In un’epoca in cui l’immaginario collettivo continua a essere alimentato da pellicole hollywoodiane in cui un buttafuori si trasforma in un artista marziale capace di combattere orde di avventori aggressivi con una grazia coreografica degna di una danza aerea, è il momento di fare chiarezza. Perché, nella realtà, la vita da buttafuori non ha nulla a che vedere con i salti acrobatici di Roadhouse, e la sicurezza non si costruisce con calci volanti ma con lucidità mentale, forza contenuta e strategia di prevenzione.
Chi ha calcato la porta di un locale notturno non come cliente, ma come professionista della sicurezza, sa che la vera arte non è il combattimento, ma il disinnesco. L’esperienza insegna che quasi nessuno degli scontri che si verificano sul campo assomiglia anche solo vagamente a quelli del cinema: sono brevi, brutali, imprevedibili. Spesso durano meno di dieci secondi. E possono lasciare dietro di sé non solo feriti, ma carriere e vite spezzate.
La risposta onesta è tanto semplice quanto disillusa: nessuna arte marziale ti renderà invincibile, né ti salverà da un coltello estratto a sorpresa, da un’aggressione di gruppo o da un singolo pugno sferrato da un ubriaco maldestro che cade battendo la testa. Ma alcune discipline possono – e devono – essere parte integrante di una preparazione intelligente.
Il judo e il jujitsu, ad esempio, insegnano il controllo dell’avversario, le leve articolari e le tecniche di immobilizzazione senza necessità di colpire. Sono ideali per contenere senza uccidere, per difendersi senza umiliare. La boxe, per contro, insegna tempi, distanza, equilibrio e autocontrollo sotto pressione – strumenti essenziali quando una rissa scoppia senza preavviso.
Ma queste abilità devono sempre essere accompagnate da una consapevolezza fondamentale: il tuo compito è non combattere.
Un buon operatore della sicurezza non si allena per abbattere, ma per valutare. L'obiettivo è la gestione del rischio, non la spettacolarizzazione della violenza. La forza fisica è solo uno degli strumenti a disposizione, e nemmeno il più importante. La vera preparazione è psicologica, è nella lettura del linguaggio del corpo, nell’abilità nel negoziare, nell’anticipare le dinamiche di gruppo, nel lavoro di squadra.
Chiunque abbia lavorato nel settore sa che la solitudine è il peggior nemico. Nessun buttafuori dovrebbe mai operare da solo. In gruppo, anche il soggetto più turbolento perde coraggio. In solitaria, anche il più esperto è vulnerabile. Per questo motivo, la prima regola non scritta ma universalmente riconosciuta è: lavora sempre in coppia o in squadra. Nessuno vuole confrontarsi con tre uomini sobri, ben piazzati, che sanno coordinarsi e comunicare con uno sguardo.
In molti Paesi, l’uso legittimo di strumenti come lo spray al peperoncino o, dove consentito, lo spray anti-orso, può risolvere una situazione pericolosa senza bisogno di contatto fisico. Non è codardia: è intelligenza. È sopravvivenza.
La sicurezza personale è anche questione di protezione passiva: un giubbotto anti-pugnalata non è paranoia, è buonsenso. I coltelli esistono. E le persone ubriache o sotto l’effetto di droghe non combattono come nei tornei, ma con la furia e l’irrazionalità tipiche di chi ha perso ogni freno.
Infine, c’è un principio spesso ignorato da chi si avvicina a questo mestiere attratto dal fascino del confronto fisico: non essere pericoloso quanto chi cerchi di fermare. Un buttafuori che cerca risse è solo un aggressore con licenza. E finirà inevitabilmente per provocare più danni di quanti ne prevenga.
Allenarsi è importante, certo. Ma allenarsi per la giusta ragione è vitale. Le discipline marziali utili per un addetto alla sicurezza sono quelle che insegnano il controllo, non la distruzione. Judo, jujitsu, boxe: strumenti efficaci, purché subordinati a un’etica di contenimento, non di sopraffazione.
Il vero professionista non cerca lo scontro. Lo evita. Non per paura, ma per responsabilità. Perché sa che una vita umana può spegnersi in un attimo. E che, alla fine della notte, l’unica vittoria che conta davvero è che tutti – anche gli idioti ubriachi – siano tornati a casa interi.