in un sarcofago pieno di
miele.
L'esistenza di un farmaco prodotto
da uomini mummificati nel miele è stata descritta molti anni dopo
dal farmacologo cinese del sedicesimo secolo Li Shizhen. Sebbene lo
stesso Shizhen non sia certo che l'esistenza degli uomini mellificati
sia vera, egli ha descritto l'usanza dettagliatamente nel suo Bencao
Gangmu (1578), il più grande trattato farmacologico della medicina
cinese, in cui spiega di esserne venuto a conoscenza dagli scritti
dell'erudito cinese Tao Jiucheng, conosciuto anche come Tao Zongyi,
vissuto verso la metà del quattordicesimo secolo:
«Secondo [Tao Jiucheng] nel suo [Chuogenglu], nelle terre
degli arabi ci sono uomini di 70 o 80 anni che sono disposti a
dare il proprio corpo per salvare gli altri. (Il volontario) non
prende più né cibo né bevande, fa il bagno e mangia un poco di
miele, finché dopo un mese i suoi escrementi non sono altro che
miele; poi segue la morte. I suoi compatrioti mettono il corpo a
macerare in una bara di pietra piena di miele, con un'iscrizione
che dà l'anno e il mese della sepoltura. Dopo un centinaio di
anni i sigilli vengono rimossi e la confezione così formata è
usata per il trattamento di ferite e fratture del corpo e degli
arti - solo una piccola quantità presa internamente è necessaria
per la cura. Anche se è scarso da quelle parti, la gente comune
lo chiama "uomo mellificato", o, nel loro linguaggio
straniero, "mu-nai-i". Non sono certo se la storia sia
vera o meno. In ogni caso la cito in modo che possa essere presa
in considerazione dagli eruditi.» |
Il miele, assunto come alimento
esclusivo e dalle proprietà lassative, causava eccessiva perdita di
peso e quindi la morte del volontario; il suo corpo veniva quindi
ricoperto di miele che, povero d'acqua e ricco di sostanze
antibiotiche, ne impediva la putrefazione. Quando la bara veniva
aperta il cadavere era ormai completamente macerato; la sostanza
rimasta veniva quindi donata ai discendenti del defunto oppure
raccolta in barattoli e venduta ad altissimi prezzi.
Secondo gli storici della scienza
cinese Joseph Needham e Lu Gwei-djen, sebbene Li Shizen parli della
pratica dell'uomo mellificato come originaria dell'Arabia, è
possibile che in realtà la sua origine ricada nella pratica birmana
di preservare i corpi di abati e monaci nel miele, così che "la
nozione occidentale di un farmaco ricavato dalla perdurabile carne
umana fosse combinato con il caratteristico motivo buddista del
sacrificio di sé per gli altri".
Invece Mary Roach ha affermato che
l'uso medicinale delle mummie e la vendita di falsi è documentato
nei libri di chimica risalenti al sedicesimo e diciottesimo secolo in
Europa, ma raramente queste mummie erano conservate nel miele e in
nessun luogo al di fuori dell'Arabia i cadaveri usati per le mummie
erano di volontari.
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