La famiglia
giapponese (家族
kazoku)
svolge un ruolo fondamentale per una perfetta integrazione nella
società giapponese. Essa è rigidamente basata sulla linea
di successione, ove discendenti e
figli sono collegati tra loro tramite un'idea di genealogia
della famiglia (系図
keizu),
il che non significa relazioni basate sulla mera successione di
sangue, ma piuttosto su un legame di relazione col fine incentrato
sul mantenimento e il perpetuarsi della famiglia stessa come
istituzione.
Dalla fine del periodo Tokugawa, quando
il nucleo familiare di base era costituito dallo ie (家
“gruppo familiare”),
fino alla seconda guerra mondiale, quando questo sistema fu
smantellato sotto l'egida delle Forze alleate, la struttura della
famiglia giapponese ha subito notevoli cambiamenti fino ad arrivare a
un concetto di famiglia fondata sulla parità dei diritti per le
donne, eredità condivisa tra tutti i figli e libera scelta di
carriera e matrimonio.
Il rapido progresso economico del
dopoguerra ha tuttavia portato all'interno della società giapponese
una serie di problemi sociali di varia natura, soprattutto nella
famiglia, quali ad esempio l'assenza di una figura paterna per i
figli, dovuta agli orari rigidi delle aziende giapponesi nei quali
lavorano i mariti e i padri di famiglia, e la pressione
all'autorealizzazione e al successo personale nei ragazzi, innescando
la diffusione di vari disturbi sociali che vedono i giovani
giapponesi non uscire più di casa, ricorrere ad antidepressivi o
suicidarsi.
Storia
Famiglia tradizionale
Per gran parte del XX secolo il modello
ideale di famiglia utilizzato in Giappone è quello dello ie,
caratterizzato da un sistema patrilineare e da una rigida gerarchia
strutturata in base all'età dei suoi membri. Le responsabilità
familiari hanno la precedenza sui desideri individuali, poiché la
famiglia, piuttosto che l'individuo, è considerata l'elemento
collante che garantisce la sopravvivenza all'interno del sistema
sociale.
La peculiarità di tale sistema
consiste nella caratteristica essenziale, per ritenersi membri di una
medesima famiglia, di abitare tutti all'interno della stessa casa e,
in caso di mancanza di eredi maschi, di far rientrare nel nucleo
familiare anche il genero, o qualsiasi estraneo che abbia anche solo
un minimo grado di parentela, al quale viene dato il cognome della
famiglia. Ciò può verificarsi anche nel caso in cui i figli maschi
non siano ritenuti degni di perpetuare il nome di famiglia. L'ideale
tradizionale del sistema ie designa infatti il figlio maggiore
come erede della famiglia, il quale diviene responsabile della cura e
del sostentamento degli anziani genitori, mentre i figli minori si
trasferiscono formando famiglie autonome, che tuttavia rimangono
affiliate e subordinate (in base al grado di interdipendenza
economica) a quella principale. Il compito principale delle figlie è
invece quello di trovare marito presso altre famiglie, col fine di
donare degli eredi alla propria casata.
Nella famiglia tradizionale, il
matrimonio viene visto come un importante collegamento tra le
famiglie ed è fonte di grande preoccupazione in quanto la
salvaguardia dell'identità dello ie ha priorità assoluta,
sicché il matrimonio combinato (見合い
miai) è
molto diffuso nel Giappone pre-bellico mentre i membri della giovane
coppia hanno poca o nessuna voce in capitolo nell'organizzazione.
Tali matrimoni sono gestiti da un mediatore specializzato che si
assume l'onere e la responsabilità di comunicare ai genitori
l'eventuale rifiuto o la conclusione positiva dell'accordo. Inoltre,
i genitori hanno anche il potere di richiamare i figli presso la
propria abitazione se non soddisfatti dell'esito del matrimonio. Il
ruolo della donna, una volta entrata nella nuova famiglia, è quello
di onorare, più di quanto non faccia con i genitori, i propri
suoceri, obbedire e servire il marito, mostrarsi accondiscendente e
premurosa. Questa totale sottomissione è la chiave di volta che
tiene in piedi l'intero sistema governativo del Giappone e viene
considerato l'unico modo per dare pace e stabilità al Paese, benché
sia noto il totale sacrificio delle donne a questo tipo di gerarchia.
Secondo dopoguerra
La struttura della famiglia giapponese
subisce importanti cambiamenti già dalla restaurazione Meiji del
1866, quando lo sviluppo economico e il capitalismo contribuiscono
alla caduta graduale del sistema dello ie, causando l'abbandono della
tradizione della famiglia patriarcale. La politica di
democratizzazione voluta dagli Alleati durante il periodo
d'occupazione contribuisce ad affinare questo processo: anzitutto
viene privato di potere legale il vecchio sistema familiare,
attraverso l'abolizione dell'eredità a disposizione del solo figlio
maggiore e passando a un'eredità condivisa con tutti i membri del
nucleo familiare, e nel frattempo anche la responsabilità del
mantenimento dei genitori smette di essere un'esclusiva del
primogenito passando a essere onere di tutti i figli. Anche il
matrimonio combinato viene abolito, restituendo al matrimonio il vero
significato di accordo reciproco tra le due persone coinvolte.
In secondo luogo, le famiglie diventano più piccole, il tasso di fertilità si abbassa, mentre la popolazione abbandona le aree rurali per concentrarsi nelle zone industrializzate delle grandi città, spostando il baricentro della forza lavoro dal settore agricolo e manifatturiero al settore dei servizi. Come in altri Paesi industrializzati, un numero sempre maggiore di giovani ha la possibilità di accedere all'istruzione terziaria e sempre più donne hanno accesso al mercato del lavoro; per contro, la certezza di trovare un lavoro viene meno, mentre i giovani cominciano a ritardare il matrimonio più possibile o a non sposarsi affatto.
In secondo luogo, le famiglie diventano più piccole, il tasso di fertilità si abbassa, mentre la popolazione abbandona le aree rurali per concentrarsi nelle zone industrializzate delle grandi città, spostando il baricentro della forza lavoro dal settore agricolo e manifatturiero al settore dei servizi. Come in altri Paesi industrializzati, un numero sempre maggiore di giovani ha la possibilità di accedere all'istruzione terziaria e sempre più donne hanno accesso al mercato del lavoro; per contro, la certezza di trovare un lavoro viene meno, mentre i giovani cominciano a ritardare il matrimonio più possibile o a non sposarsi affatto.
Grandi cambiamenti avvengono anche
nello stile delle abitazioni, le quali passano da essere pensate per
una famiglia composta da tre generazioni a uno stile ideato per delle
famiglie composte al massimo da quattro membri, ognuno dei quali ha a
disposizione la propria stanza, divise tra loro non più dai tipici
divisori scorrevoli (fusuma e shōji) ma da spesse mura
di pietra. Questa rivoluzione viene tuttavia frenata dal costo
elevato di tali abitazioni, corrispondente in certi casi a sette
volte il reddito medio di una famiglia giapponese dell'epoca.
Anni 1950 e 1960
Verso la fine degli anni cinquanta e
l'inizio degli anni sessanta inizia a diffondersi in Giappone una
particolare tipologia di famiglia composta da un marito lavoratore
dipendente impiegato nel settore terziario, solitamente presso
aziende fuori città, avente un reddito fisso e stakanovista (il
cosiddetto salaryman, サラリーマン
sararīman), dalla moglie, in genere casalinga (主婦
shufu)
e dai loro figli.
Il marito svolge il ruolo di
capofamiglia, nonostante manchi da casa la maggior parte del giorno
per sei giorni a settimana, lasciando la gestione della famiglia
nelle mani della moglie. In quanto assente per lunghi periodi da
casa, egli diventa quasi una figura estranea per i figli, i quali non
hanno possibilità di vederlo mentre lavora né tanto meno di passare
del tempo con lui nei periodi di pausa dal lavoro. Così i bambini
rimangono in gran parte privi di un modello maschile, e la presenza
del padre a casa finisce per creare confusione all'interno della vita
familiare, piuttosto che rappresentare una situazione naturale.
Mentre il marito si occupa del
sostentamento della famiglia, lavorando fino a tardi e mantenendo le
sue amicizie all'interno della sfera lavorativa, la moglie si occupa
dell'educazione e dell'istruzione dei figli. Grazie all'espansione
dell'economia giapponese, i ragazzi che riescono ad ottenere buoni
risultati in ambito scolastico hanno il futuro assicurato con
opportunità illimitate all'interno del mondo del lavoro. A causa di
ciò l'obbiettivo primario della madre giapponese diventa il successo
e la realizzazione dei figli: si diffonde così il fenomeno delle
kyōiku mama (教育ママ),
termine spregiativo per indicare le madri ossessionate dalla buona
riuscita del figlio in ambito scolastico e lavorativo, anche a costo
di renderlo infelice. Questa particolare attenzione è rivolta
soprattutto ai figli maschi, il cui futuro dipende esclusivamente
dall'entrata nell'università giusta, mentre le figlie femmine sono
incoraggiate a studiare soprattutto per trovare più facilmente
marito o un lavoro part-time, il quale dagli anni sessanta viene
adottato diffusamente in tutto il Giappone.
Sebbene la cosiddetta salaryman
family non sia la più diffusa in Giappone nei primi anni
sessanta, gli impiegati d'azienda risultano la categoria più ambita
dalle donne giapponesi, in quanto in grado di assicurare un futuro
benestante all'intera famiglia. Il poco tempo a disposizione della
coppia per stare insieme non viene ancora affrontato come un vero
problema. I suddetti cambiamenti nella struttura familiare, infine,
portano la donna giapponese a essere sempre più istruita,
incoraggiando gli stessi uomini a scegliere come mogli questa
tipologia di donna. Sul finire del decennio si registra anche un
aumento del numeri dei divorzi.
Anni 1970
Durante gli anni settanta la
generazione figlia della salaryman family cresce in modo
sostanzialmente differente dalla precedente, abituata a convivere con
l'assenza dei padri, con i genitori con ben poco in comune, oltre a
non avere la percezione delle difficoltà economiche in tempo di
guerra o nell'immediato dopoguerra, prendendo confidenza con la vita
familiare come rappresentata nei film americani e con il concetto di
"matrimonio per amore".
Tutto ciò, unito alle richieste di
eguaglianza da parte delle donne che sfociarono nell'istituzione di
un Movimento di liberazione delle donne, e alle proteste studentesche
di fine anni sessanta, dà adito alla nascita di una nuova tipologia
di famiglia conosciuta con il nome di new family. Quest'ultima
differisce dalla sua precedente concezione in tre concetti chiave: in
primo luogo, le relazioni tra le coppie sono sempre più associate
all'idea romantica dell'amore, con la vita matrimoniale basata sulle
relazioni sentimentali e non più su un mero accordo economico tra le
parti. In secondo luogo, i rapporti tra moglie e marito diventano più
equilibrati e democratici, con una maggiore partecipazione negli
affari familiari da parte del marito, il quale lo si può vedere
accompagnare le mogli al supermercato e passare del tempo con i figli
durante il fine settimana. Inoltre il termine new family viene
pubblicizzato in riviste (alcune delle quali sviluppate per
soddisfare il mercato), o usato come marchio associato a un
innovativo stile di vita.
La maggiore partecipazione delle donne
in attività extra-domestiche, lo sviluppo economico del Paese, il
lavoro degli uomini al di fuori della comunità residenziale, e il
numero crescente di donne più istruite, con lunghi periodi liberi da
obblighi familiari, contribuisce allo sviluppo di una varietà di
opportunità per le donne, che vanno dal lavoro part-time (il quale
cresce di tre punti percentuali passando dal 9% degli anni sessanta
al 12%) all'educazione dei figli alla partecipazione delle attività
della comunità, oltre a provvedere ai bisogni del marito.
Anni 1980 e 1990
Durante gli anni ottanta, il tasso di
natalità cala drasticamente, mentre l'età media del matrimonio
aumenta diventando una delle più alte tra i Paesi industrializzati.
Questi dati riflettono l'aumento del livello di istruzione di
entrambi i sessi e il modello praticamente universale delle donne che
lavorano fuori casa per diversi anni prima di sposarsi,
assottigliando il divario di preparazione scolastica e lavorativa tra
le donne e gli uomini. Nel 1986, il Giappone firma la Dichiarazione
delle Nazioni Unite sulle donne e, di conseguenza, adotta la legge
per le pari opportunità garantendo alle donne la possibilità di
accedere a qualunque tipo di lavoro. I ruoli manageriali rimangono
tuttavia a solo appannaggio degli uomini.
Una minoranza significativa delle donne
giapponesi concorda sul fatto che se una donna è in grado di
mantenersi, non è obbligata a contrarre matrimonio. Ciò è in
contrasto con la tradizionale convinzione che la felicità di una
donna dipenda dalla creazione di una famiglia. Tutto questo mina
l'autorità patriarcale. Eppure durante questo periodo la stragrande
maggioranza dei giapponesi si sposa, con la convinzione diffusa che
il matrimonio dovrebbe avvenire all'età giusta. Le donne
preferiscono avere figli prima dei 30 anni, sia per motivi di salute
sia perché in questo modo le problematiche economiche connesse alla
crescita dei bambini possono essere risolte prima che il marito vada
in pensione e il reddito familiare diminuisca.
Durante tutto questo periodo il
Giappone diventa sempre più consapevole del rapido invecchiamento
della sua società, costringendo il governo ad attuare drastiche
riforme quali invitare le donne ad avere più figli, ad occuparsi
della cura dei genitori anziani — anche se in questo periodo
iniziano a diffondersi specifiche case di riposo chiamate rōjin
hōmu (老人ホーム)
— e a coprire le esigenze di scarsità di manodopera. Difatti,
durante il periodo post-bellico, le donne non vengono impiegate come
forza lavoro a causa di una combinazione di fattori, tra cui
sufficiente manodopera maschile, l'efficienza economica di mantenere
un pool di manodopera a basso costo da utilizzare solo in caso di
necessità, le esigenze della famiglia e il livello di istruzione non
eccelso delle donne. Dagli anni ottanta, tuttavia, alcuni dei fattori
che hanno impedito alle donne una piena partecipazione alla forza
lavoro hanno cominciato a cambiare. Una maggiore istruzione delle
donne e esperienza in ambito lavorativo, la loro longevità, un minor
numero di figli da crescere, e l'alto costo delle abitazioni e
dell'istruzione dei bambini sono tra i motivi della crescente
partecipazione delle donne sposate alla forza lavoro.
Nel frattempo la diffusione della
tecnologia, in particolare del mercato degli apparecchi televisivi,
contribuisce ad allentare i legami familiari, rendendo i membri della
famiglia più indipendenti l'uno dall'altro. Ciò si rispecchia anche
nel palinsesto televisivo, da cui in pochi anni scompaiono i
programmi generalisti ideati per intrattenere tutta la famiglia,
sostituiti da programmi specifici in base alla fascia d'età, oltre
ai programmi pensati per un pubblico maturo in seconda serata. Ciò
comporta una maggiore autonomia anche negli adolescenti, i quali
oltre a passare il tempo nella propria camera quando sono a casa,
occupano il loro tempo a scuola, negli sport o in un lavoro
part-time, mentre lo sviluppo della ristorazione pubblica permette la
consumazione dei pasti al di fuori delle mura domestiche.
Famiglia moderna
Nel 2005 il tasso di mortalità supera
il tasso di natalità per la prima volta dal 1889, mentre il tasso di
fecondità delle donne giapponesi raggiunge il livello minimo di 1,26
neonati, confermando le stime che vogliono la popolazione giapponese
diminuita di un terzo entro il 2060. Solo nel 2006 si verifica un
incremento nelle nascite con 1,086 milioni di bambini nati nel Paese,
23.000 in più rispetto all'anno precedente, portando il tasso fino
all'1,29. Tuttavia gli esperti di demografia affermano che sia
necessario un tasso di 2,1 per evitare il decrescere della
popolazione.
Questo problema sociale è uno dei
maggiori problemi che caratterizza la moderna famiglia giapponese,
oltre una diminuzione costante del tasso di nuzialità. Dopo il picco
del 2002 (289.836) il numero di divorzi si stabilizza, e sebbene la
maggior parte di questi si verifichi intorno ai trent'anni, aumentano
sensibilmente i casi di divorzi tra persone molto più mature, che
vedono finire il loro matrimonio intorno al periodo di pensionamento
del coniuge maschile della coppia. Tra i vari fattori che
contribuiscono a questo fenomeno vi sono: il non preoccuparsi più di
tanto della reazione e dello stato emotivo dei figli, in quanto già
grandi e sistemati con la propria famiglia; il senso di compiacimento
della moglie che sente di avere ormai compiuto il proprio dovere,
allevando i figli e avendo accudito il marito per la maggior parte
della sua vita, spinta dal bisogno di cambiare stile di vita,
allaccia nuove amicizie indipendenti dal rapporto coniugale. Questo
fenomeno contrasta in modo indicativo la norma tradizionale che vuole
la moglie comportarsi da elemento collante che tiene assieme la
famiglia, sopportando anche eventuali differenze con il marito.
Un altro problema sorto durante gli
anni duemila è quello che riguarda il sistema di registro familiare
chiamato koseki (戸籍).
Tale sistema prevede che la coppia sposata condivida lo stesso lo
stesso cognome, con uno dei due coniugi (di solito la moglie) che
rinuncia al suo cognome per appropriarsi di quello del compagno. Un
numero sempre maggiore di donne in carriera è contrario alla
cancellazione del proprio nome di famiglia quando si sposa, e
decidendo di non registrare ufficialmente il matrimonio corre il
rischio che i figli siano riconosciuti come illegittimi; eventualità
che può portare a conseguenze spiacevoli dato che il koseki
viene utilizzato per l'iscrizione a scuola o nelle domande di
lavoro.
In caso di separazione, all'interno del registro familiare è inoltre necessario specificare per quale tipo di divorzio si sia optato. Pertanto se un giovane ha bisogno del koseki per iscriversi a una scuola, o per presentare una domanda di lavoro, tutti i soggetti coinvolti vengono a conoscenza di quando e come i suoi genitori abbiano divorziato. Lo scioglimento del matrimonio in seguito a rottura dei rapporti è visto come un aspetto che può sconvolgere la vita dei bambini, molto di più rispetto al divorzio consensuale, e quindi è percepito come un qualcosa da evitare. Questo atteggiamento ha impedito il diffondersi di questo tipo di divorzio e potrebbe essere legato al fenomeno dei divorzi tra coniugi maturi, che si verificano dopo l'utilizzo del koseki per i vari aspetti della vita dei figli, causando meno danni rispetto ai divorzi avvenuti durante la loro fase di crescita. La natura fortemente convenzionale del koseki, che in qualche modo incoraggia il mantenimento della struttura patrilineare già in auge nel Giappone pre-bellico, costringe inoltre le coppie di fatto a rimanere nell'ombra, e le famiglie composte da coppie dello stesso sesso non hanno protezioni legali paritarie rispetto a quelle eterosessuali. Al 2017 sei città o suddivisioni in Giappone (Shibuya, Setagaya, Iga, Takarazuka, Naha, Sapporo) riconoscono le unioni tra persone dello stesso sesso, garantendo loro alcuni dei benefici di un matrimonio.
In caso di separazione, all'interno del registro familiare è inoltre necessario specificare per quale tipo di divorzio si sia optato. Pertanto se un giovane ha bisogno del koseki per iscriversi a una scuola, o per presentare una domanda di lavoro, tutti i soggetti coinvolti vengono a conoscenza di quando e come i suoi genitori abbiano divorziato. Lo scioglimento del matrimonio in seguito a rottura dei rapporti è visto come un aspetto che può sconvolgere la vita dei bambini, molto di più rispetto al divorzio consensuale, e quindi è percepito come un qualcosa da evitare. Questo atteggiamento ha impedito il diffondersi di questo tipo di divorzio e potrebbe essere legato al fenomeno dei divorzi tra coniugi maturi, che si verificano dopo l'utilizzo del koseki per i vari aspetti della vita dei figli, causando meno danni rispetto ai divorzi avvenuti durante la loro fase di crescita. La natura fortemente convenzionale del koseki, che in qualche modo incoraggia il mantenimento della struttura patrilineare già in auge nel Giappone pre-bellico, costringe inoltre le coppie di fatto a rimanere nell'ombra, e le famiglie composte da coppie dello stesso sesso non hanno protezioni legali paritarie rispetto a quelle eterosessuali. Al 2017 sei città o suddivisioni in Giappone (Shibuya, Setagaya, Iga, Takarazuka, Naha, Sapporo) riconoscono le unioni tra persone dello stesso sesso, garantendo loro alcuni dei benefici di un matrimonio.
La maggior parte delle famiglie
giapponesi moderne sono famiglie nucleari, simili a quelle presenti
negli Stati Uniti e in Nord America. Sono composte al massimo da
quattro-cinque membri: due coniugi, due figli e in alcuni casi da un
nonno. Nonostante l'aspetto sia molto simile alle famiglie
occidentali, il percorso storico, sociologico e culturale che ha
portato il Giappone ad adottare questo sistema familiare è molto
diverso.
Ruoli nella famiglia contemporanea
All'interno della famiglia giapponese
contemporanea, i ruoli di madre, padre, figli e nonno sono per certi
versi simili a quelli della famiglia americana contemporanea. Il
padre passa solitamente molte ore fuori casa, con alcune eccezioni
rappresentate da padri impegnati in imprese a conduzione familiare
nella quale la famiglia vive e lavora sotto lo stesso tetto. In
questo caso, non vi è una netta separazione della figura del padre
dal resto della famiglia, separazione che rappresenta una dinamica
peculiare nella vita familiare giapponese.
Il fatto che i padri giapponesi passino
così tanto tempo al lavoro significa che essi spesso abbiano poco
tempo o energia da trascorrere con i loro figli, e quindi non solo la
responsabilità di crescere i figli ricade sulle madri, ma i padri
finiscono per venire rimossi dalle vite dei bambini.
È normale che la madre si assuma la
piena responsabilità dell'educazione dei figli, supervisionando la
loro educazione, oltre a gestire anche le finanze della famiglia.
Questo pone pesanti pressioni sia sulle donne giapponesi, sia sul
rapporto tra la madre e i figli.
La terza età in Giappone infine
rappresenta idealmente il momento della vita in cui è possibile
venire meno agli obblighi sociali, continuare a fare parte
dell'azienda di famiglia pur lasciando la responsabilità principale
ai figli, socializzare, ricevere attenzioni dai propri cari e
attestati di stima dalla comunità.
Onorifici utilizzati all'interno del nucleo familiare
Nella lingua giapponese vi è l'usanza
di utilizzare dei suffissi onorifici posti dopo il nome di una
persona per stabilire il grado di confidenza o rispetto che si ha nei
confronti della stessa. Anche all'interno del nucleo familiare questi
vengono utilizzati, soprattutto nella forma più comune (-san),
anche se sono diffusi i suffissi -chan (soprattutto tra
fratelli e sorelle) o il -sama. Da notare inoltre che per
riferirsi ai propri familiari mentre si parla con altri, sono usati
altri termini, come ad esempio haha (母
nomignolo per "mamma").
Fenomeni sociali derivati
L'eccessiva interdipendenza tra madre e
figlio può essere causa di problemi di sviluppo psicologico nei
bambini, mentre una spropositata pressione all'autorelizzazione e al
successo personale sui ragazzi può avere effetti contrari se questi
ultimi non riescono a esorcizzarla o non riescono a conformarsi con
il resto della società giapponese, nella quale è indispensabile
seguire un preciso e lineare percorso di vita, soddisfacendo le
aspettative pre-imposte dalla società, ove discostarsi da queste
significa fallire totalmente. Per cui, non è raro che alcuni ragazzi
non riescano a sopportare questa pressione, a cui si unisce la
mancanza di una figura maschile e dei periodi passati in solitudine a
causa del lavoro dei genitori, finendo per chiudersi in se stessi,
non uscendo più di casa per mesi o per anni, a ricorrere a medicine
o, in casi estremi, al suicidio.
Anche i padri, che passano numerose ore
sul posto di lavoro, finiscono per soffrire di stress da “troppo
lavoro”. Il fenomeno, segnalato per la prima volta alla fine degli
anni sessanta, è causa di numerosi suicidi ogni anno in Giappone,
oltre a morti naturali come attacchi cardiaci.