mercoledì 30 settembre 2020

Cosa è rimasto del Giappone antico (intendo di quello prima del 1854 quando questi, aveva incominciato ad aprirsi all'occidente), nel Giappone attuale del XXI secolo?

E' una domanda di portata enorme. Apparentemente nulla, in realtà è rimasto quasi tutto. Come un essere umano che diventa adulto o semplicemente cambia, anche il Giappone è cambiato, pur restando nella sua essenza la stessa cosa. Dovunque io guardi, vedo discontinuità e continuità.

Le discontinuità ci sono, fra gli altri, nell’ambito politico. Il Giappone ora è uno. Il concetto di Giappone, che fino al 1868 non esisteva, ora esiste. La democrazia giapponese, pur gravemente ammalata come le altre (italiani, britannici, americani, abbiamo tutti qualche problema molto serio), è una realtà. Però ci sono ancora le caste.

Si vestono all’occidentale, ma ti basta guardare il cassetto di un armadio giapponese per vedere la differenza. Non troverai mai ordine simile in un casa italiana. La disposizione dei mobili, la struttura della casa, I gusti personali riflettono ancora criteri di bellezza nati nei monasteri nei monasteri zen 700 anni fa. Amore per l’asimmetria e l’imperfetto, per esempio.

Se vai a un festival religioso, poi, sarà come tornare indietro nel tempo. Ti troverai a guardare qualcosa di molto simile alle baccanali romane.



Non c’è traccia della maestà delle funzioni cattoliche. Si beve, si fa casino, ci si diverte. Una volta si scopava, anche. La gente è vestita esattamente come i loro avi, ma la naturalezza con cui portano quegli abiti rivela quanto ci siano abituati. Quanto poco si sentano in maschera. Il festival non è carnevale. Piuttosto, quegli abiti sono necessari in quel contesto.

In una cosa sola vedo un enorme strappo. La violenza, caratteristica intrinseca della vita giapponese dagli albori al 1600, ha lasciato il posto al suo contrario.

Nessun paese è disciplinato come questo. In nessun paese l’aggressività è soppressa e quanto in questo.

Per dire, qualche giorno fa io ed un mio amico ci stavamo dicendo come fosse difficile ottenere l’opinione sincera di un giapponese su di un argomento qualsiasi. Il mio amico mi ha detto che c’è un trucco. Basta dir loro che senza il loro parere sei nei guai. Allora parlano. Avevano opinioni, ma non “potevano” dirle. Avevano bisogno della certezza che il criticarti non ti ferisse.
Il conducente giapponese medio di sesso maschile si comporta più come una donna italiana che come un uomo italiano. Se pecca, è per prudenza.

Così va, da Nanchino a questo. Lo stesso popolo, la stessa cultura.



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