Iniziando dal presupposto che il seppuku è un rituale (l'harakiri è il taglio in cui culmina questo rituale), e non un fenomeno, il primo caso registrato è quello di Minamoto no Yorimasa (1106 - 1180), poeta e guerriero giapponese che comandò l'esercito dei Minamoto all'inizio della guerra di Genpei (1180 - 1185). Dopo la sconfitta di Uji, Yorimasa compì il suicidio rituale a Byōdō-in, per non cadere in mano al nemico e per non dover sopportare il disonore della sconfitta.
Minamoto no Yorimasa in un dipinto del XIII secolo.
In realtà, ma le fonti non sono concordi, sembra che Minamoto no Tametomo (1139 - 1170) abbia compiutò il seppuku ben dieci anni prima di Yorimasa, dopo la sconfitta di Shirakawa-den (1156), il taglio dei tendini del braccio sinistro (Tametomo era un abile arciere, e questo lo rese incapace di combattere) e l'esilio nelle isole Izu. In questo caso il suicidio era da imputarsi al disonore della sconfitta e della disabilità.
Minamoto no Tametomo in armatura e con il suo arco.
All'inizio (XII e XIII secolo), il seppuku non era un rituale codificato, e veniva eseguito pugnalandosi all'addome con il tantō (coltello) e, solo in casi rari, con il tachi (spada lunga) ovviamente non adatta a questo compito; dopodiché si eseguiva un taglio orizzontale da sinistra verso destra, si estraeva il coltello e ci si pugnalava alla gola o al cuore.
Un tantō pronto per il rituale del seppuku. Il panno serve per non tagliarsi la mano e perdere la presa.
Successivamente (XIV sexolo) fu introdotta la figura del kaishakunin, incaricato di recidere la colonna vertebrale del bushi in modo da ucciderlo istantaneamente limitando il dolore. Il taglio (kaishaku) veniva eseguito in stile dakukubi (testa abbracciata) e cioè veniva lasciato un lembo ti carne in modo che la testa ricadesse in avanti, come fosse abbracciata. Quello del kaishakunin non era un compito ambito, infatti, se eseguito bene, non portava nessun onore, mentre se veniva eseguita male portava disonore per tutta la vita. Per questo motivo il kaishakunin era un abile spadaccino, scelto tra gli amici del bushi, o tra gli avversari che riconoscevano il suo valore, e volevano prendersi questa responsabilità come forma di ultimo saluto.
Il kaishakunin è in piedi, con la spada alzata, pronto a tagliare.
Solo nel XVII secolo il seppuku, che generalmente si svolgeva in giardini o templi buddhisti, assunse la sua forma definitiva: il bushi veniva lavato, vestito di bianco e gli venivano serviti i suoi cibi preferiti. Una volta finito il pasto, un servitore avrebbe dato al bushi un sanbo (tavolino di legno non laccato) contenente una tazza di sake, un fascio di washi (carta giapponese realizzata in corteccia di gelso), pennello e inchiostro per la scrittura e un tantō avvolto da numerosi strati di carta o da un panno. Se il bushi è troppo giovane o troppo anziano, o è considerato pericoloso dargli un arma, il tantō sarà sostituito da un ventaglio. Appena il bushi lo prenderà in mano, verrà decapitato.
Persa una battaglia nel 1582, il generale Akashi Gidayu sta per compiere seppuku dopo aver scritto il poema di morte. Dipinto del 1890.
La tazza di sake viene riempita dal lato sinistro, da un servitore che usa la mano sinistra, cosa che in altre circostanze sarebbe considerata irrispettosa, dopodiché il bushi la svuoterà in due bevute, di due sorsi ciascuna. Un sorso, infatti, è segno di avidità, tre o più di esitazione. In tutto i sorsi saranno quattro, che in giapponese si legge "shi" e ha la stessa pronuncia di "morte". Il bushi scriverà quindi una poesia di morte, in stile tanka (5 righe di 5–7–5–7–7 morae). La poesia dovrebbe essere aggraziata e naturale e dovrebbe parlare della transitorietà, senza menzionare la morte del poeta.
Questo guerriero sta per commettere seppuku dopo aver scritto la poesia di morte.
A questo punto il bushi si toglierà il suo indumento esterno (kamishimo) e infilerà le maniche sotto le ginocchia, per evitare di accasciarsi di lato (comportamento considerato poco dignitoso). Quindi egli prenderà il tantō con la destra e con l'altra mano posizionerà il sanbo sotto le proprie natiche, per inclinarsi leggermente in avanti e assicurarsi di cadere prono, posizione più onorevole per morire. Il kaishakunin sarà posizionato alla sinistra del bushi, seduto o in piedi. Se è seduto, si alzerà lentamente mentre estrae la spada, se è in piedi, la estrae lentamente e silenziosamente, quindi si ritroverà a tenere la spada con la sola mano destra, in verticale davanti a sé o in orizzontale sopra la testa, aspettando l'harakiri, il taglio del ventre.
Quando sarà pronto spiritualmente, il bushi infilerà il tantō nella parte sinistra del ventre e taglierà verso destra, con un taglio secco verso l'alto alla fine. Egli estrarrà il tantō e lo poserà davanti a sé, oppure, se si sente capace, può infilare il tantō nell'inguine, tagliando verso l'alto e quindi verso destra, appena sotto le costole. Quest'ultimo taglio è detto jūmonji giri (taglio a croce) e generalmente non prevede l'uso del kaishakunin. Una volta che il bushi avrà estratto il tantō e l'avrà posato davanti a sé, il kaishakunin eseguirà un taglio verso il basso con la sola mano destra, afferrando il manico con entrambe le mani solo quando la lama sta per colpire e tirando la spada fuori dal collo appena prima di recidere completamente la testa. Se il kaishakunin è scelto per amicizia e commette degli errori, gli verranno perdonati, visto che l'emozione potrebbe intaccare la tecnica.
Quando il corpo del bushi sarà caduto a terra, il kaishakunin scrollerà la spada dal sangue e la rinfodererà lentamente, dopodiché si siederà e si prostrerà in direzione del cadavere in segno di rispetto, poi si alzerà e lo saluterà con un profondo inchino (rei). Dopodiché le lame di tantō e spada e il sanbo verranno gettati perché contaminati dalla morte.
Il bushi vestito di bianco ha appena eseguito l'harakiri e il kaishakunin è pronto a colpire.
I motivi per commettere seppuku sono vari:
Junshi, eseguito dopo la morte del proprio signore in battaglia o per omicidio;
Funshi, eseguito per esprimere la propria indignazione;
Kanshi, eseguito per ammonire o rimproverare il proprio padrone per le sue decisioni o il suo comportamento;
Seppuku in battaglia, eseguito per evitare la cattura e il disonore della sconfitta;
Seppuku d'onore, eseguito quando il proprio onore veniva infangato o messo in dubbio; il ventre, infatti era considerato la sede dell'anima, e squarciarlo di fronte a dei testimoni era come mostrare la purezza del proprio spirito, e quindi salvare l'onore;
Dimostrazione di fedeltà, eseguito su ordine del daimyō per dimostrare la propria fedeltà, quando questa viene messa in dubbio;
Pena di morte, eseguito come pena capitale che non portava disonore, al contrario della decapitazione.
In battaglia, spesso non c'era tempo per l'intero rituale, così si adottarono altri espedienti, quali tagliarsi la gola, gettarsi da un cavallo in corsa con una spada in bocca, o gettarsi da mura torri o scogliere. Nel 1516, Miura Yoshimoto si decapitò da solo.
In breve:
Il seppuku era una forma di suicidio rituale, che nasce per evitare di cadere in mano al nemico e cancellare il disonore della sconfitta.
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