mercoledì 2 settembre 2015

Calendario giapponese

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Il calendario giapponese, noto anche come calendario Wareki (和暦), era il calendario in uso in Giappone fino al 1873, quando con la restaurazione Meiji fu introdotto il calendario gregoriano. Tale calendario era lunisolare ed era adattato dal calendario cinese e prevedeva una settimana (Rokuyo) di sei giorni: Taian, Butsumetsu, Senpu, Tomobiki, Shakko e Sensho. Attualmente di questo calendario viene usata soltanto la suddivisione in ere e conseguentemente la numerazione degli anni.

Le ere

Il calendario giapponese riconosce un'era per ciascun regno di un imperatore. L'era corrente è l'era Heisei (平成), iniziata nell'anno 1989 del calendario gregoriano: l'anno 2001 del calendario gregoriano, ad esempio, corrisponde all'anno 平成 13 del calendario giapponese. Il primo anno di un'era, inoltre, viene denominato gannen (元年). Pertanto, l'anno 1989 del calendario gregoriano era l'anno 平成 元年 del calendario giapponese.
L'anno 1 di ogni era va dal giorno dell'insediamento del nuovo imperatore fino alla fine dell'anno, mentre l'ultimo anno va dal 1º gennaio fino al giorno della morte dell'imperatore. Perciò il primo e l'ultimo anno di ogni era sono generalmente più corti.
L'attuale imperatore Akihito (明仁) è salito al trono l'8 gennaio del 1989, che è diventato il primo anno d'Heisei (平成元年). Dunque il 2016 è l'anno Heisei 28 - 1989.
L'era precedente è stata l'era "Showa" (昭和), durante il regno dell'imperatore Hirohito (裕仁). Poiché Hirohito morì il 7 gennaio 1989, i primi sette giorni del 1989 appartengono all'anno Showa 64 e i restanti giorni del 1989 all'anno Heisei 1.

L'anno imperiale

Con l'introduzione del calendario gregoriano, per volontà dell'imperatore Meiji venne anche introdotto il computo degli anni noto come anno imperiale (皇紀 kōki) (a volte anche detto kigen 紀元), che partiva dalla fondazione dell'impero avvenuta tradizionalmente nel 660 a.C. a opera del leggendario imperatore Jinmu. L'anno imperiale non sostituiva quello dell'era, ma si affiancava ad esso.
Per l'anno imperiale 2600, corrispondente al 1940, erano previste una serie di grandi celebrazioni culminanti nei Giochi della XII Olimpiade, ma lo scoppio della seconda guerra sino-giapponese e poi della seconda guerra mondiale ne causarono l'annullamento.
Dopo la guerra, con l'occupazione alleata, il computo venne definitivamente abolito nel 1948.

Le stagioni

Nome italiano
Nome giapponese
Trascrizione in caratteri latini
Date limite tradizionali
Primavera

haru
5 febbraio – 6 maggio
Estate

natsu
7 maggio – 8 agosto
Autunno

aki
9 agosto – 7 novembre
Inverno

fuyu
8 novembre – 4 febbraio

I mesi

Nel calendario lunisolare giapponese ogni mese aveva un nome proprio che identificava tradizioni agricole, culturali o religiose del periodo a cui si riferiva, in maniera equivalente al calendario rivoluzionario francese. Questi nomi sono caduti in disuso nella lingua quotidiana, ma vengono tuttora utilizzati in campo poetico; il nome tradizionale del dodicesimo mese, Shiwasu, è invece tuttora di uso comune.
I nomi dei moderni mesi giapponesi tradotti letteralmente risultano come primo mese, secondo mese e così via: al numero corrispondente viene aggiunto il suffisso (-gatsu, "mese").
Per via del diverso sistema del calendario gregoriano e di quello giapponese, rispettivamente solare e lunare, i vecchi mesi giapponesi sono sfalsati rispetto ai mesi gregoriani: il primo mese del calendario giapponese era Mutsuki.
Nome tradizionale giapponese
Nome comune giapponese
Nome italiano
Mutsuki (睦月 "Mese dell'affetto")
二月 (nigatsu)
Febbraio
Kisaragi (如月 "Mese migliore") o Kinusaragi (衣更着 "Cambio dei vestiti")
三月 (sangatsu)
Marzo
Yayoi (弥生 "Vita nuova")
四月 (shigatsu)
Aprile
Uzuki (卯月 "Mese u-no-hana")
Lo u-no-hana (卯の花) è un fiore del genere Deutzia.
五月 (gogatsu)
Maggio
Satsuki (皐月 "Mese dell'inondazione dei campi") o Sanaetsuki (早苗月 "Mese della semina precoce del riso")
六月 (rokugatsu)
Giugno
Minazuki (水無月 "Mese senz'acqua")
Si intende "senz'acqua" rispetto al precedente mese, che è invece caratterizzato da piogge torrenziali.
七月 (shichigatsu)
Luglio
Fumizuki (文月 "Mese della cultura")
八月 (hachigatsu)
Agosto
Hazuki (葉月 "Mese delle foglie")
In giapponese antico era chiamato 葉落ち月 (Haochizuki, o "Mese delle foglie che cadono").
九月 (kugatsu)
Settembre
Nagatsuki (長月 "Mese lungo")
十月 (jūgatsu)
Ottobre
Kannazuki (神無月 "Mese senza divinità")
Si riferisce al fatto che durante questo mese tutte le divinità Shinto lasciano i loro templi e si riuniscono al Santuario di Izumo: nel resto del Paese, quindi, non ci sono divinità.
十一月 (jūichigatsu)
Novembre
Shimotsuki (霜月 "Mese del gelo")
十二月 (jūnigatsu)
Dicembre
Shiwasu (師走 "La corsa del sacerdote").
Si riferisce ai molti impegni dei sacerdoti per la preparazione della festività del nuovo anno.
一月 (ichigatsu)
Gennaio

Suddivisioni del mese

In Giappone si usa una settimana allineata con quella del calendario europeo. La settimana con i sette nomi dei giorni tratti dal sistema latino fu introdotta in Giappone attorno all'anno 800 d.c., assieme al calendario buddhista. Fino al 1876 tale sistema fu però sostanzialmente usato solo per fini astrologici.
I nomi dei giorni, che derivano da quelli dei pianeti visibili ad occhio nudo, furono in Giappone collegati ai cinque elementi della cultura cinese classica (metallo, legno, acqua, fuoco e terra) nonché alla luna e al sole (yin e yang).
Nome giapponese
Trascrizione in caratteri latini
Elemento
Nome italiano
日曜日
nichiyōbi
Sole
Domenica
月曜日
getsuyōbi
Luna
Lunedì
火曜日
kayōbi
Fuoco (Marte)
Martedì
水曜日
suiyōbi
Acqua (Mercurio)
Mercoledì
木曜日
mokuyōbi
Legno/Albero (Giove)
Giovedì
金曜日
kin'yōbi
Metallo/Oro (Venere)
Venerdì
土曜日
doyōbi
Terra (Saturno)
Sabato

Giorni del mese

Ogni giorno del mese ha un nome costruito in modo semi-sistematico. Fino a 10 viene generalmente usato il kun (numerale originariamente giapponese), sopra il 10 l'on (numerale derivato dal cinese), ma esistono alcune eccezioni. La tabella che segue riporta i nomi dei giorni costruiti con i numerali tradizionali, ma anche l'uso del numerali arabi (1日, 2日, 3日, etc.) è molto diffuso nella vita di tutti i giorni, tanto da essere quasi divenuta la norma.
Numero progressivo del giorno
Nome giapponese
Trascrizione in caratteri latini
1
一日
tsuitachi
2
二日
futsuka
3
三日
mikka
4
四日
yokka
5
五日
itsuka
6
六日
muika
7
七日
nanoka
8
八日
yōka
9
九日
kokonoka
10
十日
tōka
11
十一日
jūichi-nichi
12
十二日
jūni-nichi
13
十三日
jūsan-nichi
14
十四日
jūyokka
jūyon-nichi
15
十五日
jūgo-nichi




Numero progressivo del giorno
Nome giapponese
Trascrizione in caratteri latini
16
十六日
jūroku-nichi
17
十七日
jūshichi-nichi
18
十八日
jūhachi-nichi
19
十九日
jūkyū-nichi
jūku-nichi
20
二十日
hatsuka
21
二十一日
nijūichi-nichi
22
二十二日
nijūni-nichi
23
二十三日
nijūsan-nichi
24
二十四日
nijūyokka
nijūyon-nichi
25
二十五日
nijūgo-nichi
26
二十六日
nijūroku-nichi
27
二十七日
nijūshichi-nichi
28
二十八日
nijūhachi-nichi
29
二十九日
nijūkyū-nichi
nijūku-nichi
30
三十日
sanjū-nichi
31
三十一日
sanjūichi-nichi






martedì 1 settembre 2015

Carpa koi

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La carpa koi () più specificamente nishikigoi (锦鲤 pron. niscichigoi, letteralmente "carpa broccata") o carpa giapponese, è la varietà ornamentale addomesticata della carpa comune (Cyprinus carpio). Sono allevate per scopi decorativi in stagni all'aperto e laghetti da giardino. I colori più comuni comprendono il bianco, il nero, il rosso, il giallo, il blu e il color crema.

Storia

Le koi sono state sviluppate dalla carpa comune in Cina durante la dinastia Jìn. Le prime notizie di queste carpe (conosciute col nome generico di koi) si hanno a partire dal V secolo a.C. quando le troviamo utilizzate nell'acquacoltura. La carpa giunse poi anche in Europa grazie ai traffici dell'Impero Romano che la diffuse per la prima volta anche nelle abitazioni e nei giardini privati che disponevano di laghetti e fontane. La carpa comune è stata introdotta in Giappone attraverso la Cina nel XV secolo e da qui si iniziò la classificazione e la produzione di carpe con colorazioni differenti. Le varie tipologie vennero riunite nel 1914 a Tokyo ove si tenne la prima di una serie di esposizioni annuali sull'argomento. A questo punto l'interesse per le koi esplose in tutto il Giappone e poi nel mondo.

Etimologia

La parola koi deriva dal giapponese, ove significa semplicemente "carpa" e nella cultura popolare sono simbolo di amore e amicizia. Esse, soprattutto in occidente, hanno diffuso per questo significato la loro figura in molti tatuaggi.

Varietà

Le differenti varietà di carpe koi si distinguono per colorazione, decorazione e qualità delle scaglie. I principali colori sono bianco, nero, rosso, giallo, blu e crema. Anche se le varie combinazioni dei colori sono infinite, sono state identificate dagli studiosi delle categorie sommarie di inquadramento dei diversi pesci. La categoria più popolare è la Gosanke, che unisce la varietà Kohaku, Taisho Sanshoku e Showa Sanshoku.
Attualmente si producono anche nuove varietà di pesci. La Ghost koi si è sviluppata a partire dagli anni ottanta del Novecento ed è divenuta molto popolare, soprattutto nel Regno Unito. Parallelamente vi sono anche degli ibridi di carpa selvatica e le Ogon koi, che si distinguono per la colorazione metallica delle scaglie. La Butterfly koi (conosciuta anche col nome di Longfin koi, o Dragon Carp) è stata anch'essa sviluppata negli anni ottanta.
Qui di seguito elenchiamo le principali varietà di carpa koi:
  • Kōhaku (紅白) Koi dalla pelle bianca, con grandi macchie rosse sul dorso. Il nome significa appunto "rosso e bianco". Essa fu la prima varietà introdotta in Giappone alla fine del XIX secolo.
  • Taishō Sanshoku (o Taisho Sanke) (大正三色) Molto simile alla Kohaku ma avente la parte del dorso macchiata di nero sumi (). Questa varietà venne creata nel 1914 dall'allevatore Gonzo Hiroi, durante il regno dell'Imperatore Taisho. In occidente, il nome viene spesso abbreviato in "Sanke".
  • Shōwa Sanshoku (o Showa Sanke) (昭和三色) È una carpa nera con macchie rosse (hi ) e bianche (shiroji 白地). La prima Showa Sanke venne creata nel 1927, durante il regno dell'Imperatore Showa. In occidente il nome viene solitamente abbreviato in "Showa".
  • Tanchō (丹頂?) È una carpa bianca con una sola macchia rossa sulla testa. Essa venne prodotta in Giappone perché riprendeva la bandiera nazionale.
  • Chagoi. Letteralmente Color the è una carpa dal colore bronzo chiaro con alcune ombreggiature arancio. Famosa per la propria tranquillità, ha una personalità amichevole e raggiunge una grande stazza.
  • Asagi (浅葱). Una carpa koi di colore azzurro nella parte superiore, mentre nella parte inferiore i colori possono essere rosso, giallo chiaro oppure crema. La parola giapponese significa letteralmente "verde acqua chiaro".
  • Utsurimono (写り者) È una koi nera con macchie bianche, rosse o gialle. Essa è la specie più antica attestata in Giappone anticamente chiamata "con macchie bianche e nere" (黒黄斑 Kuro Ki Han) nel XIX secolo, poi rinominata Ki Utsuri (黄写り) da Elizaburo Hoshino, allevatore di koi nel XX secolo. Le versioni rosse e bianche sono chiamate Hi Utsuri (赤写り) e Shiro Utsuri (白写り) rispettivamente.
  • Bekko (鼈甲) È una koi con la pelle bianca, rossa o gialla con macchie nere sumi (). Il nome giapponese significa "guscio di tartaruga" e si scrive anche come べっ甲. Le varietà bianca, rossa e gialla sono chiamate Shiro Bekko () Aka Bekko () e Ki Bekko () rispettivamente. Da non confondere con l'Utsuri.
  • Goshiki (五色) Una koi a tonalità scure (solitamente azzurra) con macchie rosse sul dorso.
  • Shūsui (秋翠) Il nome giapponese significa "verde autunnale". La Shusui venne creata nel 1910 da Yoshigoro Akiyama, incrociando la carpa giapponese Asagi con la carpa a specchio tedesca. Il pesce non ha scaglie ad eccezione di una singola linea dorsale che si estende dalla testa alla coda. Il tipo più comune si presenta con una colorazione base chiara con i fianchi rossi o arancio (molto raramente gialli) e la linea di scaglie blu sul dorso.
  • Kinginrin (金銀鱗) Una koi con scaglie metalliche. Il nome significa appunto "con scaglie oro e argento" ed è solitamente abbreviato in Ginrin.
  • Kawarimono (変わり者) È una delle specie più comuni di koi e si presenta solitamente di colore rosso o arancio con delle macchie bianche.
  • Ōgon (黄金) Una koi metallica di un solo colore piuttosto diffusa, le cui varietà solitamente sono oro, platino o arancio. Esistono anche specie color crema ma sono molto rare. La varietà venne creata da Sawata Aoki nel 1946 da una carpa selvatica che aveva catturato nel 1921 incrociata con una koi. Solitamente questa varietà viene incrociata con la Kinginrin per metallizzare le scaglie e rendere quindi il pesce ancora più particolare.
  • Kumonryū (九紋竜) La varietà Kumonryu è nera con macchie bianche che ricordano delle code di drago arricciate. Sono note per cambiare colore a seconda delle stagioni nel tentativo di confondersi con l'ambiente circostante.
  • Ochiba (落葉) Una koi solitamente azzurro/grigia con macchie color rame, bronzo o giallo. La parola giapponese significa "foglie cadute" in quanto il pesce ricorda delle foglie autunnali cadute nell'acqua.
  • Koromo (挙母) Un pesce bianco con macchie blu o nere. Tale varietà crebbe a metà del Novecento per la prima volta dall'incrocio tra una Kohaku ed una Asagi. Alcune varietà hanno delle macchie simili a grappoli d'uva di colore scuro.
  • Hikari-moyomono (光模樣者) Una koi con macchie di diverso colore su una base metallica, oppure avente due colori metallici in contemporanea.
  • 'Kikokuryu' Versione metallica della Kumonryu.
  • 'Kin-Kikokuryu' Versione metallica della Kumonryu sviluppata da Seiki Igarashi nella città di Ojiya.
  • Ghost koi, ibrido di Ogon con scaglie metalliche.
  • Butterfly koi, ibrido di koi avente delle pinne molto sviluppate che danno al pesce un effetto fluttuante. Il colore varia a seconda delle specie incrociate.
  • Doitsu-goi (ドイツ鯉) Originatasi dall'incrocio con carpe tedesche senza scaglie, i tipi più comuni di questa specie hanno una linea unica di scaglie dall'inizio della fronte all'inizio della coda, mentre altre specie presentano una fila di scaglie per ogni fianco per tutta la lunghezza del pesce. Una terza varietà unisce le prime due, mentre una quarta si presenta completamente coperta di scaglie grandi ed è chiamata anche "Armor koi" ovvero "koi armatura" in quanto riprende la forma di un'armatura.

Differenze con il pesce rosso

I pesci rossi sono diffusi in Cina da un allevamento selettivo della carpa prussiana con variazioni di colore. Dalla dinastia Song (960 – 1279) si sono create varietà gialle, arancio, bianche e rosso-bianche, a tal punto che oggi il pesce rosso (Carassius auratus) e la Carpa prussiana (Carassius gibelio) sono considerate specie differenti. I pesci rossi vennero introdotti in Giappone nel XVI secolo ed in Europa giunsero nel XVII secolo. Il pesce rosso si è quindi sviluppato parallelamente alla carpa koi sebbene abbia conservato sostanziali differenze con i pesci rossi.
In generale il pesce rosso tende a essere più piccolo di una koi ed ha una grande varietà di forme corporee e pinne differenti. Le koi hanno invece una forma del corpo precisa ma una grande varietà di colorazioni. Le koi hanno inoltre dei barbigli prominenti sul labbro inferiore. Molti pesci rossi come il pesce rosso comune o la varietà cometa o shubunkin hanno forme corporee e colorazioni simili ai koi a tal punto che sono poco distinguibili dalle koi più giovani.

Ambiente

La carpa comune è un pesce molto resistente e anche le koi conservano questo aspetto di specie. Le koi prediligono temperature tra i 15 e i 25 °C; il loro sistema immunitario si indebolisce molto al di sotto dei 10 °C.
I colori sgargianti delle koi costituiscono uno svantaggio nei confronti dei loro predatori naturali come aironi, gatti e volpi.
Le koi sono pesci onnivori e solitamente la loro dieta include piselli, lattuga e anguria. Dotate di una certa memoria, riescono a riconoscere le persone che le nutrono e il luogo ove solitamente ricevono il cibo a tal punto da poter essere allenate a prendere il cibo direttamente dalle mani. Il sistema digestivo delle koi diminuisce durante il periodo invernale e come tale anche la quantità di cibo ingerita in questa stagione diminuisce.
Le koi sono anche tra i pesci più longevi esistenti. Una famosa koi scarlatta chiamata "Hanako" visse 226 anni (c. 1751 – 7 luglio 1977). L'età delle koi si può derivare da un'analisi di laboratorio di una scaglia del pesce e per Hanako questo studio venne fatto nel 1966. Attualmente essa è il vertebrato più longevo al mondo.

Allevamento

Come la maggior parte dei pesci, le koi si riproducono attraverso la deposizione di una serie di uova da parte di una femmina e col successivo passaggio di un maschio per fecondarle.
In primavera le koi producono migliaia di uova per ogni singolo pesce che possono essere facilmente separate dal gruppo da parte degli allevatori di modo da scongiurare il fatto che altri pesci possano cibarsi di queste uova. La selezione viene fatta anche in base alle varietà che si vogliono produrre ed alle differenti richieste.

lunedì 31 agosto 2015

L'arte dei 5 stili


"Attraverso questo stile di pugno, uno può raggiungere lunga vita e mantenere la felicità" - Filosofia del Kajukenbo -
Adriano-emperado

Nato nell'isola di Oahu, Hawaii, alla fine della seconda guerra mondiale, il Kajukembo è un'arte marziale ibrida nata dalla fusione di cinque stili di combattimento.
Il primo fondatore di questo metodo di autodifesa fu Adriano Emperado, esperto di Escrima filippino e cintura nera di 5° grado di Kenpo.
Alla fine degli anni quaranta, Emperado, insieme ad altri maestri, istituì la società delle cinture nere (Black Bet society) con lo scopo di confrontare le varie discipline praticate in situazione reali di aggressione per individuare i punti di forza e di debolezza delle diverse specialità. Infatti, il termine Kajukenbo deriva dalle iniziali delle arti marziali dei fondatori di questo sistema ibrido di autodifesa:
  • KA, dal Tang So Do Karatè Koreano del Maestro Peter Y.Y. Choo;
  • JU, dal Jujitsu e Judo giapponese del Maestro Frank Odonez;
  • KEN, dal Kenpo di Emperato Adriano;
  • BO, dalla boxe cinese (Sholin Chuan Fa Kung Fu) del Maestro Clarence Chang.
Frank Odozen apportò nel Kajukenbo la potenziale cedevolezza che caratterizza il Jujitsu; Peter Choo l'esplosività dei colpi del Karate; Clarence Chang gli attacchi ad ampio raggio del Kung Fu ed Emperado le tecniche a fuoco rapido e l'agilità a corta distanza del Kenpo.
Da quest'unione armoniosa nasce la prima arte marziale degli Stati Uniti, che ebbe inizio con la prima scuola a Palama e successivamente si espanse nel continente americano tramite John Leoning, allievo di Emperado.
Il Kajukenbo oltre a essere uno stile caratterizzato da un duro allenamento, mantiene forti radici nelle filosofie delle arti che lo compongono. Lo stemma del Kjukenbo è composto dal:

Stemma-Kajukenbo


  • Trifoglio Bianco che rappresenta la conoscenza e la limpidezza delle 5 arti marziali;
  • Ying e Yang è il duro e il morbido all'interno del Kajukenbo;
  • Giunchi verdi sono la scuola e l'organizzazione giovane che cresce nel tempo;
  • L'ottagono d'oro simboleggia gli otto Kata e le otto direzioni di attacco e di difesa del Kajukenbo;
  • Il cerchio rosso è il C'HI, l'energia interiore;
  • Il rosso, il nero e il bianco sono i colori che caratterizzano il Kajukenbo;
  • Gli ideogrammi di sinistra significano Stile di pugno, Kenpo mentre a destra abilità, lunga vita.
Il Kajukenbo è un'arte marziale che addestra i suoi praticanti ad utilizzare le diverse combinazioni di attacco e di difesa presenti nei diversi stili, come i calci laterali e le tecniche esplosive del Korea Karate, le parate morbidi del Kenpo, le tecniche a becco di Gru del Kung Fu e le proiezioni e leve articolari del Jujitsu.
Questo enorme bagaglio tecnico consente ad ogni persona, indipendentemente dalla statura, età e sesso, di aumentare enormemente le proprie possibilità di sopravvivenza ad una aggressione utilizzando le tecniche che gli consentono maggiormente di sfruttare la propria forza personale. Una persona agile può concentrarsi principalmente su tecniche a fuoco rapido e sulla corta distanza del Kenpo e del Kung Fu, mentre una persona meno veloce può sfruttare le leve articolari e le proiezioni del Jujitsu e del Judo.
Oltre al combattimento a mani nude che viene acquisito nei vari esami sostenuti dal praticante fino al raggiungimento della cintura nera, il Kajukenbo si concentra successivamente sull'apprendimento delle tecniche a mano armata. Quest'ultimo allenamento comprende tecniche di difesa da attacchi portati con coltelli e bastone e l'utilizzo stesso del bastone impiegato nell'Escrima filippino. L'ultima prova da superare per ambire alla cintura nera è la prova del cerchio, che consiste in un combattimento simultaneo con più opponenti allo scopo di simulare una tipica aggressione da strada.
L'immediatezza, la flessibilità e l'efficacia delle tecniche di Kajukenbo hanno favorito la diffusione di quest'arte di autodifesa di origine Americana in tutto il mondo.

domenica 30 agosto 2015

Chapatsu

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Il chapatsu (チャパツ, letteralmente capelli castani), è una moda in voga tra gli adolescenti giapponesi che consiste nel decolorarsi (e talvolta tingersi) i capelli con uno stile particolare.
Questa moda ha iniziato a diffondersi a Tokyo nella prima metà degli anni novanta anche se la parola non è comparsa nel Kōjien (uno dei dizionari giapponesi più autorevoli) fino al 1998. La pratica è inizialmente diventata popolare soltanto tra le adolescenti che cercavano di accentuare la pelle abbronzata, ribellandosi ai canoni tradizionali di bellezza, ma è velocemente passata ad essere una moda mainstream e quindi comune tra tutti gli adolescenti e giovani che seguono la moda.
Attualmente questa pratica sta decadendo, molto probabilmente perché ha perso la connotazione di "ribellione".

sabato 29 agosto 2015

Chonmage

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Il chonmage (丁髷 o 丁髷 o ちょんまげ) è un tipo di acconciatura tradizionale giapponese per uomo. È più comunemente associata con il periodo Edo e con i samurai e, in tempi recenti, con i lottatori di sumo. Originariamente era un metodo utilizzato dai samurai per mantenere stabile l'elmo in battaglia, divenendo in seguito uno status symbol nella società giapponese.
Il chonmage tradizionale del periodo Edo si caratterizzava per un taglio che lasciava rasata la fronte con i rimanenti capelli che, lunghi, venivano unti e legati a formare una piccola coda di cavallo che si ripiegava sulla sommità della testa con il ciuffo caratteristico.
Al giorno d'oggi gli unici rimasti a portare il chonmage sono i lottatori di sumo. Questo stile di chonmage è leggermente differente, in quanto la fronte non è più rasata, e i capelli possono essere appiattiti in questa regione per consentire al ciuffo di poggiarsi più ordinatamente.
I lottatori di sumo sekitori possono, in certe occasioni, acconciare i propri capelli con un ciuffo più elaborato che prende il nome di oicho o stile a foglia di ginkgo, in cui la parte terminale del ciuffo si apre formando un semicerchio. Data l'unicità dello stile, la Sumo Association impiega parrucchieri specializzati chiamati tokoyama per tagliare e pettinare i capelli dei rikishi.
Il chonmage ha una tale importanza simbolica nel sumo che l'atto del tagliare il ciuffo è un momento cruciale nella cerimonia del ritiro di un lottatore.

venerdì 28 agosto 2015

Cool Biz

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Cool Biz è la denominazione di una misura adottata dal governo del primo ministro giapponese Jun'ichirō Koizumi attraverso il Ministero dell'ambiente, al fine di contrastare i cambiamenti ambientali mediante la promozione dell'informalità nell'abbigliamento durante l'estate del 2005.

Etimologia

Cool Biz è un'espressione coniata a partire dalle parole inglesi "cool" e "business", solitamente compressa in "biz". La prima traduce letteralmente "fresco", ma colloquialmente si può tradurre come "bello, fico, stupendo", mentre la seconda vuol dire "affari".

Aspetti generali

Il governo non ha indicato una maniera speciale di vestirsi, né la necessità di comprare abiti nuovi, ad eccezione del suggerimento esplicito di non mettersi né cravatta né giacca. Si è raccomandato di mantenere la temperatura dell'aria condizionata a 28°C, meta che si può raggiungere con l'uso di abiti più leggeri.
Rispetto all'ambiente di lavoro durante l'estate, e a causa dell'entrata in vigore del Protocollo di Kyōto, è prevalso il giudizio negativo circa un iperraffreddamento dell'aria condizionata, dal punto di vista della salute e della conservazione dell'energia, dando la colpa alla cravatta e al completo da uomo, poiché l'uso di questo tipo di vestiario aumenta la temperatura del corpo, il che obbliga ad abbassare la temperatura dei condizionatori d'aria. Alcuni uomini ritengono che questa diminuzione della temperatura negli spazi interni aumenti la sensazione di freddo, così come le donne parlano di un "inferno gelato".
Per questo, il Ministero dell'ambiente giapponese ha lanciato un appello a mantenere la temperatura dell'aria condizionata a 28°C durante l'estate, ha creato canzoni promozionali e, mediante la campagna denominata "senza cravatta, senza giacca" (「ノーネクタイ・ノー上着 No necktie, no uwagi), ha chiesto agli impiegati giapponesi di utilizzare abiti più leggeri. L'esempio hanno dovuto darlo gli impiegati governativi nell'area metropolitana di Tokyo, ma altri funzionari hanno mantenuto l'uso di giacca e cravatta, il che pare dimostrare che la campagna non ha ancora permeato la società giapponese in generale.
Perfino dentro il partito di governo, il Partito Liberal Democratico (PLD), persone come Shizuka Kamei hanno criticato la misura dicendo che «quell'apparenza non sta bene ai politici».
Nel 1979, dopo la crisi petrolifera degli anni settanta, il governo Ōhira aveva proposto la misura su idea dell'ex primo ministro Tsutomu Hata. Si arrivò a creare gli "abiti a basso consumo di energia" (省エネスーツ Shō-ene(rgy)-suits), vestiti con maniche ampie, che ebbero una certa accettazione.
I fabbricanti e i negozi di abbigliamento hanno trovato una nuova opportunità per vendere abiti da uomo e camicie che non lasciano vedere la cravatta, grazie a questa misura e a promozioni come il "Casual Friday", mentre le tipiche camicie di Okinawa, simili a quelle hawaiane, hanno avuto grande diffusione nel resto del Giappone. Inoltre, secondo calcoli del Centro di Indagine Economica, con la misura del Cool Biz la deteriorata economia giapponese potrebbe crescere di circa 100000 milioni di yen.

Risultato della campagna Cool Biz del 2005

Il 28 ottobre 2005, il Ministero dell'ambiente annunciò i risultati della campagna Cool Biz.
Il Ministero realizzò un'inchiesta via web sulla situazione attuale della misura il giorno 30 settembre 2005, coprendo approssimativamente 1.200 persone selezionate da un "panel di internet" di proprietà di una società di ricerca. Il risultato del sondaggio mostra che il 95,8% degli intervistati conosceva il Cool Biz e che il 32,7% dei 562 intervistati rispose che i suoi uffici avevano installato più aria condizionata che negli anni precedenti. Basandosi sui risultati, la riduzione stimata del biossido di carbonio fu di circa 460.000 tonnellate-CO2, che equivale alla quantità di CO2 emessa approssimativamente da un milione di camini durante un mese.
Il Ministero solleciterà costantemente la popolazione ad installare aria condizionata a 28 gradi centígradi, insieme a una maggiore diffusione del Cool Biz.

Warm Biz

Durante l'inverno del 2005, si parlò in varie delle principali catene d'informazione di promuovere una campagna Warm Biz per l'inverno, indossando una camicia pesante a collo alto al posto di giacca e cravatta. Il Warm Biz non fu promosso dal governo giapponese e l'idea non raccolse sostegno su vasta scala.

Cool Biz 2006

La seconda campagna annuale Cool Biz iniziò il 1º giugno 2006. Il primo ministro del Giappone e un gran numero di ministri diedero l'esempio di indossare abiti progettati per mantenerli freschi. Sembra che l'appoggio alla misura fuori dal governo stia guadagnando adepti.

giovedì 27 agosto 2015

Cool Japan

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Cool Japan (クールジャパン Kūru Japan) è un'espressione coniata nel 2002 per esprimere la rapida ascesa del Giappone a superpotenza culturale. Ottenuto un largo riconoscimento anche nel mondo accademico e mediatico, il marchio "Cool Japan" è stato fatto proprio anche dal governo giapponese così come dalle compagnie commerciali che sperano in questo modo di sfruttare il potenziale dell'industria culturale del paese. È stato descritto come una forma di soft power, ovvero «l'abilità di influenzare indirettamente il comportamento o l'interesse attraverso mezzi culturali o ideologici».

mercoledì 26 agosto 2015

Cosplay

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Cosplay (コスプレ kosupure) è una parola macedonia formata dalla fusione delle parole inglesi "costume" (costume) e "play" (gioco o interpretazione) che indica la pratica di indossare un costume che rappresenti un personaggio riconoscibile in un determinato ambito e interpretarne il modo di agire.

Storia

Il fenomeno precursore del cosplay nasce in America nel 1939 con il futuristicostume indossato da Forest J. Ackerman e ispirato al film La vita futura di William Cameron Menzies. Solo nel 1984 il reporter giapponese Takahashi Nobuyuki coniò la parola cosplay, per descrivere ciò che aveva visto durante il suo viaggio in America presso le convention statunitensi. Il fenomeno assunse una certa rilevanza a partire dal 1995 quando la stampa giapponese dedicò per la prima volta un articolo a questo fenomeno quando un gruppo di ragazzi nella città di Tokyo indossò i costumi ispirati a personaggi della serie Neon Genesis Evangelion. Da allora il cosplay si è sempre più diffuso anche nel resto del mondo, soprattutto tra le schiere di fan più appassionati.

Caratteristiche del fenomeno

Il termine è una contrazione delle parole inglesi costume e play, che descrivono l'hobby di divertirsi vestendosi come il proprio personaggio preferito. Oltre a travestirsi in occasione di manifestazioni pubbliche come i convegni sugli anime, non è inusuale per gli adolescenti giapponesi radunarsi assieme ad amici con la stessa passione solo per fare del cosplay.
Il cosplay si è legato indissolubilmente alla cultura nipponica, al punto di essere creduto originario del Sol Levante. Difatti il personaggio rappresentato da un cosplayer appartiene spesso al mondo dei manga e degli anime, molto diffusi nel paese asiatico, ma non è raro che il campo di scelta si estenda ai tokusatsu, ai videogiochi, alle band musicali, particolarmente di artisti J-Pop, J-Rock, K-Pop o K-Rock (musica pop e rock giapponese o coreana), ai giochi di ruolo, ai film e telefilm e ai libri di qualunque genere e persino alla pubblicità.
A causa della sua natura eterogenea il cosplay viene praticato in maniera sensibilmente differente nei vari stati in cui si è diffuso, ma il terreno principalmente calcato dai cosplayer è quello delle convention del settore. Una piccola nicchia in questo campo è costituita dai dollers, il termine che indica un attore dilettante di kigurumi. Questi cosplayer indossano maschere (che li fa definire in giapponese anche animegao, ovvero "faccia da anime") e una calzamaglia completa per trasformarsi completamente nel loro personaggio.
Una definizione adottata in certi casi è quella di cross-players, da "cross-dressing" e "cosplayer": si usa talvolta per indicare coloro che abitualmente realizzano cosplay di personaggi del sesso opposto rispetto al loro. Non si tratta comunque di una vera e propria nicchia del cosplay, ma di una definizione a volte usata in modo improprio e non accettata da tutti gli appassionati. Le migliori cosplayers giapponesi si possono trovare ogni domenica ad Harajuku, quartiere di Tokyo, dove decine di ragazze e ragazzi si incontrano per mostrare i propri vestiti ai turisti incuriositi e ai fotografi.

Le esibizioni

Una parte significativa della sottocultura cosplay sono le brevi scenette (o esibizioni) in cui i cosplayer recitano la parte del personaggio di cui indossano il costume, re-interpretando fedelmente determinati passaggi del film, fumetto o serie TV da cui il personaggio è stato tratto, o al contrario fornendone un'interpretazione personale in chiave parodica quando non demenziale.
Va notato che questo elemento ha un'importanza del tutto marginale nelle fiere giapponesi, dove solitamente i vari cosplayers si limitano ad un inchino e ad una breve sfilata dove posano per le fotografie, mentre al contrario ha ottenuto un buon successo in diversi altri paesi in cui si pratica il cosplay. Non è raro vedere alle varie gare di cosplay lunghe interpretazioni spesso complete di colonne sonore, accessori vari e in alcuni casi dei micro-set che si rifanno alle ambientazioni della storia. Ormai è quasi una consuetudine premiare non soltanto gli autori dei costumi più accurati, ma anche le interpretazioni migliori e più fedeli allo spirito della fonte originale, oppure elargire "premi simpatia" ai cosplayers la cui interpretazione è risultata la più divertente e originale.

martedì 25 agosto 2015

Dongba

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Con il nome Dongba (lingua naxi: dtomba, cinese: 东巴, Dong Ba) si intende principalmente sia la tradizione religiosa e sciamanica dei Naxi di Lijiang, sia il sacerdote stesso di tale religione. Per quanto concerne la tradizione religiosa, essa risulta essere un insieme di tradizioni appartenenti alla cultura del popolo Naxi, concentrato oggi fondamentalmente nella città di Lijiang - Yunnan, Cina, nella zona circostante, ed in altre zone adiacenti del Tibet e della provincia dello Sichuan, mentre per quanto concerne il sacerdote sciamano, egli è la figura centrale di tutta la parte "pratica" della religione Dongba, ed adempie alle cerimonie proprie della suddetta tradizione, si dedica alla compilazione dei manoscritti che recita cantando e danzando nei rituali specifici.
I termine Dongba dunque è un nome polivalente, ma i suoi significati e le sue accezioni non si limitano alle due appena accennate, e ne contempla altre che possono essere riassunte e schematizzate come segue:
  • Dongba come sistema di scrittura pittografica utilizzata per la produzione di manoscritti religiosi,
  • Dongba come una tipologia di danza, musica e canto direttamente derivata dall'esecuzione delle cerimonie religiose della medesima tradizione
  • Dongba come tipologia artistica sacra antica, espressa nella realizzazione di affreschi murali come l'importantissimo ciclo di affreschi del tempio di Baisha, nella produzione di Tanka, nella produzione di tavolette lignee votive dipinte, nella produzione di manoscritti illuminati.
  • Dongba come tipologia artistica moderna e contemporanea che si esprime nella pittura, nella scultura e nella calligrafia conosciuta anche come Scuola d'arte Moderna Dongba,
  • Dongba come produzione artigianale ispirata o direttamente copiata dalle iconografie artistiche della tradizione religiosa sciamanica.
Quest'ultimo aspetto, tuttavia, è ampiamente dibattuto poiché non è chiaro se questo tipo di espressione artistica possa essere considerata come 'genuinamente Dongba', poiché nella produzione dei manufatti è in molti casi evidente che sia stata attuata una mera copia dei motivi iconografici Dongba, senza tuttavia conoscenza dei motivi iconologici ed i significati profondi che sussumono e condizionano le altre espressioni artistiche Dongba.
Malgrado oggi sia la tradizione Dongba (ed in questo caso ad intendere ogni significato del termine nella sua polivalenza) sia la minoranza etnica Naxi ed il popolo Moso (o Moso) siano al centro di un sempre crescente interesse da parte di studiosi, non vi è molta bibliografia specifica su entrambe gli "argomenti", e quella che è stata scritta, spesso non è facilmente reperibile, soprattutto contando che una buona parte della documentazione è in lingua cinese.

Introduzione

Cenni sullo studio dell'etnia Naxi e della tradizione Dongba

Nel corso degli anni gli studiosi della nazionalità Naxi e del popolo Moso hanno formulato diverse ipotesi per identificare le origini e per ricostruire la storia antica delle due etnie, e le teorie principali elaborate possono essere raggruppate in tre filoni di pensiero principali:
  • I Naxi si originarono dai Maoniu e dalla confederazione tribale di Zao
  • I Naxi sono i discendenti delle tribù di cultura Bai Lang,
  • I Naxi giunsero a Yongning nel 24 d.C. e si originarono da tribù di cultura Mosuo
Così come suggerito dal recente studio monografico sui Naxi di Christine Matthieu, l'analisi accurata della documentazione storica e letteraria disponibile, nonché dei dati archeologici, linguistici ed antropologici palesa l'insufficienza e l'inadeguatezza di ciascuna singola teoria, poiché nessuna di essa riesce a fornire descrizioni e spiegazioni esaustive sulla genesi Naxi/Mosuo, e dover scegliere tra l'una o l'altra ipotesi risulterebbe sempre una scelta limitata, con cui non si potrebbero mai descrivere a pieno tutte le caratteristiche principali della formazione della matrice etnica, culturale, linguistica, religiosa, artistica, ecc.., che sussume alla nazionalità Naxi ed alla popolazione Mosuo storica ed odierna.
Ciascuna delle tre ipotesi, parzialmente esauriente, non riesce a motivare né le cause che hanno portato alla diversificazione delle due popolazioni, né risulta esauriente nel descrivere i processi che portarono alla differenziazione tra Naxi e Mosuo delle rispettive organizzazioni sociali, delle tradizioni, ed all'interno dello stesso popolo Naxi del fenomeno della rivendicazione in certi centri di origini storiche diverse, così fortemente sentite dalle comunità.
Da ciascuno dei modelli storici non è poi possibile estrarre i dati su cui documentare quali, e quante possano essere state le influenze che portarono alla formazione delle tradizioni Daba (Moso) e Dongba (Naxi), nonché l'introduzione, l'utilizzo e la trasformazione della scrittura pittografica Dongba e sillabica Geba per i Naxi, ed dall'altro lato, all'assenza di una tradizione religiosa manoscritta Daba/Mosuo, sebbene negli ultimi anni sia stato dimostrato che questi ultimi utilizzino o abbiano utilizzato nel corso della storia un piccolo corpus di pittogrammi per l'esecuzione di riti divinatori.

La questione matriarcale e l'adozione dei modelli Han

Nessuna delle tre ipotesi storiche precedentemente accennate risulta davvero esauriente se presa singolarmente, perché prima di tutto non contemplano tutte le caratteristiche del popolo e della cultura Naxi e della tradizione Dongba, e poi perché non vi è l'apporto di una documentazione precisa su cui basare e da cui dedurre le proprie teorie, specialmente che illustrino quali siano stati i processi antropologici sociali e politici che hanno portato al giorno d'oggi alla struttura patriarcale presso i Naxi ed alla sopravvivenza, in alcuni centri Mosuo, di particolari modelli sociali in cui la donna si trova al centro dell'economia familiare e dove vi è libertà di coppia, dove si pratichi il modello matrimoniale detto "Walking Marriage".
Soffermandosi su quest'ultimo tema, sarebbe stato auspicabile almeno in uno dei tre modelli teorici, poter studiare un tentativo di ricostruzione storica soddisfacente inerente anche alla genesi Naxi/Mosuo, con la messa in luce dell'esistenza o meno di una documentazione su cui poter discutere dell'eventuale esistenza, anche partendo dal Neolitico, di evidenze archeologiche inerenti all'esistenza, alla sopravvivenza e alla trasmissione di un'organizzazione sociale matriarcale o matrilineare, e questa fase preliminare avrebbe poi dovuto riferirsi sia alla storia dei Mosuo per cercare di comprendere quali siano le fasi storiche che hanno portato quel popolo alla situazione dei Moso nostri contemporanei, sia per gli antichi Naxi, cercando di documentare e discutere di quali siano stati i processi storici e sociali che dovettero portare all'abbandono dei modelli sociali locali matriarcali verso l'adozione di dei modelli Han. In parole povere, sarebbe necessario documentare tramite tracce archeologiche o documenti storici, per lo meno per quanto riguarda lo Yunnan settentrionale, elementi che possano costituire incontrovertibili evidenze storiche dell'esistenza di nuclei sociali matriarcali antichi, da cui discutere e studiare la questione Naxi e la questione Moso come due "destini" diversi di una stessa tradizione.
Ad esempio, sapendo della pratica dei matrimoni incrociati e combinati fra tribù, si potrebbe individuare così quale sia stato "lo strumento" per la diffusione di questo o quel modello sociale matriarcale, o descrivere dove e come possa essere avvenuta una minor cinesizzazione dei gruppi umani.
Altro argomento fondamentale che potrebbe essere riletto sulla base di una documentazione storica precisa del matriarcato a Lijiang e nello Yunnan settentrionale consiste nella questione dell'impatto dell'adozione del modello sociale matrimoniale Han diffuso o imposto nella regione, fenomeno al quale viene legato il suicidio Yu vu e la rapida crescita di richiesta di sciamani Dongba per poter adempiere alle necessarie cerimonie per la purificazione ed il riscatto delle anime dei morti suicidi; per quanto si possa pensare verosimile questo collegamento, non vi è di nuovo nessun riferimento ad evidenza storica che documenti la previa esistenza presso i Naxi e nella regione di Lijiang di un preciso nucleo sociale matriarcale.
Eppure episodi di matriarcato nella Cina sin dall'epoca preistorica e dal Neolitico sono noti dalle fonti archeologiche, e consistono in una serie di tipologie sepolcrali che documentano l'esistenza di una classe sociale stratificata in cui le tombe delle donne erano le uniche sepolture dotate di corredo funebre, e le inumate assumevano posizione centrale nelle necropoli, e questo dato archeologico è indice del ruolo elitario delle donne nella società dell'epoca.
Fonti storico-archeologiche hanno messo in luce durante il Neolitico, prima della dinastia Xia e Shang, dal 5000 al 3000 a.C. circa, in alcune regioni della Cina, tracce di un modello sociale matriarcale, Mu Xi Shi Zu 母系氏族, così come le evidenze archeologiche relative alle culture sviluppatesi lungo il bacino dello 黃河 HuangHe, e più precisamente alle culture di 半坡BanPo, 仰韶文化 YangShao, 馬家窯文化 MaJiaYao, 河姆渡文化 HeMuDu.
Le cronache storiche Tang riportano in epoca storica l'esistenza di due Nu Guo, di cui Dong Nu Guo, il regno delle donne orientale, sito ai confini delle regioni di Yongning (Mosuo contemporanei) e Lijiang (Naxi contemporanei), e basato sul matriarcato, dunque sembra lecito ipotizzare l'esistenza ed il flusso di un modello matriarcale in questa regione, e diviene anche abbastanza spontaneo collegare il fenomeno Dong Nu Guo agli antichi Naxi ed ai Mosuo.
Anche se i Naxi oggi non presentano una società matriarcale, alcune testimonianze di un passato molto recente, come quelle di Joseph Rock e Peter Goullart, hanno documentato che presso i Naxi esistesse un modello sociale familiare basato sulla libertà di coppia e sull'eredità del nome di famiglia dalla linea materna e non paterna.
Dong Nu Guo, dal mio punto di vista interpretabile non come un regno preciso avente un popolo e dei confini precisi, ma come un modello sociale di congregazioni tribali matriarcali, allora potrebbe essere contemplato tra quegli apporti culturali che contribuirono alla genesi del popolo Naxi/Mosuo, anche se presso i Naxi, questo modello sociale oggi non è più presente a causa dei diversi sviluppi storici e culturali che modificarono radicalmente la loro società, a causa di un ingente processo di cinesizzazione.
L'apporto della cultura Han, l'adozione e la fusione nel corso della storia di alcuni elementi culturali, filosofici e religiosi, nonché l'imposizione forzata di regole sociali e politiche hanno interferito e modificato culturalmente, socialmente e linguisticamente gli abitanti della regione contribuendo al risultato vivente e differenziato dei Naxi e dei Mosuo odierni.

Apporti culturali e religiosi

Per quanto concerne la tradizione religiosa Dongba, essa viene fatta comunemente coincidere con l'insieme di rituali, credenze e tradizioni che oggi sono ancora viventi presso i centri ed i villaggi Naxi, e contemporaneamente il nome Dongba, usato nell'accezione di tradizione religiosa, sembrerebbe essere generalizzato ed universalizzato per indicare la tradizione religiosa della regione di Lijiang in toto, così come sembra comunemente accettato che la tradizione Dongba possa essere considerata come un "prodotto" o un'espressione della cultura Naxi.
Entrambe le accezioni attribuite al termine Dongba sembrano essere verosimili solo dopo la precisa definizione di alcuni fattori storici, culturali e cronologici, tra i quali:
  • uno studio adeguato del panorama e della storia delle occupazioni umane nella regione di Lijiang,
  • analisi dei processi storici, antropologici e culturali che hanno portato alla genesi dell'etnia Naxi,
  • la storia delle culture umane che potrebbero essere definite come matrice proto-Naxi agli antenati dell'etnia Naxi attuale,
  • lo studio comparato dell'etnia Naxi con il popolo Moso, analisi dedicata alla maggior comprensione dei fattori che hanno portato alla differenziazione dei due gruppi umani geograficamente adiacenti e dalle origini comuni, che condividono numerosi aspetti culturali
  • lo studio delle nomenclature reali e delle genealogie reperibili dai manoscritti Dongba, testi rituali dedicati alla narrazione apotropaica della genesi dell'universo e del proprio popolo, questo per la deduzione e la comprensione del variegato mosaico intertribale che dovette caratterizzare l'antica storia di Lijiang e di tutto lo Yunnan nord-occidentale
Così come la storia antica del popolo Naxi odierno, appare caratterizzata e descrivibile come un susseguirsi di apporti culturali ed umani multietnici eterogenei, stratificatisi ed omogeneizzatisi diversamente, in successione e gradualmente nel corso dei secoli della storia fino alla "produzione" di quello "che oggi è la minoranza etnica Naxi di Lijiang", la cui multiculturalità è fenomeno evidentissimo ed è stata una delle principali motivazioni per l'inserimento della città e della regione di Lijiang all'interno dell'elenco dei siti ritenuti dall'UNESCO come Patrimonio dell'umanità, una multicultura che traspare in ogni manifestazione ed espressione del popolo Naxi, come nell'architettura, nella musica, nella pittura, addirittura nella stessa lingua, così allora potrebbe essere considerata, se intesa come espressione religiosa propria del popolo Naxi, la tradizione Dongba: la stratificazione, rarefazione ed amalgamazione di più fattori, credenze religiose, oracolari, filosofiche e di arte religiosa.

Origine della tradizione religiosa Dongba

L'analisi dei rituali, dei principi basilari e delle credenze, delle divinità, semidivinità e demoni che caratterizzano la tradizione Dongba evince strettissimi legami con l'antica tradizione Bon prebuddista tibetana, che costituì una sorta di sfondo sul quale si fusero ulteriori elementi filosofico-religiosi. Le "inclusioni " furono di tre principali origini:
  • elementi delle tradizioni sciamaniche delle tribù e dei clan autoctoni della regione di Lijiang; i Naxi non sono considerati gruppo umano e cultura autoctona di Lijiang, dove emigrarono probabilmente nel I secolo a.C.;
  • elementi della tradizione Buddista tibetana
  • elementi delle tradizioni cinesi, confuciana e taoista
Come accennato precedentemente, la stratificazione ed amalgamazione dei vari contributi delle diverse tradizioni sciamanico-religiose hanno prodotto quanto oggi è conosciuto come tradizione Dongba, anche se tuttavia quanto oggi sopravvive di tale fomento sciamanico religioso è stato ampiamente filtrato ed alterato dagli eventi storici tardo-medioevali, moderni e contemporanei, così come è plausibile ipotizzare che la tradizione religiosa chiamata Dongba non fosse né l'unica tradizione sciamanica presente nella regione di Lijiang. I Dongba, infatti, non possono essere considerati gli unici sciamani e/o sacerdoti della regione, così come dimostrato dalla presenza di molteplici pittogrammi d'iconografia e pronuncia diversa all'interno del corpus manoscritto.

Dongba e Ssanii: preti, sciamani di Lijiang

Nella stessa lingua naxi, con il termine Dongba si intende il significato di "saggio", "colui che ha la conoscenza", ed in accezione puramente religiosa "prete", e questo per distinguere i Dongba da un'altra figura specializzata nei rituali religiosi detta Ssanii, parola il cui significato viene fatto coincidere con il concetto di sciamano, e che indica quelle persone capaci di comunicare con l'aldilà, investite di questa dote da Dio, che permette loro d'interagire con il mondo degli spiriti.
Il significato della parola Dongba sembra invece sottolineare la caratteristica di saggezza e di conoscenza acquisita dopo un lungo periodo di addestramento, che conferisce ai "preti" Naxi l'abilità e la padronanza dei manoscritti e dei complessi rituali della tradizione locale.
Questa convivenza di più figure interagenti nello stesso campo d'azione è un ulteriore esempio palese della già palese multi-culturalità dei Naxi e della regione di Lijiang.
La compresenza e coesistenza di più tradizioni religiose è visibile anche nell'arte sacra di Lijiang, più precisamente nell'iconografia ed iconologia "ibrida" dei Tanka Dongba, nella produzione di piccole tavolette lignee dipinte a scopo rituale, e nel ciclo di affreschi di Baisha, probabilmente da considerarsi il sommo capolavoro della pittura muraria sacra Naxi.