lunedì 9 febbraio 2015

Come Mettere Qualcuno al Tappeto







Al giorno d'oggi è sempre una buona idea conoscere alcune tecniche di auto-difesa. Con la maggior parte delle mosse più facili potrai sbarazzarti momentaneamente dell'aggressore per scappare, ma ne esistono delle altre che ti permettono di stenderlo al tappeto, se eseguite in modo corretto. Continua a leggere per imparare a eseguire alcune di queste differenti mosse.


Testata

Afferra l'assalitore per la maglietta. Utilizza entrambe le mani per afferrarlo al centro del petto, appena sotto il colletto o la scollatura della maglia.
  • Il modo più efficace per dare una testata a qualcuno è di spingere l'assalitore all'indietro e poi avvicinarlo di nuovo per colpirlo.
  • Evita di afferrare l'assalitore dietro il collo. L'istinto naturale è quello di afferrarlo dietro il collo e avvicinare la sua testa per colpirlo, ma il problema è che il collo e i muscoli delle spalle saranno naturalmente tesi al momento dell'attacco e sarà molto più difficile avvicinare la sua testa.



Spingi l'assalitore. Usa tutto il peso del corpo per spingere la parte superiore del suo corpo all'indietro.
  • Questo movimento farà sì che il malintenzionato perda l'equilibrio.
  • Dal momento che questo movimento risulterà inaspettato avrai anche l'elemento sorpresa dalla tua parte.


Tira l'assalitore verso di te. Non appena avrà perso l'equilibrio utilizza la forza delle braccia per tirare l'assalitore verso la tua testa.
  • Poiché avrà perso l'equilibrio gli verrà naturale allargare le braccia e in questo modo non potrà usarle per respingerti.


Colpiscilo con la parte alta della tua testa. Non appena inizi a tirare l'assalitore verso di te inizia anche ad abbassare la testa in modo che sia allineata con il suo naso.
  • Colpisci con la parte superiore della testa. Non usare la fronte.
  • Il naso è un punto sensibile e colpendolo con forza riuscirai a mettere l'altra persona al tappeto.






Montante

Posizionati davanti all'aggressore. Assicurati di essere di fronte all'assalitore in modo che il centro del tuo corpo sia allineato al centro del suo.
  • Quando dai un pugno montante, sarà necessario portare il braccio lungo questa linea centrale fino a raggiungere il mento dell'aggressore.


Attira il suo sguardo con la mano non dominante. Usa la mano non dominante per colpirlo una prima volta. Tieni la mano vicino al livello degli occhi in modo che attiri l'attenzione.
  • Con questa mano libera potrai difenderti dagli attacchi e spostare la sua attenzione dalla mano dominante.


Colpisci rapidamente con la mano aperta il mento dell'aggressore. Il colpo deve partire dal basso e arrivare fino a sotto il mento. Colpisci con il palmo della mano rivolto verso il viso dell'aggressore.
  • Non chiudere la mano a pugno.
  • Dovresti usare la parte dura del palmo della mano, essa si trova proprio sopra il polso.


Colpiscilo sotto il mento facendo ricadere la sua testa all'indietro e mettendolo al tappeto.
  • Colpendo l'assalitore in questo punto spingerai la sua testa all'indietro e con questo movimento la testa andrà a toccare i nervi spinali, facendogli perdere i sensi.
  • Il palmo della tua mano ti dà una maggiore superficie di attacco quando ti difendi a mani nude. Proteggerai anche le dita, evitando danni all'unica "arma" che hai a disposizione nel combattimento.








Colpire il Naso

Valuta il modo migliore per attaccare a seconda della posizione. Puoi colpire il naso dell'aggressore sia se è di fronte a te o alle tue spalle, ma il movimento varierà a seconda della posizione di partenza.
  • Se il tuo aggressore è di fronte a te dovrai muoverti in avanti.
  • Se il tuo aggressore è dietro di te dovrai attaccarlo non appena si gira.


Colpisci con la parte anteriore del palmo della mano. Quando sei in piedi faccia a faccia con l'aggressore, apri la tua mano e colpisci dritto in avanti, arrivando alla base del naso e spingendolo all'indietro.
  • Spingi il peso del corpo in avanti per colpire con più forza.
  • Colpendo l'assalitore in questo punto spingerai la sua testa all'indietro e con questo movimento la testa andrà a toccare i nervi spinali, facendogli perdere i sensi.


Colpisci con il gomito se l'aggressore è dietro di te. Piega e solleva il braccio in modo che il gomito sia puntato verso il suo volto. Ruota il busto finché non riesci a colpirlo con il gomito sul lato del naso.
  • Il centro e i lati del naso sono un punto debole del corpo. Se colpisci abbastanza forte potrai rompergli il naso e farlo svenire.




Colpire il collo

Posizionati lateralmente rispetto al corpo dell'aggressore. Questa tecnica funziona particolarmente bene quando vieni aggredito di lato, ma se l'assalitore arriva da un altro punto sarà necessario girarsi finché la tua spalla sarà allineata con il centro del suo corpo.
  • Nota che è possibile utilizzare entrambi i lati del tuo corpo per questo attacco, ma userai più forza se ti posizionerai con il lato dominante verso l'aggressore.


Fai un passo in avanti e sposta il peso del corpo. Non appena l'aggressore si avvicina fai un passo avanti con il piede più vicino a lui, spostando il peso del corpo in avanti su quel piede.
  • È necessario fare un passo in avanti verso l'assalitore, non allontanarsi da lui.
  • Questa mossa funziona solo se l'attaccante è in fase offensiva e si sta avvicinando poiché si utilizza la forza del suo movimento in avanti per infliggere più danni.


Punta il tuo gomito verso il suo pomo d'Adamo. Alza il gomito mentre ti avvicini al tuo avversario, colpendo il pomo d'Adamo su uno dei due lati.
  • Se colpisci il pomo d'Adamo lateralmente da un angolo di 45 gradi, dovresti essere in grado di causare lo svenimento dell'aggressore.
  • Anche se non colpisci con successo il punto debole, la forza dall'impatto del gomito dovrebbe essere sufficiente per far cadere l'aggressore.






Ginocchiata sulla Fronte

Assumi la posizione di difesa. Dovrai posizionare i piedi in modo che coincidano con la larghezza delle tue spalle e avere le ginocchia leggermente piegate. Il piede non dominante dovrebbe essere leggermente più indietro rispetto al piede dominante, e le mani dovrebbe essere attive e pronte all'attacco.
  • Con questa posizione allineerai il tuo centro di gravità con il pavimento, riuscendo in tal modo a mantenere un equilibrio perfetto.
  • Nota che si può colpire con una ginocchiata anche partendo da un'altra posizione, ma avrai una maggiore probabilità di mandare ko l'assalitore se parti dalla posizione di difesa.


Analizza la tua posizione in relazione all'aggressore. Dovrebbe essere leggermente accovacciato o piegato in avanti e non più lontano di un metro.
  • È possibile far abbassare l'aggressore con una ginocchiata all'inguine o un calcio forte alla tibia.
  • Questa mossa generalmente funziona meglio se l'aggressore è già piegato e con la guardia abbassata. Funziona meno bene se è già rivolto verso di te e sta cercando di alzarsi.


Spingi le spalle dell'aggressore verso il basso con il palmo della mano.
  • Usa tutto il peso del corpo per spingere con più forza.
  • Tieni le gambe nella stessa posizione per mantenere l'equilibrio mentre ti prepari a colpire.


Alza il ginocchio non appena l'aggressore si sarà piegato in avanti. Mentre spingi le sue spalle verso il basso, alza il ginocchio dominante in modo da colpirlo sul naso o sul mento.
  • Colpisci velocemente. Quando spingerai l'aggressore verso il basso la sua prima reazione sarà di cercare di rialzarsi.
  • Punta al naso o al mento per infliggere più danni e provocare uno svenimento.




Consigli

Devi reagire velocemente. I muscoli delle braccia danno forza ai colpi, ma la velocità è particolarmente importante se hai sei fronte a un aggressore molto più forte di te.




Avvertenze

Non usare queste mosse senza avere una buona ragione per farlo. La perdita di sensi può causare la morte di alcune cellule cerebrali, anche se le mosse sono eseguite in un contesto "sicuro" come la boxe. Dovresti ricorrere a queste tecniche solo per autodifesa. Se desideri fare pratica, usa un manichino o affidati a un istruttore di autodifesa professionista.




























































domenica 8 febbraio 2015

Come Boxare



Di tutti gli sport, la boxe è probabilmente quello che richiede lo sforzo fisico più intenso. Richiede un mix di potenza e velocità, abbinata a una resistenza eccellente. I pugili professionisti migliorano costantemente la loro tecnica mentre cercano di scalare le classifiche e incontrare avversari più quotati. Se vuoi diventare un pugile, segui queste linee guida.




Impegnati a sostenere un regime di addestramento rigoroso e completo. Alcuni esperti di pugilato sostengono che i principianti dovrebbero allenarsi per 3-6 mesi prima di entrare nel ring. Questo consente ai novizi di raggiungere il massimo della forma e di perfezionare le tecniche di base prima di incassare il primo colpo. La maggior parte dei programmi di preparazione fisica per i pugili possono essere divisi in tre categorie: cardiovascolare, esercizi di base ed esercizi con i pesi.
  • Esercizi cardiovascolari: i combattenti affaticati hanno la tendenza ad abbassare le mani e non proteggere la testa. Non riescono neppure a imprimere la giusta forza ai pugni nelle riprese finali di un incontro. Ecco perché i migliori pugili professionisti corrono per centinaia di chilometri. I pugili non hanno bisogno di spiccate capacità di resistenza, ma devono essere in grado di scatenare moltissima forza nei momenti decisivi di un incontro. Per ottenere questi requisiti fisici, i pugili variano i loro allenamenti. Ad esempio, inserendo nelle loro corse di resistenza dei brevi scatti alla massima velocità. Questo serve a stimolare lo sforzo compiuto in un combattimento.


Esercizi di base: i pugili generano la loro potenza dalla parte centrale del corpo. Compiendo esercizi che coinvolgono molti gruppi di muscoli, un pugile può costruire un tronco solido e potente che farà lavorare all'unisono tutte le parti del corpo. Tra gli esercizi più efficaci ricordiamo trazioni alla sbarra, addominali, squat e affondi. Esegui tre serie di ognuno di questi esercizi, con pause di un minuto tra gli esercizi. Dovresti eseguire le trazioni alla sbarra finché non riesci più a eseguirne. Fai 20 ripetizioni degli altri esercizi.


Allenamento con i pesi: il sollevamento pesi aiuta i pugili principianti ad acquisire forza e potenza nei pugni. Sono particolarmente importanti il petto, le spalle e le braccia. Gli esercizi per la parte alta del petto comprendono le distensioni su panca e i fly con i manubri. Puoi allenare i muscoli delle spalle con dei military press con i manubri e sollevamenti laterali. I curl con i bicipiti e le estensioni con i tricipiti possono aiutarti a rinforzare i muscoli della parte alta delle braccia e a imprimere più forza ai tuoi pugni. Tutti gli esercizi con i pesi che svolgono i pugili sono volti a creare forza esplosiva. Questo significa fare 6-8 ripetizioni di ogni esercizio con il massimo peso che riesci a sostenere. Esegui tre serie di ogni esercizio e varia gli esercizi in modo che i tuoi muscoli continuino a progredire. Alterna quotidianamente tra l'allenamento di base e quello con i pesi.


Impara i fondamentali della boxe.
  • Posizione: una posizione stabile e comoda ti consentirà di sferrare pugni potenti ed evitare rapidamente i colpi del tuo avversario. Se sei un pugile destro, dovrai tenere il piede sinistro di fronte a te, a un angolo di 45° dal tuo avversario. Il tuo tallone sinistro dovrebbe essere allineato con l'alluce destro. La maggior parte del tuo peso dovrebbe essere sostenuto dal tuo piede posteriore. Tieni i gomiti verso l'interno e le tue mani sollevate, la sinistra sotto la guancia e la destra sotto il mento. Tieni sempre il mento verso il basso.


Gioco di gambe: rimani sulle punte e muoviti sempre. Non offrire mai un bersaglio fermo. Se stai affrontando un avversario destro, muoviti alla tua destra. Se stai affrontando un mancino, muoviti verso sinistra. Questo servirà ad aumentare la distanza tra te e la mano dominante del tuo avversario. Non incrociare mai il passo. Potresti trovarti in una posizione sbilanciata e con la difesa scoperta.


Esercitati nei pugni. I pugili di successo si esercitano nelle tecniche di pugilato molto prima di entrare nel ring. Quando si allenano con il sacco o con l'istruttore, i pugili principianti devono concentrarsi su sferrare i colpi con la tecnica corretta. Quando padroneggiano i diversi tipi di pugno, i pugili passano allo studio delle combinazioni, durante le quali scaricano una devastante raffica di colpi sul loro avversario. Alcuni dei pugni più efficaci della boxe sono:
  • Jab: portato solitamente con la mano frontale e debole, il jab riesce a tenere i tuoi avversari distanti da te. Il jab è un pugno corto. Per massimizzare l'effetto di un jab, i pugili professionisti ruotano il loro braccio e il polso prima di incontrare il loro avversario.


Diretto: diversamente dal jab, che è tirato direttamente di fronte al corpo, questo pugno è portato dalla mano dominante con un leggero movimento verso l'alto e "attraversando" il corpo. La spalla aiuta a dare forza a questo colpo.


Gancio: il gancio può essere portato alla testa o al corpo dell'avversario, per colpire il punto in cui la sua difesa è sguarnita. E' spesso usato in combinazione agli altri pugni. Il movimento ampio che richiede è il suo difetto principale, perché potresti esporti a un contrattacco.


Montante: è un colpo verso l'alto, portato da una delle braccia, molto efficace a distanza ravvicinata.


Combinazioni: quando avrai padroneggiato le tecniche per portare i colpi, puoi lavorare sulle combinazioni. La prima combinazione che imparano i pugili è il classico 1-2, un jab seguito da un diretto. Un'altra combinazione efficace prevede l'aggiunta di un gancio all'1-2. (Se sei destro, dovrai portare un jab sinistro seguito da un diretto destro e un gancio sinistro.)


Impara a incassare e bloccare i colpi. Un bravo pugile non sa solo portare i colpi, si allena duramente anche per evitare i colpi dell'avversario. Alcune delle tecniche di difesa tradizionali includono:
  • Parata: dopo aver imparato a tenere su i guantoni e il mento verso il basso, la parata è la tecnica difensiva più semplice della boxe. Per parare, usa le tue mani per deviare i pugni degli avversari quando arrivano.


Schivata: la schivata è eseguita ruotando velocemente le anche e le spalle mentre il tuo avversario cerca di colpire la tua testa.


Blocco: quando blocchi un colpo, non fai un movimento per evitare il contatto. Dovrai assorbire l'impatto con il guantone e non con il tuo corpo.


Abbassamento e scarto laterale: l'abbassamento è eseguito piegando le gambe per evitare un colpo alto, come un gancio alla testa. Spesso segue a questo movimento uno scarto laterale. Devi eseguire questa mossa arcuando il corpo appena fuori dalla portata del tuo avversario.


Rolling: questa è una tecnica che veniva usata spesso dal campione dei pesi massimi Muhammad Ali. Premi i guanti contro la fronte, tieni i gomiti contro il corpo, e tieni il mento sul petto. In questo modo avrai poca copertura contro i colpi al lato del corpo, ma è una difesa molto efficace contro un assalto frontale, perché assorbirai la maggior parte dell'impatto con i guantoni e gli avambracci.






Consigli

  • Combatti con lottatori esperti. Probabilmente ti farai male, ma esercitarti contro un pugile superiore a te ti aiuterà a migliorare.
  • Rimani al centro del ring. Non lasciarti intrappolare nell'angolo o contro le corde.
  • Fasciati le mani ogni volta che ti alleni sul ring. Per fasciarti le mani, avvolgi il pollice con una fascia e poi passa tre volte intorno al polso. Poi passa la fascia tre volte attorno alla mano. Riporta la fascia sotto il pollice. Disegna delle X negli spazi tra le dita. Inizia da mignolo e anulare. Tira la fascia negli spazi, poi ruotala sotto la mano e ripeti il processo per gli altri spazi. Quando hai completato questa fase, avvolgi la benda intorno al pollice una volta e poi attorno al dorso della mano. Ripassa sul pollice una volta e poi passa la benda sul palmo. Da qui, avvolgi le nocche tre volte e termina avvolgendo una volta il polso.






Cose che ti Serviranno

  • Guantoni
  • Pantaloncini
  • Casco
  • Paradenti
  • Sacco
  • Bende per le mani
  • Stivali da boxe


sabato 7 febbraio 2015

Come Difenderti da un Attacco



La differenza tra scappare via e convertirti nel titolo di testa del quotidiano di domani dipende dalla tua effettiva preparazione per proteggere te stesso in una brutta situazione. Tenendo queste informazioni a mente, saprai cosa può essere fatto prima e durante un attacco.
Esistono diversi tipi di confronti:
  • Il “dare sui nervi”, ovvero il confronto prima che esso sfoci in un litigio.
  • Il “duello”, un incontro organizzato per risolvere una disputa tra le parti in conflitto, o l'imboscata.
  • La rissa, che di solito inizia solo dopo che il confronto verbale si è estinto e qualcuno tira un pugno.
  • Un'imboscata è solitamente premeditata e l'aggressore (possono anche essercene vari) attaccherà quando sentirà che è il momento giusto, generalmente dopo aver distratto la vittima con una domanda come “Sai che ore sono?”.


Pensa alle situazioni potenziali in cui potresti aver bisogno di difenderti. Gli attacchi non sono mai esattamente uguali, dunque pensa a cosa fare in ogni caso considerandoli da diversi lati o in differenti situazioni (numeri maggiori di persone, da solo, di sera o di giorno, l'aggressore è armato o non è armato, dimensioni del perpetratore, intenzioni dell'aggressore). Pensandoci su in anticipo, avrai meno probabilità di rimanerne scioccato o di farti prendere dal panico qualora accadesse davvero.


Segui un corso di autodifesa. Essere effettivamente capace di gestire queste situazioni potenziali e consultare un esperto ti aiuterà immensamente. Prova a praticare una delle distinte arti marziali.


Se ti ritrovi in una situazione scomoda, prova ad andartene. In una situazione sociale scomoda, ciò può avvenire in maniera molto semplice, ovvero puoi mostrarti assertivo (“Allontanati!”). Porta tutti i cammini verbali o direzionali verso il non-confronto; il vero confronto fisico dovrebbe essere la tua ultima linea di difesa, anche se talvolta potrebbe essere l'unica alternativa.


Prova a stare in piedi allargando i piedi, in verticale o in orizzontale, in modo che essi si trovino in una posizione diagonale (una posizione di lotta tipica delle arti marziali). Ciò farà diminuire la tua probabilità di essere steso o spinto.


Fai una valutazione del tuo potenziale aggressore: alto/basso, robusto/magro, uomo/donna. Guarda le sue mani. Se dovesse avere intenzione di attaccarti con le mani, esse dovrebbero essere in vista. Tuttavia, se sta nascondendo un'arma, le manterrà nascoste o lungo i fianchi.


La migliore tattica in qualsiasi confronto è FUGGIRE, a meno che non sospetti che l'opponente abbia un'arma a lunga gittata.


Un segnale semplice per giudicare se un confronto ha superato il confine dello scambio verbale si ha quando l'avversario comincia a invadere il tuo spazio personale. Per marcarlo, crea una barriera. Non devi fare altro se non mettere le mani davanti a te assumendo un gesto conciliatore/pacifico (con i palmi verso l'esterno). Se l'aggressore prova a oltrepassare la tua barriera, stai entrando nel territorio del confronto fisico, per quale altra ragione questa persona si avvicinerebbe tanto? Il consiglio generale (ma non di certo è gradevole), a questo punto, è mettere fine al litigio il più rapidamente possibile, colpendo per primo e in maniera dura, colpendo tutte le volte che puoi e fuggendo. Ciò va contro lo spesso citato “bushido” o il codice dei guerrieri e il nostro buon senso innato e civile, ma non molti aggressori hanno a cuore questi aspetti.


Se l'aggressore cerca di darti un pugno o di afferrarti mentre sei in posizione frontale, avvicina le mani strette in pugno alla fronte creando una specie di gesto “Non sul viso!” e tieni le braccia strette al tuo corpo. Questa potrebbe sembrare una posizione difensiva debole, ma va a tuo vantaggio dal momento che fa abbassare la guardia dell'opponente. Inoltre, questa posizione protegge il tuo viso e le tue costole, due aree che dovrai tutelare.


Dalla tua posizione “Non in viso!”, quando sei vicino al tuo aggressore, spingi i gomiti in direzione delle sue costole inferiori o verso la parte inferiore dei muscoli pettorali. Questi sono punti sensibili e il tuo movimento può causare tanto dolore.


Se la parte superiore del corpo dell'aggressore è lontana da te ma sei ancora in pericolo (per esempio il tuo opponente sta cercando di farti soffocare), attacca le sue gambe. Questo è specialmente efficace sui perpetratori più grossi, perché, più robusti sono, più tensione avranno nelle gambe e nelle ginocchia. Non dare un tipico calcio in stile Karate Kid, piuttosto, scalcia i suoi stinchi come se giocassi a calcio (con il dorso del piede). Questo è un calcio veloce e doloroso. Inoltre, se le sue gambe sono abbastanza vicine, alza un ginocchio verso la parte interna della sua gamba (nervo femorale), la parte esterna della gamba, il ginocchio o l'inguine. Ciò nuocerà al tuo aggressore e potrebbe renderlo inabile, perché bastano cinque-sette kg di pressione per far rompere un ginocchio.


Se la testa del tuo opponente è vicina a te (il che è spesso il caso quando attacchi le sue gambe), ti conviene attaccarla. Prova a mettere le dita negli occhi o a esercitare pressione su di essi, perché nessuno può resistere a una ditata nell'occhio, per quanto grande e grosso sia. Battere le mani sulle orecchie può intontire o, se fatto perfettamente, rompere i timpani. Colpire le ossa zigomatiche può causare ferite o rotture. Colpire il naso può causare un sanguinamento e una cecità temporanea.


In alcuni casi, potresti attaccare anche il collo dell'aggressore (solitamente lo avrai vicino se anche la testa sarà in tua prossimità). Per far soffocare efficacemente qualcuno, non provare la tipica mossa hollywoodiana “mani intorno a tutto il collo”, metti il pollice e le dita intorno alla trachea (specialmente facile da trovare sugli uomini dal grande pomo d'Adamo). Inoltre, sotto la trachea si trova la fossetta del giugulo. Scava, muovi le dita e affondale nell'incavo e avvertirà un dolore intenso, probabilmente cadrà.


Se un aggressore cerca di attaccarti da dietro per soffocarti, spingi il suo avambraccio contro la tua clavicola invece di provare a togliertelo direttamente di dosso (il che non serve molto). Metti una mano sull'incavo del gomito (sull'avambraccio) e una mano sotto di esso (in modo che le tue mani siano su entrambi i lati del gomito). Poi, con un unico movimento forte e determinato, fai un passo avanti e muovi tutto il tuo corpo come se il braccio fosse il cardine e il tuo corpo una porta scorrevole. Ciò ti aiuterà a liberarti dalla sua presa e lascerà la sua testa, le sue costole e le sue gambe indifese per il tuo contrattacco (ricorda anche che, quando il tuo aggressore è dietro di te, le sue tibie si trovano proprio dietro le tue gambe, dunque sono vulnerabili).


Se l'aggressore cerca di coglierti alla sprovvista da dietro, abbassa velocemente e violentemente i tuoi fianchi come se ti stessi lasciando cadere su una poltrona soffice. Ciò renderà più difficile afferrarti e ti darà un momento extra per attaccarlo e colpirlo (fallo sugli stinchi).


Se l'aggressore sta cercando di strangolarti mettendo le sue braccia intorno al tuo collo, porta in avanti l'avampiede, come se avessi appena scalciato un pallone da calcio, e, rapidamente e CON FORZA, colpisci l'area tra la caviglia e la parte centrale della gamba. Questo farà (ammesso che il movimento sia abbastanza forte) rompere la gamba.


Se cadi, cerca di finire sul tuo aggressore. Mentre cadete, mantieni appuntiti i gomiti e le ginocchia e cerca di colpire l'inguine, le costole e il collo dell'opponente.


Se il tuo aggressore ti sta colpendo mentre siete sul pavimento e ti ha bloccato, afferra il suo corpo tirando le giunture del braccio o trattieni una sua mano sul suolo. In seguito, appoggia una gamba in maniera salda sul pavimento, salta aiutandoti con questa parte del tuo corpo e gira i fianchi. Ciò ti farà ritrovare sul tuo aggressore, il che dovrebbe essere fatto colpendolo con i tuoi punti acuti, come i gomiti.


Se un assaltante ti attacca con un'arma, sappi qual è la sua funzionalità. Se ha un coltello, prova ad allontanarti dal raggio di pugnalamento e, se ha una pistola, non escludere di scappare e di scansarla muovendoti a zigzag. Inoltre, l'avversario fa affidamento sull'arma e può lasciare se stesso in una posizione indifesa, affinché tu possa afferrare/bloccare la mano che ha la pistola o provare un attacco differente.


Se riesci ad andartene in maniera sicura, non esitare. Assicurati di essere in salvo dal tuo aggressore quando decidi di smettere di difendere te stesso.






Consigli

Impara a controllare sia le tue paure sia le tue scariche di adrenalina, giacché sono alcune delle più probabili cause degli errori all'inizio di una situazione di lotta. Quando qualcuno ti attacca, non solo avrai paura, ma il corpo pomperà adrenalina. Se si presenta solo una delle due sensazioni (preferibilmente l'adrenalina), dovrebbe andare tutto bene. Se hai paura di intervenire, ma lo vuoi, o soffri di una fobia paralizzante, come quella del palcoscenico, e ti congeli, l'adrenalina si mescolerà con la paura: i tuoi muscoli si bloccheranno e tutte le tue conoscenze, la tua esperienza e la tua motivazione andranno perdute.
  • In una situazione di autodifesa, opta per un'attitudine “non me”: non lasciare che sia tu a essere colui di cui si parlerà sui giornali domani mattina. Ciò comincia ben prima del litigio, perché i violentatori e gli aggressori esperti sceglieranno le loro vittime non per quello che indossano o per quello che sono, ma per come si comportano. Se sei sicuro di te, non sarai uno dei loro bersagli.
  • Mantieniti distaccato. Non lasciarti prendere dal panico se qualcuno si comporta in modo ostile. Ciò farà sospettare all'aggressore che tu sia debole.
  • Se si tratta di una situazione di violenza domestica, potresti chiederti a che punto cominciare a difenderti rivolgendoti alle autorità. Secondo gli standard legali, qualsiasi contatto non legittimato è un assalto. Se questa persona ti ha “solo” spinto, questo è comunque un attacco, può essere comunque pericoloso e tu ti meriti comunque di proteggere te stesso.
  • Ricorda sempre che la persona che cercherà di aggredirti probabilmente lo ha già fatto in precedenza. Evita il confronto e, se non dovesse servire, fai tutto quello che puoi per andartene velocemente e in modo sicuro.
  • Se qualcuno ti aggredisce, tu hai ragione e l'altra persona ha torto. La sua motivazione probabilmente è volere i tuoi soldi, i tuoi possedimenti o il tuo corpo, mentre la tua è l'auto-preservazione. Hai un diritto umano di base, che è quello di difendere te stesso e le persone che ami. Ma ricorda, il primo mezzo per difendersi è la fuga! In un tribunale, qualora dovessi arrivare a questo punto, puoi giustificare le tue azioni affermando che si è trattato di difesa personale SOLO se hai colto ogni opportunità disponibile per evitare il confronto e per fuggire. Se diventa chiaro che hai avuto la possibilità di metterti in salvo ma non l'hai colta, questo non è più un caso di difesa personale, diventa una condotta riottosa e un assalto. Sei responsabile di prendere le misure APPROPRIATE. Essere aggrediti non è una scusa per uccidere o per maltrattare un'altra persona quando avresti potuto farne ragionevolmente a meno per difenderti.
  • Se pensi di avere la possibilità di capitare in un brutto quartiere o in un posto in cui potrebbe avvenire un attacco, tieni dello spray al peperoncino con te. Questo potrebbe essere un salvavita inestimabile. Mai tenere un'arma potenzialmente letale come un'arma da fuoco o un coltello, giacché potresti far trasformare un'aggressione in una lotta letale, specialmente se l'aggressore è armato.
  • Non agire in maniera rude sotto nessuna circostanza. Facendolo, probabilmente farai aumentare la rabbia dell'opponente e gli farai pensare che debba risponderti nello stesso modo, e l'unica maniera per essere più brusco di te è riducendoti in poltiglia.
  • Se ne hai l'opportunità, parla con i tuoi amici su come bisognerebbe difendersi in una situazione pericolosa. Se possibile, mettete in scena delle situazioni potenziali cercando di capire dove si potrebbe colpire qualcuno e cosa sembra funzionare per controbattere e cosa no.
  • Minacciare un aggressore con uno strumento come un coltello o un'arma da fuoco è una cattiva idea, a meno che non temi per la tua vita. Non vale la pena andare in prigione per un assassinio, volontario o involontario, o per farti uccidere per il tuo portafoglio. Ricorda che l'aggressore probabilmente è più forte e più esperto nel lottare di te, o non ti avrebbe scelto.
  • Cerca sempre i punti vulnerabili. Quello di un uomo è solitamente l'inguine. Un buon pugno in quest'area è molto doloroso. Quello di una donna in genere consiste nel tirare i capelli o è rappresentato dalle ascelle.
  • Chiuditi in te stesso creando una specie di palla (ma resta in piedi) in modo da usare gli stinchi e le braccia per proteggerti.




Avvertenze

Non lasciarti coinvolgere dalle risse sorte per ragioni banali, come i disaccordi al bar su argomenti come birra/ragazze/squadre di sport. Sii una persona migliore e vai via. Vali di più di tutto questo.
  • Questo piano non copre ogni situazione, ma è una breve panoramica di quello che puoi aspettarti. Non sei completamente al sicuro; tuttavia, dopo aver letto e capito, il tuo stato mentale e la tua preparazione saranno migliori nel caso dovesse succedere. Soprattutto, ricorda che la ragione è dalla tua parte e che in alcuni casi puoi decidere di non essere la vittima.
  • Portati dietro un'arma solo se sei stato allenato a sufficienza per usarla legalmente ed efficacemente. Quello che hai può essere preso e usato contro di te.
  • In molti casi, puoi mettere fine immediatamente alla situazione dando il tuo portafoglio all'aggressore. Questa è una scelta logica, specialmente se ti minaccia con un coltello o con una pistola. La tua vita vale molto di più del denaro e delle carte che hai con te. Lancia il portafoglio lontano da te e scappa.
  • Dai all'aggressore quello che esige. Normalmente, si prenderà semplicemente quello che vuole e andrà via. Se provi a resistere, rischi di essere anche ferito, o peggio. Queste tecniche dovrebbero essere usate se la lotta è inevitabile, per esempio se l'avversario sembra pronto a colpirti prima di chiederti qualcosa. Sopravviverai molto più a lungo se cedi di fronte alle sue richieste. Una volta che avrà il tuo portafoglio, cancella tutte le tue carte di credito e denuncia immediatamente il furto alla polizia, poi vivi il resto della tua vita, tre cose molto importanti che non potresti fare se cercassi di lottare contro un aggressore armato.


venerdì 6 febbraio 2015

Sōhei





Sōhei (僧兵, letteralmente "Monaco soldato") è un termine della storiografia giapponese che indica i gruppi paramilitari associati ai templi buddhisti in età medievale, nei quali militavano laici e monaci ordinati. Il termine coevo più comune era akusō (悪僧, "monaco cattivo" in senso lato, cioè "in armi"). Il loro potere fu storicamente rilevante in quanto giunsero a costringere alcuni Daimyō a collaborare con loro. Nati in ambito buddhista nel IX secolo, i monaci guerrieri rimasero in vita fino al 1580 quando gli shogun compresero che la loro esistenza rappresentava un grave pericolo per l'unità del Paese. Prima Oda Nobunaga, poi Hideyoshi Toyotomi assestarono un colpo mortale agli eserciti dei monasteri.
Gli Sōhei conservavano molte somiglianze con i "monaci guerrieri" degli ordini monastici europei (vedi Cavalieri Teutonici). Tuttavia, a differenza di questi, si consideravano appartenenti al medesimo ordine religioso anche tra nemici. Le basi dottrinali che poterono consentire a dei monaci buddhisti di prendere le armi e usare la violenza sono riscontrabili nel Mahayana Mahaparinirvanasutra (大般涅槃經, giapponese Dainehankyō, Sutra mahayana del Grande passaggio al di là della sofferenza) importantissimo sutra buddhista di origine sanscrita trasferito in Cina intorno al V secolo della nostra Era e da qui, poco dopo in Giappone. Di derivazione Mahayana, questo sutra, che evidentemente risente delle distruzioni dei monasteri buddhisti operate dagli Unni bianchi in Asia centrale intorno al IV e V secolo d.C., invita i laici, e non solo, a prendere l'armi per difendere il Dharma buddhista dagli aggressori. Va tenuto inoltre presente che la maggior parte degli Sōhei erano monaci delle scuole Tendai, Hossō, Shingon e in seguito Jōdo (Ikkōshū, 一向宗). I monaci Tendai e (come d'altronde anche gli Zen) erano ordinati secondo le piattaforme monastiche di derivazione Tendai e quindi non seguivano il Vinaya monastico tradizionale, ovvero i 250 precetti contenuti nel Cāturvargīya-vinaya (Quadruplici regole della disciplina, 四分律 giapponese Shibunritsu) ma solo i 58 precetti del Brahmajalasutra (梵網經, giapponese Bonmō kyō, Il Sutra della rete di Brahma).


Storia

I primi monaci guerrieri apparvero significativamente in Giappone nella metà del decimo secolo quando i vari feudi iniziarono a costruire templi diversi tra di loro dedicandoli a soggetti diversi del Buddhismo. Contemporaneamente a questo motivo, le eccessive nomine imperiali causarono le prime lotte tra i membri di questi monasteri e le autorità civili che non riconoscevano questi monaci. I primi grandi combattimenti tra queste forze si ebbero nelle zone degli importanti templi di Kyōto e Nara. Il primo conflitto armato avvenne nel 949 quando un gruppo di 56 monaci organizzò una protesta fuori dalla residenza di un funzionario imperiale di Kyōto. Queste proteste si protrassero per tutto il decimo secolo fino a quando non si registrano i primi morti. Nel 970, in seguito ad una disputa tra il monastero buddhista Tendai Enryaku-ji situato sul Monte Hiei (giapp. Hieizan) e il santuario di Yasaka a Kyōto. Enryaku-ji creò il primo esercito di monaci guerrieri nella storia del Giappone. Tuttavia non è mai stato chiarito se questo esercito fosse esclusivamente formato da monaci guerrieri oppure che tra le loro file vi fossero anche dei mercenari. Sta di fatto che con la costituzione di questo esercito monastico nacque anche il primo codice comportamentale che tra le altre regole stabiliva il divieto assoluto per i monaci di abbandonare le armi prima di 12 anni di esperienza. A partire dal 981 vi furono i primi conflitti armati tra gli eserciti dei templi di Enryaku-ji e Miidera. Queste dispute erano considerate fuori da qualunque schema politico o religioso e gli scontri erano certamente disdicevoli. Spesso la causa dello scoppio di questi conflitti era la nomina di un "abate" che per il monastero rivale era considerato privo di qualità. Tali conflitti proseguirono nel corso dei secoli con brevi interruzioni e conseguenti violenze fino al 1121 quando gli scontri militari divennero intensi e sanguinosi. Non mancarono tuttavia le alleanze contro uno o più monasteri. La più celebre fu l'alleanza tra i due ex acerrimi nemici, i monasteri di scuola Tendai Enryaku-ji e Miidera, contro il monastero di scuola Hosso, il Kofuku-ji di Nara. Nel 1571 lo Enryaku-ji fu distrutto e i suoi monaci massacrati da Oda Nobunaga in un progetto politico-militare testo alla riunificazione del Giappone. Ma già nei secoli precedenti alcuni monaci Tendai di rilievo cercarono di riformare la scuola su un piano esclusivamente religioso che non consentisse l'esistenza degli Sōhei. Il tempio Enryaku-ji fu comunque successivamente ricostruito e continua oggi a rappresentare il tempio principale della scuola Tendai tramandando le trazioni.






giovedì 5 febbraio 2015

Krav Maga




Imi Lichtenfeld, il creatore del krav maga

Il Krav Maga (קרב מגע) è un sistema di combattimento ravvicinato e autodifesa di origine israeliana, ma nato in ambienti ebraici dell'Europa centro-orientale e sviluppatosi nella stessa Israele durante la prima metà del XX secolo. La parola krav maga, in ebraico moderno, significa letteralmente "combattimento con contatto/combattimento a corta distanza".



Nascita e storia

parata alta


disarmo pistola



Nacque nella prima metà del XX secolo grazie all'ufficiale dell'esercito israeliano, Imi Lichtenfeld, esperto in tecniche di lotta occidentali su richiesta dello stesso governo Israeliano. L'esigenza era quella di sviluppare un sistema di combattimento efficace ma rapido da apprendere, al fine di addestrare le neonate forze speciali israeliane. L'esperienza personale di Lichtenfeld influenzò pesantemente lo stile e la filosofia del krav maga: infatti egli, grande ginnasta, pugile e campione di lotta libera, alla base teorica aggiunse una grande esperienza di lotta di strada, maturata in una gioventù in parte passata a lottare per la vita nei vicoli del suo paese natale, allora occupato dai nazisti.


formazione civile



Il risultato della sua opera fu un sistema di combattimento semplice ed efficace, nato appunto per essere appreso in breve tempo. Il krav maga risponde a criteri di tipo militare quali l'efficacia e la rapidità con cui si arriva al risultato desiderato, che spesso è la neutralizzazione definitiva dell'avversario. Infatti esso punta proprio alla neutralizzazione del nemico, prima che questi possa diventare una minaccia, con un mix di tecniche che vanno da pugni a leve articolari, a calci e proiezioni. Esso punta prevalentemente a zone vitali del corpo quali: genitali, carotide, occhi etc, (ritenute normalmente intoccabili negli sport di contatto, e pertanto non può essere praticato in forma sportiva come per tutti gli sport da combattimento).
A ciò si aggiunga la grande attenzione che riveste la preparazione per fronteggiare nemici armati, anche di armi da fuoco. Le tecniche di krav maga trovano oggi particolare riscontro ed applicazione nel campo degli operatori della sicurezza, delle forze armate e dei corpi di polizia. Oltre che in Israele, esso è ormai diffuso in tutti paesi del mondo, dando vita a numerose scuole.




Krav Maga colore cinture/patches corrispondenti
Bianca


Gialla



Arancio



Verde



Blu



Marrone



Nera






Caratteristiche

Il krav maga è una "tecnica di combattimento" semplice e pratica (chi la insegna preferisce non chiamarla "arte marziale"). Infatti è nata per essere appresa in breve tempo ed essere usata in un contesto bellico. Il krav maga predilige un approccio offensivo, che caratterizza questo sistema di combattimento. Se altre arti marziali tradizionali, soprattutto di matrice orientale, tendono ad associare oltre all'insegnamento delle tecniche un sistema filosofico e spirituale, il krav maga risponde a criteri di tipo militare quali l'efficacia e la rapidità con cui si arriva al risultato desiderato, che è la neutralizzazione dell'avversario.
Dove spesso molte arti marziali (tra le quali anche quelle da cui il krav maga ha attinto, come il jūdō, il ju-jitsu, il kung-fu il karate, etc...) prediligono un'impostazione attendista che lascia all'avversario il tempo di contrattaccare, il krav maga punta ad una rapida neutralizzazione dell'avversario nel momento stesso in cui questi diventa una minaccia. Esso è una sintesi armonica di tecniche derivate dalle arti marziali, da sistemi di lotta a mani nude e dal sistema di close combat (combattimento ravvicinato) del Maggiore W.E. Fairbairn, metodo conosciuto col nome di Defendu. L'impostazione privilegiata prevede l'attacco a parti "sensibili" del corpo come occhi, gola o genitali, evitando movimenti e azioni macchinose o non alla portata di tutti.
Questa impostazione, adatta ad ambienti ad alto rischio come i teatri operativi mediorientali, potrebbe essere fonte di problemi in situazioni di vita quotidiana: infatti l'approccio aggressivo e anticipatorio potrebbero portare a complicazioni di natura penale. Per questo, nell'ambito civile della difesa personale, il krav maga viene insegnato da istruttori esperti per essere usato solo in casi estremi di pericolo per la propria vita (violenza da strada, tentativi di stupro, aggressioni a mano armata ecc.).
La classificazione del krav maga come sistema di combattimento ravvicinato (come bene evidenzia la traduzione del nome) si evidenzia anche nella sua scarsa attitudine a essere praticato come sport da competizione. Puntando soprattutto a zone del corpo (genitali, carotide, occhi etc.) ritenute normalmente intoccabili per altri sport di contatto, il krav maga difficilmente può essere praticato in forma sportiva, come avviene per karate, taekwondo ed altri sport da combattimento. A differenza delle arti marziali che ritualizzano i gesti il krav maga è un sistema di combattimento pragmatico: ogni gesto è essenziale, ogni colpo diretto verso un punto sensibile.
A ciò si aggiunga la grande attenzione che riveste la preparazione per fronteggiare nemici armati, anche con armi da fuoco come pistole e fucili, per comprendere l'elevata specificità di impiego di questo sistema di combattimento, in cui lo scontro fra due avversari a mani nude è solo una delle possibilità.

Utilizzo presso forze di polizia o eserciti

Viene insegnato presso l'esercito israeliano, la legione straniera francese, la Polizia di Los Angeles.
Il Krav Maga è insegnato anche agli operatori di sicurezza di servizio negli aerei di linea, sia in Italia che all'estero.

Krav Maga in Italia

Il Krav Maga in Italia è una disciplina non regolamentata, non riconosciuta dal CONI. Vi esistono numerose associazioni sotto forma di A.S.D. (associazione sportiva dilettantistica) che divulgano impropriamente il loro essere federazioni. Ogni federazione italiana non riconosciuta in Italia dal CONI non può essere una federazione. Il Krav Maga essendo una disciplina non riconosciuta dal CONI che è il massimo ente di gestione sportiva in Italia, i diplomi istruttori rilasciati dalle associazioni italiane e dagli enti di promozione sportive, non hanno alcun valore legale. Non possono essere riconosciute certificazioni di una disciplina sportiva non riconosciute dal CONI.



mercoledì 4 febbraio 2015

Dōjō kun

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Dōjō kun tradotto letteralmente significa regole del luogo in cui si pratica la Via.
Sono sinonimo di ricerca del perfezionamento attraverso lo studio del karate e consistono in cinque principi che determinano lo sviluppo fisico e spirituale del praticante. I dōjō kun avviano all'esercitazione della giusta condotta da tenersi e creano il nesso tra lo studio filosofico dell'arte marziale e lo studio pratico della tecnica: le conoscenze della Via () non devono restare dei principi vuoti ma piuttosto forgiare il comportamento, globalmente inteso, del praticante. I dōjō kun sono perno di un'esercitazione spirituale incentrata sullo studio dell'arte marziale (Budo), in grado di produrre progressi in ogni campo dell'azione umana, la sua comprensione ha importanza quanto l'affinamento delle tecniche: prima e dopo l'allenamento, durante la cerimonia del saluto, vengono pronunciati i dōjō kun; l'allievo più anziano di grado enuncia le frasi, ripetute da tutti gli allievi nella posizione del saluto. L'origine dei dōjō kun riporta agli albori dell'arte marziale, si dice che il primo dōjō kun sia stato codificato dal monaco buddhista Bodhidharma, nel monastero di Shaolin.
Nel karate furono codificati dal maestro Sakugawa di Okinawa e sono stati tramandati fino a noi, come fondamento della pratica tradizionale.
Le cinque regole in giapponese sono:

一、人格完成に努むること
hitotsu, jinkaku kansei ni tsutomuru koto
一、誠の道を守ること
hitotsu, makoto no michi wo mamoru koto
一、努力の精神を養うこと
hitotsu, doryōku no seishin wo yashinau koto
一、礼儀を重んずること
hitotsu, reigi wo omonzuru koto
一、血気の勇を戒むること
hitotsu, kekki no yū wo imashimuru koto
  • Per prima cosa cerca di perfezionare la tua anima. (Ricerca la perfezione del tuo carattere).
Questa prima regola sottolinea l'importanza dell'equilibrio nell'uomo. L'esercizio marziale non coinvolge esclusivamente il corpo: il praticante deve osservare con spirito critico in tutte le situazioni quotidiane che ostacolano il perfezionamento di se stesso e deve affrontare le asperità interiori con lo stesso vigore con cui intraprende l'esercizio fisico che gli consente di affrontare le difficoltà esterne, lo spirito vigile e analitico deve guidarlo in tutte le situazioni della vita: confusione, pregiudizio, presunzione, egoismo, sopravvalutazione di se stessi, ingiustizia, autocommiserazione e sentimenti incontrollati ostacolano il progresso sulla Via. Imparare a gestire la propria interiorità, al contrario, aiuta a raggiungere l'equilibrio e a vivere un'esperienza enormemente appagante, se per altro l'allenamento fisico, con l'avanzare degli anni, conosce necessariamente delle limitazioni, lo spirito, invece, deve e può essere perfezionato fino alla morte.

  • Per prima cosa cerca di essere sempre al servizio del bene. (Difendi le vie della verità).
Questa regola si esprime nella condotta di vita dell'uomo e nella disponibilità a riconoscere il giusto rapporto tra se stessi e ciò che si ha attorno, presupposto fondamentale per costruire giuste e rette relazioni con le altre persone. Un rapporto proficuo si instaura solo se l'individuo è capace di contemperare le proprie pretese personali con la dedizione e l'apertura verso gli altri, se questo equilibrio viene messo a repentaglio da un comportamento egoistico o superficiale, la comunicazione è soffocata; laddove si pretende più di quanto si dà o si avallano pretese superiori a quanto si è disposti a corrispondere o si promette molto e si mantiene poco, si suscita l'indignazione di quanti si trovano a dover compensare lo squilibrio insorto con un sacrificio superiore al giusto. L'equilibrio tra la pretesa e la disponibilità è il fondamento dello spirito del budo: solo nella verità l'uomo è libero, la pratica di questo principio rende consapevoli, umili e giusti.

  • Il karate è via per rafforzare la costanza dello spirito (Cura il tuo spirito di ambizione).
Questa regola si riferisce alla realizzazione dell'uomo in relazione ai suoi obiettivi di vita, essa è intimamente connessa ai primi due principi in quanto qualsiasi obiettivo richiede un'analisi approfondita e matura; il progresso, nel budo, può essere conseguito solo attraverso regolarità e costanza nell'esercizio. Le arti marziali possono essere apprese solo con l'autodisciplina, la costanza e la perseveranza, la disciplina è la base di ogni progresso. Se tale regola non viene rispettata dagli allievi, qualsiasi sforzo di miglioramento è vano.
Si frequenta un dōjō perché si ha uno scopo, ma bisogna assumere la giusta condotta, l'ambizione di nuovi obiettivi, in sé e per sé, non è una forza positiva, lo diventa solo se associata ad un comportamento maturo, al senso della misura e alla conoscenza.

  • Il karate è via di rispetto universale (Onora i principi dell'etichetta).
Questa regola si riferisce alle norme comportamentali che vanno conservate se si vuol capire gli altri ed essere accettati. La giusta condotta rende l'individuo degno di fede, aperto e semplice, rende possibile la comunicazione con gli altri e contribuisce a mantenere l'armonia nelle relazioni interpersonali. L'etichetta consiste nella forma comportamentale attraverso la quale una persona comunica ad un'altra di essere disponibile ad un contatto aperto; senza le buone maniere la franchezza si tramuta in grossolanità, il coraggio in rifiuto, l'umiltà in sottomissione, il rispetto in servilismo e la cautela in timore: l'etichetta provvede a mantenere la pace e l'armonia tra le persone.
Nelle arti marziali l'etichetta trova espressione nei principi enunciati da Funakoshi: Senza cortesia viene meno il valore del karate e il karate inizia col saluto e finisce col saluto.
Egli definì cortesia e rispetto le basi di ogni educazione ed il saluto il loro simbolo più importante. A livello avanzato tutti conoscono l'importanza del saluto; i praticanti che lo oltraggiano con la propria negligenza si dimostrano immodesti, egoisti e incapaci di adattamento: il modo in cui si effettua il saluto è specchio di sé, i modi sbagliati non sono sempre voluti, rappresentano solitamente una reazione naturale di protezione e timidezza, una maschera. Per questo nelle arti marziali l'etichetta non è solo forma, ma vera e propria via per la ricerca della verità interiore, poiché la pratica impone che la persona osservi e valuti correttamente il proprio comportamento nei confronti degli altri e di sé stesso.

  • Per prima cosa cerca di essere sempre al servizio del bene. (Rinuncia alla violenza).
Questo principio coinvolge la condotta che porta alla formazione di un carattere degno dell'essere umano ed alla sua convivenza con gli altri. Nel mondo animale i modelli comportamentali sono istintivi e servono proprio alla conservazione della specie, l'uomo può forgiare tali modelli grazie al proprio intelletto ed alla propria conoscenza, controllando la misura delle proprie azioni. L'elaborazione di questo concetto porta alla rinuncia della violenza fisica ed allo stesso tempo definisce tutte le forme di ricorso alla violenza quali indegne dell'uomo.
Nel budo, e in particolare nel karate, si ricercano l'autocontrollo e la gestione del comportamento; se i praticanti di livello avanzato, capaci di arrecare ferite gravi, impiegassero le proprie capacità come strumenti di supremazia nei confronti delle altre persone, costituirebbero un pericolo per la società e sarebbero sostanzialmente indegni come individui. Quando Funakoshi dice: nel karate non c'è chi attacca per primo intende dire che l'uomo in quanto essere dotato di intelletto ha la capacità di trovare le vie della non violenza se affronta le situazioni controllando il proprio io. Il karate è un'arte di autoperfezionamento e, per raggiungere questo obiettivo, è necessario comprendere a fondo tale principio. La soluzione violenta dei problemi interpersonali è esecrabile e non consente una convivenza serena. L'esperienza secolare mostra che, per eccellere nelle arti marziali, il dōjō kun deve accompagnare la preparazione dei praticanti, indipendentemente dal livello, essi devono sottoporre il loro comportamento a regolari raffronti con il dōjō kun, che è un parametro di apprendimento nel corso dell'allenamento ma anche uno specchio dell'atteggiamento del singolo in relazione alla comunità. Il dōjō kun riflette la proporzione tra giusto e sbagliato nel comportamento personale, instaura l'equilibrio tra dare e avere ed impone il giusto rapporto tra pretesa e disponibilità.