lunedì 19 dicembre 2016

Oda Nobunaga

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Oda Nobunaga (織田 信長; Nagoya, 23 giugno 1534 – Kyōto, 21 giugno 1582) è stato un militare giapponese.
Figlio di Oda Nobuhide, un daimyō (feudatario) minore della provincia di Owari, condusse una serie di campagne militari che lo portarono a conquistare gran parte del Giappone prima del suo assassinio nel 1582.

Biografia

Giovinezza e ascesa

Nobunaga nacque, secondo la datazione giapponese, nel terzo anno dell'era Tenbun e nel decimo dell'era Tenshō.
Alla morte del padre Nobuhide nel 1551, si dice che il giovane Nobunaga abbia dato in escandescenze, alienandosi molti alleati del clan Oda, che già lo ritenevano troppo impulsivo e indisciplinato per diventare daimyō; questi perciò cominciarono ad appoggiare suo fratello Nobuyuki, e Hirate Masahide, mentore di Nobunaga, si assunse la responsabilità per il comportamento del ragazzo compiendo seppuku.
Sebbene Nobunaga fosse il legittimo erede di Nobuhide non c'era alcuna garanzia che fosse scelto per succedergli, anche perché il clan Oda era formalmente subordinato al kanrei Shiba Yoshimune, che era manovrato dallo zio di Nobunaga, Nobutomo, vice-shugo di Owari; sembra che Nobutomo stesso fece uccidere Yoshimune quando fu evidente il suo tentativo di aiutare Nobunaga. Nobunaga riuscì però ad ottenere l'aiuto di un altro suo zio, Nobumitsu, e con il suo aiuto riuscì a impossessarsi del castello di Kiyosu, nel quale Nobutomo fu ucciso e del quale Nobunaga avrebbe fatto la propria residenza per i successivi dieci anni. Nobunaga convinse poi il nuovo kanrei Shiba Yoshikane, figlio di Yoshimune, a stringere un'alleanza con altri due clan di kanrei dell'area, il clan Imagawa della provincia di Suruga e il clan Kira della provincia di Mikawa; grazie a questa alleanza Nobunaga poté mobilitare le armate ai confini della provincia di Owari e usarle per i propri scopi.
Nel 1555 condusse le sue armate nella provincia di Mino in aiuto di Saitō Dōsan (la cui figlia aveva sposato nel 1549), in guerra con suo figlio Yoshitatsu, sul quale giravano voci che lo volevano figlio illegittimo e che temeva quindi di essere diseredato. La campagna militare si rivelò un fallimento, perché Dōsan fu sconfitto e ucciso nel 1556 da Yoshitatsu, che prese il suo posto.
Pochi mesi dopo, Nobuyuki e i suoi alleati, in particolare Shibata Katsuie e Hayashi Hidesada, sfidarono Nobunaga per il controllo del clan Oda, ma furono sconfitti nella battaglia di Inō; i tre furono perdonati per intercessione della madre di Nobunaga e Nobuyuki. Tuttavia, Nobunaga continuò a sospettare di Nobuyuki, e fingendosi malato lo fece venire nel castello di Kiyosu, dove lo assassinò nel 1557.
Nel 1559, Nobunaga aveva eliminato ogni opposizione interna al clan e poteva dirsi signore di Owari. Per un po' aveva continuato a stipulare alleanze con altri daimyō attraverso il kanrei Shiba Yoshikane, ma scoprì che questi era in trattative con i Kira e gli Imagawa per attaccare il clan Oda e restituire il controllo di Owari al clan Shiba, così lo cacciò, annullando i precedenti trattati ed entrando anzi in guerra.
Nel 1560, Imagawa Yoshimoto aveva riunito un grande esercito (tra 20.000 e 40.000 uomini, a seconda delle fonti) per marciare verso Kyōto, con la scusa di andare in soccorso dello shōgun Yoshiteru; a questo esercito si sarebbe dovuto unire quello del clan Matsudaira di Mikawa, vassallo del clan Imagawa. Nobunaga non aveva più di 2.000 uomini, e non poteva mobilitarli tutti dai confini; ciò nonostante, in quella che divenne nota come la battaglia di Okehazama, approfittando di un improvviso temporale attaccò di sorpresa il campo degli Imagawa, e uccise Yoshimoto, con una vittoria fulminea che sorprese e sconvolse tutto il Paese. Dopo la battaglia il nome di Nobunaga divenne famoso in tutto il Giappone, mentre il clan Imagawa subì un duro colpo, e perse rapidamente potere sui propri vassalli, e soprattutto sul clan Matsudaira, a cui apparteneva Matsudaira Motoyasu (il futuro Tokugawa Ieyasu), che nel 1561, superando l'antica ostilità tra i propri clan, firmò un'alleanza con Oda Nobunaga.

Il Tenka Fubu

Nella provincia di Mino, Saitō Yoshitatsu morì per malattia nel 1561, e gli succedette suo figlio Tatsuoki; questi, giovane e inesperto, non riscuoteva molta fiducia tra i suoi vassalli. Sfruttando la situazione, Nobunaga si trasferì nel suo castello di Komaki e cominciò ad attaccare Mino sia militarmente che diplomaticamente, convincendo i vassalli dei Saitō ad abbandonare il loro incompetente signore; l'esercito di Yoshitatsu fu così molto indebolito dalle defezioni quando Nobunaga scagliò l'attacco finale nel 1567, impadronendosi del castello di Inabayama ed esiliando Tatsuoki. Nobunaga si trasferì nel suo nuovo castello, che rinominò Gifu, ispirandosi al leggendario Monte Gi (Qi in cinese) dalla quale si diceva fosse partita la conquista della Cina da parte della dinastia Zhou. Si fece inoltre forgiare un sigillo con la scritta Tenka Fubu (天下布武 lett. "una sola insegna militare sotto il cielo"), dove Tenka o "tutto sotto il cielo" è un antico modo di dire per "nel mondo", "in tutto il Giappone", quindi la frase viene alternativamente interpretata come "riunificare il Giappone sotto una sola spada" o "coprire di gloria militare il Giappone".
Nel 1564, Nobunaga diede sua sorella Oichi in moglie a Azai Nagamasa, garantendosi il supporto del clan Azai della provincia di Omi.
Nel 1568, Ashikaga Yoshiaki, fratello del defunto shōgun Yoshiteru si recò a Gifu per chiedere l'aiuto militare di Nobunaga per spodestare lo shōgun fantoccio Yoshihide, con il quale il clan Miyoshi aveva sostituito suo fratello, e ripristinare l'autorità dello shogunato. Nobunaga accolse la sua proposta, cogliendo l'occasione per avere uno shōgun a legittimare le proprie campagne militari e al contempo avere il controllo della capitale Kyōto. Nel Sud della provincia di Omi, sulla strada per la capitale, il clan Rokkaku, guidato da Rokkaku Yoshikata, si opponeva alle pretese di Yoshiaki e si preparava alla guerra; Nobunaga lanciò un attacco preventivo grazie all'aiuto del clan Azai, e conquistò tutti i castelli dei Rokkaku. Avendo ormai la strada spianata, in breve raggiunse Kyōto, dove riuscì facilmente a imporsi sull'impreparato clan Miyoshi. Yoshiaki divenne shōgun e offrì a Nobunaga il posto di kanrei, ma questi rifiutò.
Dopo poco fu chiaro che Nobunaga intendeva manipolare Yoshiaki grazie alla sua forza militare, e lo shōgun, sostanzialmente privato dei suoi poteri, cominciò a tramare contro di lui raccogliendo i clan disposti a combatterlo. Il clan Asakura, in particolare, era insofferente del suo successo, in quanto il clan Oda era sempre stato storicamente subordinato agli Asakura, e sebbene Asakura Yoshikage avesse offerto protezione a Yoshiaki non aveva osato marciare verso la capitale. Quando però Nobunaga attaccò gli Asakura, suo cognato Azai Nagamasa, non volendo rompere l'antica alleanza che legava il clan Azai agli Asakura, prese le parti degli Asakura. Con l'aiuto dei ribelli amidisti Ikkō, l'alleanza che Yoshiaki aveva formato contro Nobunaga entrò nel conflitto e inflisse gravi perdite agli Oda. Nella battaglia di Anegawa, Nobunaga e Tokugawa Ieyasu sconfissero gli eserciti degli Azai e degli Asakura. Poi Nobunaga attaccò nel 1571 il monastero buddhista della scuola Tendai Enryaku-ji, sul monte Hiei, che addestrava monaci guerrieri e che trovandosi molto vicino alla sua residenza nella capitale costituiva per lui una spina nel fianco; il monastero fu completamente raso al suolo, e tra 20.000 e 30.000 uomini, donne e bambini furono uccisi nella campagna militare. A questo punto attaccò la fortezza Ikkō di Nagashima, contro la quale soffrì gravi perdite, tra cui due suoi fratelli, e quando infine espugnò la fortezza diede fuoco a tutto il complesso, uccidendo decine di migliaia di persone.
Takeda Shingen, nonostante ufficialmente il clan Takeda fosse in buoni rapporti con il clan Oda, aveva aderito all'alleanza contro Nobunaga, e nel 1572, su pressione dello shōgun, marciò verso la capitale; impegnato sul fronte occidentale, Nobunaga inviò solo pochi rinforzi a Tokugawa Ieyasu, che fu sconfitto nella battaglia di Mikatagahara. Per fortuna della fazione Oda-Tokugawa, Shingen morì poco dopo, nel 1573, prima di raggiungere Kyōto, e il clan Takeda si ritirò. Essendo però ormai Yoshiaki uscito allo scoperto, fu costretto ad affrontare Nobunaga con le sue esigue forze, e nonostante l'intervento diplomatico della corte imperiale per evitare la battaglia Nobunaga sconfisse Yoshiaki e lo esiliò, ponendo fine allo shogunato Ashikaga.
Nello stesso anno i clan Azai e Asakura furono definitivamente sconfitti, e suo cognato Azai Nagamasa, dopo avergli rimandato sua sorella Oichi, compì seppuku. Takeda Katsuyori, erede di Shingen, fu sconfitto nel 1575 nella battaglia di Nagashino in cui la fazione Oda-Tokugawa usò per la prima volta gli archibugi comprati dai portoghesi; la lentezza di ricarica degli archibugi fu compensata disponendo i tiratori su tre linee, ognuna delle quali copriva le spalle alle altre mentre queste ricaricavano. Le armature non riuscirono a resistere ai colpi, e la cavalleria dei Takeda fu falciata ancor prima di arrivare allo scontro corpo a corpo.
Continuando la sua espansione, Nobunaga cominciò a dislocare i suoi generali a controllo delle singole province; Shibata Katsuie e Maeda Toshiie furono inviati a Nord, e Akechi Mitsuhide nella provincia di Tamba. Hashiba Hideyoshi fu invece mandato a Ovest nel 1577 contro il clan Mori, che sosteneva con approvvigionamenti via mare la fortezza Ikkō di Ishiyama Hongan-ji, sulla quale l'esercito di Nobunaga stringeva l'assedio da terra da diverso tempo.
Nel 1578, il nuovo castello di Nobunaga, noto come castello di Azuchi, fu completato; da questo castello, che impressionò i contemporanei per le sue decorazioni stravaganti, il periodo compreso tra la caduta dello shogunato Ashikaga e la morte di Nobunaga è oggi noto come periodo Azuchi.
Nel 1577, però, Uesugi Kenshin, il secondo miglior generale del suo tempo dopo Takeda Shingen, aveva deciso di prendere parte ad una seconda alleanza anti-Nobunaga. Il primo scontro avvenne nella battaglia di Tedorigawa, e risultò in una decisiva vittoria di Kenshin, che cominciò a preparare la sua marcia su Kyōto. Secondo una tradizione, Nobunaga avrebbe confessato ad un suo ufficiale che se Kenshin fosse arrivato a Kyōto con il suo esercito egli non avrebbe avuto altra scelta che arrendersi e sperare di essere risparmiato. Uesugi Kenshin, però, morì, forse d'infarto, o forse di cancro allo stomaco, mentre si trovava nel suo lavatoio; secondo fonti dell'epoca la sua salute appariva compromessa già da tempo.
Ormai senza validi rivali, Nobunaga costrinse gli ultimi ribelli Ikkō ad arrendersi nella fortezza di Ishiyama Hongan-ji nel 1580, ed annientò completamente il clan Takeda nel 1582, durante la battaglia di Temmokuzan. Nobunaga era ormai l'autorità indiscussa nel Paese, e si accingeva a muovere i suoi eserciti contro le province di Echigo e Shikoku.

L'incidente di Honnō-ji

Nel 1582, Hashiba Hideyoshi, uno dei generali più vicini a Nobunaga, invase la provincia di Bitchu, assediando il castello di Takamatsu; quest'ultimo era vitale per il clan Mori, perché occupava una posizione strategica dalla quale era possibile penetrare con facilità nel loro dominio. Mori Terumoto arrivò perciò con il suo esercito a sostegno del castello di Takamatsu, e le due parti si trovarono in uno stallo. A questo punto Hideyoshi chiese rinforzi a Nobunaga.
È stato osservato che Hideyoshi non aveva realmente bisogno di rinforzi, ma chiese comunque l'aiuto del suo signore; secondo alcuni lo fece per non assumersi direttamente il merito della vittoria, in quanto molti generali non vedevano di buon occhio il successo di un generale di umili origini e non appartenente a un clan samurai; secondo altri Hideyoshi intendeva mettere Nobunaga in una posizione critica in modo da poterne trarre un vantaggio personale.
In ogni caso, Nobunaga lasciò i preparativi per l'invasione di Shikoku a Niwa Nagahide e partì con Akechi Mitsuhide per raggiungere Hideyoshi. Lungo il tragitto, Nobunaga e i suoi uomini sostarono nel tempio Honnō-ji a Kyōto, dove Nobunaga, essendo al centro del suo dominio e ritenendosi al sicuro, si lasciò scortare solo da pochi servitori e guardie di fiducia. Inaspettatamente, Akechi Mitsuhide dispose i suoi uomini intorno al tempio in un tentativo di colpo di Stato; nella schermaglia che seguì, Nobunaga perse e si ritirò all'interno del tempio. Mitsuhide, applicando la tecnica che Nobunaga aveva tante volte usato, appiccò fuoco al tempio.
Non si sa cosa accadde a Nobunaga nelle sue ultime ore di vita; probabilmente lui e il suo attendente Mori Ranmaru compirono seppuku mentre il tempio bruciava. I suoi resti non furono mai ritrovati tra le macerie del tempio, dando adito a una vasta gamma di leggende popolari.
Immediatamente dopo il colpo di Stato, gli uomini di Mitsuhide attaccarono il castello Nijō, dove costrinsero l'erede di Nobunaga, Nobutada, a compiere seppuku a sua volta. Per undici giorni Mitsuhide incontrò vari esponenti del clan Oda e della corte imperiale per essere nominato successore di Nobunaga, ma invano. Hideyoshi, che appena ricevuta la notizia aveva siglato una tregua con il clan Mori, raggiunse e uccise Mitsuhide nella battaglia di Yamazaki dopo soli 11 giorni dalla morte di Nobunaga.

Governo

Nobunaga non accettò mai nessuno dei titoli che gli furono offerti, e rimase sempre solo il capo del clan Oda e il daimyō di Owari; ciò nonostante, la sua autorità gli permise di introdurre importanti cambiamenti nel Paese
Una delle novità più importanti del periodo Azuchi-Momoyama fu la razionalizzazione delle famiglie samurai; nel periodo Muromachi infatti le numerose guerre combattute anche e soprattutto a livello provinciale avevano spinto i clan ad accettare nei loro eserciti chiunque fosse abile al combattimento, e durante l'epoca Sengoku praticamente ogni giapponese maschio adulto apparteneva ad almeno una organizzazione militare. Dal 1576 Nobunaga cominciò a confiscare le armi ai contadini nei territori da lui controllati, riducendo così il rischio di rivolte e il numero di combattenti da lui non direttamente controllabili; il suo successore Toyotomi Hideyoshi, nonostante fosse lui stesso originario di una famiglia di contadini, completò l'opera distinguendo per legge la casta samurai (l'accesso alla quale poteva così avvenire solo per via ereditaria) dalle altre e vietando a tutti i non-samurai il porto d'armi. Le famiglie samurai che si erano opposte a Nobunaga prima, e a Hideyoshi e Ieyasu poi, furono dichiarate illegittime e i loro componenti divennero rōnin oppure civili.
Sul piano militare, Nobunaga portò il suo esercito al livello tecnologico di quelli europei, impiegando per primo su larga scala lance, armi da fuoco, navi corazzate, e fortificazioni all'altezza delle guerre di massa del periodo. Alcune fonti, inoltre, gli attribuiscono l'ideazione della formazione a più linee da parte delle truppe dotate di archibugi, capace di garantire un fuoco continuo e quindi un maggiore impatto sul nemico; tale tattica, utilizzata per la prima volta nel 1575 durante la Battaglia di Nagashino, sarebbe infatti comparsa in Europa solo nel 1590, a dimostrazione delle grandi abilità strategiche di Nobunaga, che facendo per primo un uso massiccio di armi europee per la sua campagna militare apportò un cambiamento radicale alle ormai antiquate attiche belliche impiegate dagli eserciti giapponesi.
Le sue guerre sono però ricordate soprattutto per la loro violenza e per la spietatezza con cui il suo esercito infieriva sui vinti, combattenti e civili; a questo si unisce la pratica di bruciare vivi i nemici, che Nobunaga usava come monito per i suoi oppositori. Nobunaga puntò sulla specializzazione e sulla professionalizzazione del suo esercito, e assegnò gli incarichi e le promozioni su base strettamente meritocratica, ignorando quasi completamente le regole di nobiltà e relazioni familiari tradizionalmente seguite negli eserciti feudali del tempo; l'ascesa di Hideyoshi, che da figlio di contadini riuscì a essere riconosciuto erede di Nobunaga, ne è l'esempio lampante. Ai daimyō sconfitti espropriò le terre, e le ridistribuì tra i propri vassalli non in base alla dimensione, ma alla produzione di riso. Con qualche modifica, il sistema organizzativo di Nobunaga venne esteso a tutto il Paese con l'inizio dello shogunato Tokugawa.
Sul piano economico, Nobunaga dimostrò grande competenza, sviluppando i castelli come perno dell'economia locale, migrando da un'economia agricola a una di tipo manifatturiero, costruì strade tra i castelli, per agevolare i traffici commerciali e lo spostamento degli eserciti, e uniformò le unità di misura. Potenziò i traffici internazionali, oltre che con Cina e Corea anche con i nanban ("barbari meridionali", termine che copre Filippine, Siam e Indonesia, ma anche l'Europa). Istituì inoltre le rakuichi rakuza, con cui si proibivano i monopoli e si costringevano all'apertura le unioni, associazioni e gilde che Nobunaga considerava un ostacolo al commercio. Sviluppò anche leggi che prevedevano casi di esenzione fiscale e regolamentò la contrazione di debiti.
Grazie alla ricchezza accumulata nel tempo, Nobunaga finanziò varie forme d'arte, e fece costruire meravigliosi giardini e castelli. Il suo castello di Azuchi sulle sponde del lago Biwa è descritto dai contemporanei come uno dei più belli della storia, coperto d'oro e statue all'esterno e decorato all'interno con paraventi, porte scorrevoli, dipinti sui muri e sui soffitti, soprattutto ad opera di Kanō Eitoku. In questo periodo, il maestro di cerimonie di Nobunaga, Sen no Rikyu codificò le regole del cha no yu, la cerimonia del tè che Nobunaga popolarizzò e che usò per discutere di politica e affari. Sotto il suo governo comparvero anche i primi esempi di kabuki, che si sviluppò organicamente nel più pacifico periodo Edo.
Nobunaga si dimostrò molto interessato alla cultura europea, tanto che collezionò opere d'arte, armi e armature occidentali. È considerato uno tra i primi giapponesi ad aver indossato abiti europei, e nonostante non fosse religioso sostenne i missionari gesuiti in Giappone come mossa politica contro i monaci buddisti; sotto il suo governo, il 15 agosto 1576, fu costruita la prima chiesa cristiana in Giappone.

Famiglia

Secondo delle fonti Oda Nobunaga e l'intero clan Oda erano discendenti di entrambi i clan Fujiwara e Taira. (precisamente il ramo di Taira no Shigemori). La sua discendenza può essere direttamente ricondotta al suo bis-bis-nonno Oda Hisanaga, seguito da Oda Toshisada, Oda Nobusada, Oda Nobuhide, e Nobunaga stesso.

Famiglia diretta

Nobunaga era il figlio più grandei di Nobuhide, un signore minore della provincia di Owari, e Tsuchida Gozen, che era anche la madre di tre dei suoi fratelli (Nobuyuki, Nobukane, and Hidetaka) e due sorelle (Oinu e Oichi).
  • Padre: Oda Nobuhide (1510–1551)
  • Madre: Tsuchida Gozen (morta 1594)
  • Fratelli
    • Oda Nobuhiro (morto 1574)
    • Oda Nobuyuki (1536–1557)
    • Oda Nobukane (1548–1614)
    • Oda Nagamasu (1548–1622)
    • Oda Nobuharu (1549–1570)
    • Oda Nobutoki (morto 1556)
    • Oda Nobuoki
    • Oda Hidetaka (morto 1555)
    • Oda Hidenari
    • Oda Nobuteru
    • Oda Nagatoshi
  • Sorelle:
    • Oichi (1547–1583)
    • Oinu, sposata con Saji Nobukata



domenica 18 dicembre 2016

Saigō Takamori

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Saigō Takamori (西郷 隆盛; Kagoshima, 23 gennaio 1828 – 24 settembre 1877) è stato un militare giapponese, samurai del feudo di Satsuma. Operò prima a favore e poi contro la Restaurazione Meiji. Perì nella battaglia di Shiroyama, probabilmente suicida.

Biografia

Primi anni

Saigō nacque durante il decimo anno dell'era Bunsei a Kagoshima nel dominio di Satsuma (attuale prefettura di Kagoshima) da una famiglia di samurai, fratello di Saigō Tsugumichi. Nel 1854 gli venne conferito l'incarico di assistere il daimyō di Satsuma, Shimazu Nariakira, in una spedizione a Edo volta alla riconciliazione con lo shogunato dei Tokugawa e la corte imperiale. La sua attività nella capitale del bakufu venne bruscamente interrotta a causa della purga Ansei, voluta dal Tairō Ii Naosuke contro le attività e le forze anti-shogunali, e dell'improvvisa morte di Shimazu Nariakira.
Saigō riparò dunque a Kagoshima, ma venne comunque arrestato e confinato nell'isola di Amami Ōshima. Fu temporaneamente richiamato a Satsuma nel 1861 dal nuovo Daimyo della provincia, Shimazu Hisamitsu, solo per essere bandito una seconda volta. Hisamitsu gli concesse finalmente la grazia tre anni più tardi e lo inviò a Kyōto per curare gli interessi provinciali presso la corte imperiale.

Il ruolo durante il Rinnovamento Meiji

Una volta assunto il comando delle truppe di Satsuma a Kyōto, Saigō si apprestò a stringere alleanze con i samurai del feudo si Aizu contro le forze rivali della provincia di Chōshū riuscendo ad impedire che le truppe di questo feudo prendessero il controllo del palazzo imperiale nell'incidente della porta di Hamaguri. Nell'agosto del 1864 Saigō fu scelto con altri comandanti per guidare una spedizione punitiva per conto del Bakufu contro Chōshū in risposta all'incidente, sebbene egli portasse segretamente avanti un negoziato di alleanza con Kido Koin e i vertici delle forze di Chōshū che più tardi risultò nella creazione dell'alleanza Satchō. Quando il bakufu ordinò una seconda spedizione punitiva nei confronti di Chōshū, Satsuma rimase neutrale.
Nel novembre del 1867 lo shogun Tokugawa Yoshinobu rinunciò alla carica, rimettendo il potere nelle mani dell'imperatore gettando le basi del Rinnovamento Meiji. Nonostante ciò Saigō si oppose fermamente a questa risoluzione insistendo sulla necessità di privare i Tokugawa delle loro terre e del loro status particolare. La sua intransigenza su questi temi fu una delle maggiori cause dell'imminente guerra Boshin, durante la quale Saigō guidò alla vittoria le truppe imperiali prima nella battaglia di Toba-Fushimi e finalmente, nel maggio 1868, a Edo dove accettò la resa incondizionata di Katsu Kaishu, a capo delle forze dello shogun.

Burocrate Meiji

Durante il Rinnovamento e la creazione di un nuovo centro di potere operati dagli oligarchi Meiji, tra cui spiccò Okubo Toshimichi, Saigō giocò un ruolo chiave e la sua cooperazione fu cruciale nell'abolizione del sistema feudale e la creazione di un esercito regolare di coscritti. Nel 1871 gli fu affidata la dirigenza del governo durante l'assenza degli oligarchi impegnati nella campagna diplomatica all'estero nota poi come missione Iwakura (che durò fino al 1872).
Inizialmente Saigō si oppose alla modernizzazione forzata del Giappone e all'apertura al commercio con l'Occidente. È degno di nota un episodio in cui tentò di impedire il finanziamento per la costruzione di una moderna rete ferroviaria sostenendo che i fondi sarebbero stati meglio impiegati nel miglioramento dell'esercito. Egli inoltre propugnò alcune campagne militari espansionistiche (assai care alla classe dei samurai), in particolare quella di Corea, e espresse le sue opinioni al dibattito Seikanron del 1873, in risposta al secco rifiuto della Corea di riconoscere l'autorità dell'imperatore Meiji come capo di Stato dell'Impero giapponese, e alla umiliante accoglienza riservata alle ambascerie nipponiche in quel paese volte alla conclusione di accordi diplomatici e commerciali. Le sue ferme intenzioni lo portarono addirittura a proporre l'organizzazione di una sua visita ufficiale in Corea allo scopo di provocare un casus belli dato dal suo eventuale assassinio ad opera dei coreani; ad ogni modo, dopo il ritorno della missione Iwakura, tutti i dirigenti governativi si opposero fermamente a questo piano suicida temendo l'inizio di una guerra sia dal punto di vista economico che dei rapporti di forza con le potenze occidentali, in particolare dopo ciò che gli oligarchi avevano appreso durante la Missione e testimoniato in patria. Dopo questa presa di posizione Saigō si dimise da tutte le cariche di governo in segno di protesta e fece ritorno a Kagoshima nelle sue terre.

La ribellione di Satsuma

Poco tempo più tardi il ritorno di Saigō a Kagoshima, egli vi incoraggiò la fondazione di un'accademia militare tradizionale privata per l'addestramento di veri samurai e concesse l'ingresso anche ai guerrieri che avevano abbandonato le loro cariche a Edo per seguirlo. Questi ultimi, delusi dal governo centrale, iniziarono ad influenzare la politica della provincia tanto da provocare il timore di una rivolta nel governo nazionale, per prevenire la quale fu inviata una spedizione navale a Kagoshima allo scopo di sequestrare gli armamenti dall'arsenale della città; questa decisione presa in uno scenario già teso (anche a causa della conversione in titoli di stato dei salari dei samurai nel 1877), anziché evitarli, fu fonte di successivi conflitti. Sebbene costernato dell'insorgere del movimento rivoltoso Saigō, nel 1877, fu persuaso a guidare i ribelli contro il governo centrale in quella che poi fu nota come ribellione di Satsuma.
La rivolta fu repressa in pochi mesi dall'esercito regolare, un'imponente forza di circa 300.000 coscritti guidati da ufficiali di rango samurai, sotto il comando di Kawamura Sumiyoshi. Le truppe imperiali avevano impiegato tecniche belliche moderne, erano dotate di obici e palloni di avvistamento. I ribelli di Satsuma potevano contare su circa 40.000 uomini che vennero ridotti a soli 400 nell'ultima famosa battaglia di Shiroyama. Sebbene combattessero per preservare il ruolo tradizionale della classe guerriera, utilizzavano tecniche belliche occidentali e armi da fuoco: le cronache dell'epoca riportano che lo stesso Saigō indossava l'uniforme in stile occidentale. Sul finire degli scontri gli insorti, esaurite le munizioni delle armi da fuoco, dovettero attuare tattiche difensive e riprendere in mano le spade e gli archi.
Ferito gravemente durante la battaglia e preferendo la morte alla cattura, Saigō chiese ad un compagno di essere decapitato per preservare il suo onore. Le rappresentazioni artistiche ispirate ad alcune leggende mostrano che Saigō si suicidò secondo il rito del seppuku.
Le testimonianze dei suoi sottoposti sono in realtà discordi, riportando sia che egli riuscì a darsi la morte con il seppuku dopo essere stato ferito, sia che egli pregò che un suo uomo lo aiutasse a morire. Ancora, alcuni ritengono che Saigō in realtà andò in stato di shock a causa delle ferite, perdendo così la capacità di parlare. I suoi soldati vedendolo in questo stato lo avrebbero decapitato consci del suo desiderio di morire come un vero samurai.
Il dato certo è che la morte di Saigō pose fine alla ribellione di Satsuma.
Non è tuttora chiaro cosa accadde alla sua testa subito dopo la sua morte. Alcune leggende affermano che un attendente del comandante la nascose e che fu poi ritrovata da un soldato imperiale. Ad ogni modo, la testa fu effettivamente ritrovata dalle forze governative e restituita al corpo di Saigō che fu ricomposto accanto ai suoi diretti sottoposti Kirino e Murata. All'evento poté assistere un ufficiale militare statunitense, John Capen Hubbard, la cui testimonianza è però poco nota in Giappone.

Cultura di massa

  • In seguito alla sua spettacolare scomparsa nacquero in Giappone molte leggende riguardanti la figura di Saigō, secondo alcune delle quali egli non sarebbe mai morto. Alcune leggende prevedevano il suo ritorno dall'India o dalla Cina dei Qing per il rovesciamento delle ingiustizie. Secondo alcune testimonianze la sua immagine apparve in una cometa verso la fine del XIX secolo, un presagio di sventura per i suoi nemici.
    Saigō aveva goduto di grande popolarità tra i giapponesi, sia perché incarnava i valori originari dei samurai sia a causa della sua fiera opposizione contro l'occidentalizzazione forzata del paese. Dopo la sua morte il suo ampio seguito di sostenitori continuò a ricordarlo affettuosamente tanto che gli oligarchi Meiji ne riabilitarono pubblicamente la figura e le gesta il 22 febbraio 1889.
    Nel dicembre del 1898 gli fu dedicata la celebre statua bronzea ad opera di Takamura Koun collocata nel Parco di Ueno a Tokyo.

sabato 17 dicembre 2016

Tai Shing Pek Kwar

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Il Tai Shing Pek Kwar Mun, cioè Scuola del Grande Saggio e dell'Attacco Fendente (大聖劈掛門, 大圣劈挂门, dàshèngpīguàmén, ta sheng pi kua men) è uno stile delle arti marziali cinesi. Qualcuno lo reputa uno tra i più antichi che si conosca, ma sicuramente la sintesi tra Dashengmen e Piguaquan è avvenuta ad opera di Geng Dehai tra la fine della Dinastia Qing ed il periodo Repubblicano Cinese. Il Tai Shing , Pugilato del Grande Saggio (大聖拳, 大圣拳, dàshèngquán, ta sheng ch'uan), sarebbe un Houquan tramandato dal Maestro Kau Sze (Kou Si, 寇四). Il Pek Kwar (Piguaquan), è un noto stile del Nord della Cina, la cui trasmissione alla famiglia Geng, è invece attribuita al Maestro Ma Chi Ho.
Il Tai Shing Pek Kwar è suddiviso in cinque diverse categorie dette Wulu Houquan (五路猴拳, Pugilato della Scimmia delle Cinque Vie), una per ognuno dei tipi di comportamento delle scimmie individuati da Kau Sze durante la loro osservazione. Esse sono:
  • la Scimmia che desidera (企猴, 企猴, qǐhóu, ch'i hou),
  • la Scimmia di pietra (石猴, 石猴, shíhóu, shi hou),
  • la Scimmia ingannevole o perduta (迷猴, 迷猴, míhóu, mi hou),
  • la Scimmia di legno (木猴, 木猴, mùhóu, mu hou),
  • la Scimmia ubriaca (醉猴, 醉猴, zuìhóu, tsui hou).

Le origini e lo sviluppo dello stile

Il Maestro Kau Sze e lo stile Tai Shing

Secondo Chan Kai Leung, Kau Sze era esperto dello stile Ditangquan (Tei Tong). Due articoli in lingua Cinese, invece, sono concordi nell'affermare che Kau Sze, originario dello Shaanxi studiò genericamente arti marziali con un vecchio monaco Buddista (老僧, Laoseng). Durante l'epoca della dinastia Qing, per alcuni nel 1899-1900, Kau Sze fu imprigionato e durante tale prigionia ebbe la possibilità di osservare un gruppo di scimmie che vivevano lì. Dopo aver studiato intensamente ogni movimento e dopo aver incorporato questi nuovi movimenti nello stile che conosceva, fondò un nuovo ed insolito metodo di lotta che chiamò Grande Saggio (大聖, 大圣, dàshèng, ta sheng) in onore di “Sun Wukong”, il re delle scimmie protagonista del popolare racconto cinese “Viaggio in Occidente” attribuito all'erudito Wú Chéng'ēn.
Uscito di prigione, dopo aver scontato la sua pena, Kau Sze, insieme al suo migliore amico Ke Yung Kwai (Geng Ronghui, 耿榮貴), ricodificò lo stile “Tai Shing” nelle cinque sezioni elencate.

Kau Sze e Leung Yee Tai

Una storia riferisce che il giovane Kau Sze divenne allievo dell'anziano Maestro Leung Yee Tai nel 1700. Questa storia contiene alcune informazioni strane, infatti Kau Sze, per poter aver insegnato a Ken Tak Hoi, deve essere vissuto tra la fine del 1800 ed inizi del 1900. Un altro elemento strano è il nome del maestro Leung Yee Tai che stranamente coincide con il nome di un celebre maestro di Wing Chun vissuto alla fine del 1800, cioè Liang Erdi (梁二娣). Questa storia, come altre che analizzeremo in seguito rivelano una certa commistione con storie di altri stili del Sud che poco hanno invece a che vedere con il Dasheng Piguamen.

Il Tai Shing Men da Kau a Ken Tak Hoi

Questo è il lignaggio nel Tai Shing Men che si riscontra in tutte le fonti dello stile: Ditangquan → Kau Sze (Kou Si, 寇四)→ Ken Tak Hoi (Geng Dehai, 耿德海). l'articolo Dasheng Piguamen Neirong oltre a Geng Dehai 耿德海 afferma che Kou Si insegnò a Pan Delin 潘德林, Gao Jun 高俊, He Debao 何得寶 e Li Hong 李鴻.

Il Maestro Ma Chi Ho e lo stile Pek Kwar

Il Piguaquan è uno stile del Nord della Cina, praticato nell'area di Cangzhou in Hebei. L'articolo Tai Shing Pek Kwar afferma che Ma Chi Ho, sviluppò lo stile Pek Kar (Piguaquan). Una famiglia Ma di famosissimi praticanti di Piguaquan fu quella a cui appartenevano Ma Fengtu e Ma Yingtu. Essi appresero questo stile dal padre Ma Jieyuan (马捷元), che a sua volta lo avrebbe appreso dal padre Ma Huatang (马化堂) oppure da Huang Linbiao (黄林彪).

Storie non Confermate su Ma Chi Ho

Le storie seguenti che indicano Ma Chi Ho come fondatore del Piguaquan (stile antico del Nord della Cina), come avvenuto per il Dashengmen lo inseriscono in un contesto del Sud della Cina, con riferimenti geografici e nominali difficilmente verificabili. Le riportiamo in quanto circolano negli ambienti marziali, anche se è difficile risalirne anche alle fonti. Qualcuno riferisce che Ma Chi Ho iniziò la pratica delle arti marziali all'età di sette anni sotto l'insegnamento di un suo zio di nome Chan Chuen Wu il quale era istruttore del clan ed era stato uno dei praticanti nel tempio di Shaolin del Sud nella provincia di Fukien (Fujian). Dopo una decina di anni, visti i grandi progressi di Ma Chi Ho, lo zio, anche in conseguenza dell'età avanzata, lo portò da un suo vecchio compagno di nome Lee Mau Tan, abate nel Tempio Taoista della città di Fa Hai nel Qingdao. Lo stile che Lee Mau Tan insegnava nasceva da un particolare sistema di Kung Fu conosciuto come Lee Kwar (Lijiaquan). Dopo una dimostrazione delle sue qualità, Ma Chi Ho venne accettato come allievo. Il giovane Ma Chi Ho rimase con il Maestro Lee per un periodo di quattro — cinque anni durante i quali apprese le tecniche del Lee Kwar, conosciuto per le caratteristiche dei pugni a corta distanza diretti, e per i calci molto potenti dalla vita in giù. Passato questo periodo di formazione, Lee Mau Tan diede a Ma Chi Ho una lettera di raccomandazione per uno dei più importanti maestri dell'epoca, il monaco Fok Pek, intimo amico del monaco Lee Mau Tan. Fok Pek accetta Ma Chi Ho che, per un periodo di sei anni, studia diligentemente lo stile del Maestro Fok caratterizzato da tecniche di palmo, da tecniche circolari e da tecniche di calci simili all'Hung Gar, ma più dolce e rilassato rispetto a questo. Ritornato a Fa Hai passò quasi un anno riordinando tutto il suo sapere e fondando un nuovo sistema che chiamò Pek Kwar in omaggio ed alla memoria dei suoi maestri. Il suo stile si caratterizzò per le posizioni basse, l'uso delle braccia come se fossero armate di asce, l'utilizzo di percorsi circolari e linee di attacco angolate e movimenti veloci e potenti.
La prima scuola l'aprì a Fuen Fok ed iniziò l'insegnamento del suo stile. Nello stesso periodo aprì una clinica medica dove sviluppò anche le sue conoscenze della medicina cinese.
Dopo quattro o cinque anni, ritornò nella sua città natale di Fa Hai, dove riprese ad insegnare. Qui conobbe Ken Ming Kwai che divenne suo allievo ed al quale insegno il Pek Kwar. Quest'ultimo ebbe un figlio, Gang Yung Kwai, anch'egli esperto di Pek Kwar che sposò Hue Fang, figlia di un noto mercante di Fatshan che diede alla luce due figli maschi: Yim Sing Pak (che morì pochi mesi dopo la nascita) e Ken Tak Hoi.

Il Piguaquan da Ma Chi Ho a Ken Tak Hoi

Questo è il lignaggio di Piguaquan che si deduce da Tai Shing Pek Kwar: Ma Chi Ho→ Ken Ming Kwai → Ken Yung Kwai (Geng Ronghui, 耿榮貴)→ Ken Tak Hoi (Geng Dehai, 耿德海)
Chan Kai Leung afferma, senza però alcuna conferma esterna alla scuola Tai Shing Pek Kwar, che Kan Wing Kwai (dovrebbe trattarsi di Ken Ming Wai) era il maestro più famoso di Piguaquan della sua epoca. Chan Kai Leung afferma anche che egli apprese lo stile all'interno della sua famiglia, al contrario dell'articolo da cui è stato preso il lignaggio precedente.



Il Maestro Ken Tak Hoi e lo stile Tai Shing Pek Kwar

Ken Tak Hoi (Geng Dehai, 耿德海) all'età di 13 anni, dopo la morte dei genitori si recò a vivere come laico nel monastero Chin Wan Ji (monastero della Nuvola Verde, 青云寺, Qingyunsi). Durante la sua permanenza al monastero condensò lo spirito della filosofia del Pek Kwar in quattro principi. Dopo aver trascorso alcuni anni nel monastero della Nuvola Verde, Ken Tak Hoi si recò a trovare lo “zio” (il termine zio è usato per riferirsi a persone per le quali si nutre un profondo rispetto) Kau Sze, fraterno amico del padre. Fu così che Kau Sze prese sotto la sua protezione Ken Tak Hoi. Quest'ultimo si dimostrò un discepolo diligente ed impegnato ottenendo grandi miglioramenti nella pratica delle arti marziali.
Maturate le sue conoscenze, Ken Tak Hoi unificò lo stile Tai Shing con lo stile Pek Kwar aprendo successivamente numerose scuole a Canton e ad Hong Kong. Nacquero così due correnti diverse dello stile Tai Shing Pek Kwar, una con base a Canton ed a capo il Maestro Chui Kwong Yuen e l'altra con base ad Hong Kong ed a capo i Maestri Chan Sau Chung e Cho Chi Fung. In queste due scuole studiarono e si svilupparono gli attuali maestri del Tai Shing Pek Kwar.

Le caratteristiche dello stile

Gli elementi caratteristici

Con una buona reputazione di potenza e ferocia, la scimmia affronta animali di ogni taglia e peso facendo della crudeltà e dell'aggressività il punto di forza del suo metodo di combattimento. La boxe della scimmia è fra le più esoteriche forme di combattimento ed il suo obbiettivo è dominare e battere l'avversario impegnandolo in un flusso ininterrotto di azioni e reazioni. Questa strategia di combattimento viene condotta da posizioni basse e raccolte.
Nello studio dello stile della scimmia esistono molti principi che ogni praticante deve sviluppare.
  • Sorprendere l'avversario. Il praticante dello stile scimmia, attacca in velocità usando potenti tecniche ed impegnando l'avversario in una lotta senza quartiere colpendo le zone del corpo fino ad atterrarlo e sconfiggerlo.
  • Sviluppare la mobilità. Lo stile scimmia permette di essere mobili nel combattimento corpo a corpo a breve distanza. Il praticante ha la possibilità di controllare il cambio della direzione ogni volta, spostandosi da una parte all'altra o manovrando anche in circolo intorno al suo nemico. Molti dei movimenti della scimmia tendono a bloccare un avversario con attacchi dal suolo. Quando si crea un'apertura nella guardia nemica, bisogna usare tutta la velocità possibile per risolvere lo scontro. La confusione creata, spesso disorienta l'avversario, il che vi permetterà di portare un contrattacco a piena potenza. Posizioni basse combinate con movimenti evasivi sono i principi base da osservare nei confronti dell'avversario.
  • Imparare a combattere a terra. Lo stile scimmia offre ai suoi allievi una tecnica non disponibile in altri stili. Cioè l'abilità di difendersi e la conoscenza delle tecniche di combattimento al suolo.
  • Sviluppare l'imitazione. C'è distinzione tra imitare una scimmia e diventare una scimmia. Pur ammirando le esibizioni acrobatiche degli stilisti della boxe della scimmia nelle competizioni è da considerare queste performance delle ripetizioni di sequenze che mimano i movimenti della scimmia. Quando si applica una tecnica, invece, si diventa una scimmia, non si interpreta un ruolo, ma si assume la mentalità dell'animale. Raggiungere tale livello richiede anni di lavoro per liberarsi dai limiti umani e tornare agli atavici istinti animali.



I settori dello stile

Il Tai Shing Pek Kwar è suddiviso in cinque diversi settori, che come abbiamo visto, nel loro insieme prendono il nome di Wulu Houquan. Uno per ognuno dei tipi di scimmia individuati da Kau Sze durante la sua osservazione del comportamento delle scimmie fatta quando era ancora in prigione. Essi sono: la scimmia alta (qi hou ), la scimmia di pietra (shi hou ), la scimmia ingannevole o perduta (mi hou ), la scimmia di legno (mu hou ) e la scimmia ubriaca (zhui hou ). Ognuno di questi settori riflette una particolare capacità delle scimmie:
  • la leggerezza o temerarietà (, , qīng, ch'ing),
  • l' agilità o destrezza (, , líng, ling),
  • la capacità di assalire (, , pū, pu),
  • l'astuzia (, , diāo, tiao),
  • la capacità di cadere (, , diē, tie).
In altre parole il Tai Shing ha i suoi principi di manovra per afferrare, eseguire le cadute, lanciare un attacco e per saltare ed girarsi con leggerezza. Questi principi comprendono tecniche di attacco diretto ed indiretto, nonché tecniche elusive ed imprevedibili, per muoversi furtivamente ed essere distruttivo nell'azione. Ciascuno di questi principi viene impiegato nelle cinque sezioni, anche se poi ciascuna scimmia ha un suo unico singolare metodo di lotta. Secondo Dasheng Piguamen Neirong questi settori sono il retaggio del Dashengmen di Kou Si.
In alcune classificazioni si fa anche riferimento ad un ulteriore sesto settore denominato la scimmia furba che però è stato assorbito nel settore della scimmia perduta.

La scimmia alta

La scimmia alta (企猴) non oscilla come le altre, ma utilizza posizioni più convenzionali. Il suo stile si adatta al combattimento a lunga distanza e tende, nei suoi attacchi, a colpire i punti vitali dell'avversario. Tra i Tao Lu di questa sezione si possono ricordare le forme Tang Li Jie caratterizzate dal loro lavoro sulla respirazione.

La scimmia di pietra

La scimmia di pietra usa la forza fisica per contrastare il suo avversario. È certamente il settore in cui la scimmia sviluppa maggiormente il lavoro di potenza utilizzando il metodo del corpo di acciaio della scimmia. Tao Lu come la forma Shih Hou Chuan (il pugno della scimmia di pietra) evidenziano la potenza delle tecniche sviluppate in questa sezione.

La scimmia perduta

La scimmia perduta o ingannevole guarda spaventata e confusa per ritrovare la via smarrita e ricongiungersi al proprio gruppo. Intanto però tenta di mangiare tutti i frutti e gli insetti che trova nel nuovo territorio, mentre si guarda nervosamente intorno. Ma questa è un'apparenza. La scimmia perduta è rapida nei movimenti sia nel lavoro dei piedi che in quello delle braccia e per il suo avversario è difficile seguirla e rispondere ai suoi attacchi. Essa illude l'avversario inducendolo in un falso senso di sicurezza ed aspetta per attaccarlo nel momento più opportuno. La grande mobilità di questa sezione è evidenziata in Tao Lu quali le forme Tao Du Chao nelle quali la rapidità degli spostamenti disorientano il nemico come anche lo scambio continuo tra posizioni alte e basse.

La scimmia di legno

La scimmia di legno è un combattente molto aggressivo e non mostra mai paura di fronte al suo avversario. Essa utilizza movimenti tranquilli e misurati sempre in cerca di un varco nella difesa avversaria. Quando attacca è così aggressiva che il suo nemico difficilmente riesce a resistere ai suoi assalti diretti al viso o ai punti vitali. Tra i Taolu di questa sezione sono da ricordare la forma Xiao Meihuaquan (in Wade Gilles Hsiao Mei Hua Chuan) che si sviluppa affrontando avversari provenienti da diverse direzioni, la forma Pugilato della traccia perduta (Mizongquan) (迷綜拳, 迷综拳, mízōngquán, mi tsung ch'uan) e la forma antica Fang Chuan.

La scimmia ubriaca

Il settore della Scimmia Ubriaca è il primo che viene descritto dalla Dasheng Piguamen Guoshu Zonghui che lo considera anche il più importante. Sempre la stessa fonte riferisce che Geng Dehai era particolarmente versato proprio in questo settore. Tale settore vuole imitare una scimmia che quando si ubriaca diventa imprevedibile nel suo comportamento. Essa sembra aver perso il controllo e si muove in modo incontrollato alternando movenze lente e morbide a movimenti duri perdendo l'equilibrio nel modo di muoversi e cadendo anche a terra. La scimmia ubriaca è però capace di eseguire attacchi potenti e ben diretti privilegiando gli occhi, la gola, i testicoli. Quando essa è a terra attende implacabile il suo nemico, pronta a lanciare attacchi devastanti alle sue ginocchia o all'area dei testicoli. Nello stile della scimmia ubriaca si evidenzia l'uso dell'energia interna rispetto agli altri settori. È certamente il settore più complesso da imparare, ma certamente è quello più potente e devastante. La fluidità e la morbidezza delle tecniche di questa sezione come anche l'alternanza di movimenti lenti e di tecniche esplosive si evidenzia nei suoi Taolu tra i quali ricordare, a titolo di esempio, le forme Hou Quing Shi, Hou Huan Shi, Hou Zhang She, Hou De Han, Hou Wei Shi, Hou Yu Bei o le forme Hou Huan Ti (Il Re delle Scimmie) con le loro spettacolari movenze.
Complessivamente nel Tai Shing Pek Kwar si contano, nelle cinque sezioni, oltre 160 Taolu tra quelli a mano nuda e quelli con le armi.

Le armi

L'arma principe dello stile Tai Shing Pek Kwar è certamente il bastone (Kun). Questo viene utilizzato sviluppando tecniche potenti e di ampio respiro. Tra i Taolu di bastone le forme Hou Zhang Kuang (la scimmia pazza) la forma del bastone d'argento.
Altre armi utilizzate sono la sciabola (Tao Lu di scimmia ubriaca), la spada o la doppia spada uncinata (Tao Lu del tornado).

Influenze dello stile scimmia in altri stili

Elementi del Tai Shing Pek Kwar sono stati utilizzati anche all'interno di altri stili di combattimento influenzandone la struttura. Il caso forse più evidente è quello dello stile della mantide religiosa (tanglangquan) che ha derivato tutto il lavoro delle gambe e degli spostamenti dallo stile della scimmia.
Anche nell'Hung Gar ci sono riferimenti al Tai Shing Pek Kwar. In particolare esiste una forma di bastone chiamata "il bastone del re delle scimmie" praticamente identica nei due stili. Esiste inoltre, nell'Hung Gar, una forma di sciabola chiamata "la sciabola del Tai Shing Pek Kwar". Questi riferimenti lasciano intuire che tra maestri dei due stili devono esserci stati degli stretti contatti che hanno portato a degli scambi.

Il Tai Shing Pek Kwar in Italia

Il Tai Shing Pek Kwar giunge in Italia con il Maestro Mou Ping (1902 - 1984) negli anni '70. Il Maestro Mou Ping, appartenente alla quinta generazione della scuola di Canton, avendo militato nell'esercito nazionalista fugge dalla Cina per evitare la repressione del regime comunista. Nel suo peregrinare, Mou Ping, giunge prima in Svizzera, passa poi in Italia dove vive per un breve periodo a Reggio Calabria e si stabilisce definitivamente in Francia nella città di Tolone dove morirà.
In Italia fa la sua conoscenza il Maestro Fulvio Firmaturi (1951 -) di Palermo. Il Maestro Mou Ping lo accetta quale allievo diretto e Firmaturi studia con lui e con il figlio divenendo un Maestro della 6ª generazione che insegnerà lo stile nella città di Palermo.
Ad oggi quindi lo stile sopravvive negli Stati Uniti (ramo di Hong Kong) ed in Italia, a Palermo (ramo di Canton) con i Maestri appartenenti alla 7ª generazione tra il quale Umberto Garofalo e i suoi discepoli che apparterranno all' 8ª generazione del tai shing pek kwar

venerdì 16 dicembre 2016

Quattro grandi romanzi classici

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I Quattro grandi romanzi classici (四大名著, sì dà míng zhù) della letteratura classica cinese sono quattro romanzi comunemente ritenuti dagli studiosi i più importanti e quelli che hanno avuto la maggiore influenza sul romanzo tradizionale cinese.
I quattro grandi romanzi classici possono essere considerati il punto più alto del romanzo classico cinese e hanno influenzato l'immaginario non solo letterario: alle vicende e ai personaggi di questi romanzi si sono ispirati in tempi recenti anche molti giochi, film ed altre forme di intrattenimento cinesi, taiwanesi, coreane, giapponesi e vietnamiti.
I quattro grandi romanzi classici sono:
  • Il romanzo dei tre regni (三国演义, Sānguó yǎnyì) di Luo Guanzhong (罗贯中), 1361
  • I Briganti (水浒传, Shuǐhǔ zhuàn) conosciuto anche come I ribelli di Liang shan, Storia in riva all'acqua, Storia della Palude, Sul bordo dell'acqua, di Shī Nài'ān (施耐庵) e Luo Guanzhong (罗贯中), 1368
  • Il viaggio in Occidente (西游记, Xīyóu Jì) conosciuto anche come Il re scimmia, Scimmiotto, di Wú Chéng'ēn (吴承恩), 1590
  • Il sogno della camera rossa (红楼梦, Hónglóu mèng) di Cao Xueqin (曹雪芹, Cáo Xuěqín), 1792

Il quinto grande romanzo classico

A causa delle sue descrizioni esplicite di sesso il romanzo del XVI secolo La prugna nel vaso d'oro o Chin P'ing Mei (金瓶梅, Jīn Píng Méi) è stato bandito per la maggior parte della sua esistenza. Nonostante questo alcuni studiosi e scrittori, tra cui Lu Xun, lo collocano tra i migliori romanzi cinesi. Tra gli studiosi di letteratura il romanzo è considerato di gran pregio. Così a volte è considerato il quinto romanzo classico.

giovedì 15 dicembre 2016

Tori (arti marziali)

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Nelle arti marziali giapponesi, tori è colui il quale esegue una tecnica, in antitesi a uke, che è colui la riceve. La traduzione dei vocaboli Tori (colui che conduce l'azione) ed Uke (colui che subisce l'azione), comunemente usata, è leggermente impropria perché in diverse occasioni esistono scambi di ruoli; forse sarebbe più appropriato parlare di “protagonista” e “comprimario” prendendo a prestito definizioni dal teatro.
L'azione di tori cambia sempre in funzione della risposta di uke e viceversa. L'esatto ruolo di tori varia nelle differenti arti marziali e spesso anche all'interno di una stessa arte marziale, a seconda dalla situazione. L'azione, maggiormente frequente nelle arti marziali, di tori è una tecnica di proiezione in cui uke deve cadere a terra. Il compito di tori è di far sì che il suo controllo sulla caduta di uke, sia presente dall'inizio alla fine della tecnica eseguita.

mercoledì 14 dicembre 2016

Sanada Yukimura

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Sanada Yukimura (真田 幸村; 1567 – Osaka, 3 giugno 1615) è stato un militare e samurai giapponese.
Secondo figlio del daimyō del periodo Sengoku Sanada Masayuki (真田 昌幸), il suo nome alla nascita era Sanada Nobushige (真田 信繁), ma lo cambiò a causa del fratello più giovane di Takeda Shingen, Takeda Nobushige, un guerriero coraggioso e rispettato. Era conosciuto anche con il nome di Ben-maru (弁丸) e Saemon-suke (左衛門佐). Era inoltre soprannominato "l'eroe che può apparire solo una volta in cent'anni" e anche "demone cremisi della guerra", e era solito chiamarlo "il guerriero numero uno in Giappone" (日本一の兵 significa originariamente soldato, ma qui viene letto come "tsuwamono" che significa guerriero o samurai, cosicché non è poi così appropriato tradurlo con il termine "soldato").

Biografia

Era il secondo figlio di Sanada Masayuki, essendo Sanada Nobuyuki suo fratello più grande. Sposò Akihime (Chikurin-in), figlia di Ōtani Yoshitsugu e figlia adottiva di Hideyoshi Toyotomi. Ebbero tre figli maschi, Daisuke (Yukimasa) Daihachi (Morinobu) e Gonzaemon Yukishin, e molte figlie femmine. Nel 1575, la battaglia di Nagashino tolse la vita ai due fratelli più grandi di Sanada Masayuki. Masayuki, avendo servito Takeda Shingen e Takeda Katsuyori come vassallo, ereditò il controllo del clan Sanada e partì alla volta del castello di Ueda. Nobushige lo seguì, prendendo inoltre il nome Sanada. Entro il 1582, le forze del clan Oda e del clan Tokugawa distrussero il clan Takeda.
Il clan Sanada in un primo tempo si arrese ad Oda Nobunaga, ma, dopo l'incidente di Honnōji, tornò ad essere indipendente di nuovo, spostandosi sotto daimyo più potenti, come il clan Uesugi, il clan Hōjō e il clan Tokugawa. Inoltre, il clan Sanada divenne vassallo di Toyotomi Hideyoshi. Durante questo periodo, Hideyoshi trattò con grande cura e rispetto Nobushige. La bontà di Hideyoshi si evince dal fatto che a Nobushige fu dato il permesso di usare il cognome del clan Toyotomi, che era quello del clan Kanpaku in quel periodo. Perciò, talvolta si ricorda (come lo stesso Nobushige) come Toyotomi Saemon-no-suke Nobushige (豊臣左衛門佐信繁). Inoltre nel 1594 Hideyoshi Toyotomi adottò Akihime, figlia di Ōtani Yoshitsugu, per poi darla in sposa a Nobushige. Nel 1600, Tokugawa Ieyasu riunì parecchi daimyō per attaccare Uesugi Kagekatsu (上杉景勝). Tra questi figurava anche il clan Sanada, ma quando Ishida Mitsunari decise di sfidare Ieyasu, Masayuki e Nobushige si unirono alle forze occidentali, separando le loro strade da quelle del figlio più grande di Masayuki e dal fratello di Nobushige, Nobuyuki (真田信之), che si unirono alle forze orientali. Il vero motivo della scelta di Masayuki e Nobushige è studiato da svariate teorie, ma ci sono due scuole di pensiero principali: secondo una, Masayuki prese la decisione (e Nobushige fu d'accordo); egli espresse la volontà di rischiare una sorta di scommessa col destino, cosicché se si fossero schierati con la parte più debole e avessero vinto la battaglia, la famiglia Sanada avrebbe guadagnato molto più potere. L'altra teoria è praticamente opposta e spiega il loro comportamento come la tessitura di una rete di sicurezza; Masayuki, Nobushige e Nobuyuki discussero la situazione quando Ieyasu gli chiese di decidere chiaramente con quale parte schierarsi, ed essi decisero di unirsi ad entrambi gli schieramenti separatamente, così che, indipendentemente dall'esito della battaglia, la famiglia Sanada sarebbe comunque sopravvissuta. C'è inoltre da considerare che poco prima della morte di Hideyoshi Nobuyuki si era unito in matrimonio con Komatsuhime, figlia di sangue di Honda Tadakatsu, uno dei quattro Shitennō di Tokugawa e figlia acquisita di Ieyasu, il che aveva messo Nobuyuki nella scomoda situazione di poter vantare un legame famigliare con entrambe le parti in lotta.
I Sanada si ritirarono nel castello di Ueda fortificandolo. Quando Tokugawa Hidetada marciò con un'armata considerevole sul Nakasendō, i Sanada resistettero e furono in grado di combattere i quarantamila uomini di Hidetada con solo duemila uomini. Comunque, ci volle più tempo di quello che si pensava per prendere il castello. Hidetada perse la concentrazione e non si fece mai vedere sul campo di battaglia durante la Battaglia di Sekigahara, dove la forza principale stava aspettando l'arrivo dell'armata cruciale, un errore che mise il clan Tokugawa in pericolo.
A causa di ciò, Tokugawa Ieyasu volle cancellare i Sanada, ma, per via della partecipazione di Nobuyuki alla sua stessa causa, essi furono risparmiati e invece esiliati a Kudoyama, nella provincia di Kii. Qui Masayuki morì. Dodici anni dopo, col peggiorare delle relazioni tra il clan Toyotomi e lo shogunato Tokugawa, i Toyotomi incominciarono a reclutare rōnin per prepararsi alla guerra. Nobushige scappò da Kudoyama ed entrò nel castello di Osaka per rispondere alla chiamata.
Durante la campagna invernale dell'assedio di Osaka, Sanada Nobushige costruì fortificazioni lungo la parte sud del castello di Osaka nei suoi punti deboli. Da qui, egli sconfisse le forze di Tokugawa (approssimativamente trentamila uomini) con un gruppi di seimila archibugeri.
Comunque, grandemente messe in minoranza dalle forze di Tokugawa, le forze di Nobushige furono infine sconfitte. Stando al libro La vita dello Shogun Tokugawa Ieyasu (The Life of Shogun Tokugawa Ieyasu) di A.L Sadler, nel suo intenso combattimento contro le sopraggiungenti truppe di Echizen, Nobushige fu ferito e, essendo completamente esausto quando Nishio Nizaemon dell'armata di Echizen giunse presso di lui, si dice che abbia esclamato: "Io sono Sanada Nobushige, un avversario senza dubbio al tuo pari (se non sicuramente superiore), ma sono troppo esausto per combattere ancora" e permise così di essere ucciso, nonostante molti studiosi sono dell'idea che invece morì a causa della fatica. La sua tomba si trova ad Osaka.

La leggenda

Un fatto riguardante Sanada Nobushige è che, nelle prime fonti storiche e nelle lettere scritte personalmente da lui, non venne mai chiamato Yukimura. Il nome apparve per la prima volta in una novella di carattere militare scritta durante il periodo Edo e da qui il nome è stato reso popolare in commedie moderne, libri, racconti e in diversi modi d'intrattenimento. I documenti storici utilizzano il suo nome storico: "Nobushige", il suo nome "di penna", ossia "Nobushige" , non viene mai menzionato. Una delle teorie è che il nome Nobushige fosse una parola macedonia tra Masayuki (il nome del padre) e Date Tsunamura. Un'altra invece afferma che il suo nome onorava il grande samurai Takeda Nobushige del clan Takeda, di cui i Sanada erano vassalli.
Una leggenda dice che Nobushige ebbe al suo fianco dieci eroi che ebbero un ruolo attivo nelle battaglie del Castello di Osaka. Questi venivano chiamati I Dieci Coraggiosi di Sanada (真田十勇士, Sanada Jūyūshi) o I Dieci Eroi di Sanada, un gruppo di ninja formato dai seguenti membri:
  • Sarutobi Sasuke
  • Kirigakure Saizo
  • Miyoshi Seikai
  • Miyoshi Isa
  • Anayama Kosuke
  • Unno Rokuro
  • Kakei Juzo
  • Nezu Jinpachi
  • Mochizuki Rokuro
  • Yuri Kamanosuke

Famiglia

Yukimura e Chikurin-in ebbero tre figli maschi, Sanada Daisuke, Sanada Morinobu e Gonzaemon Yukishin e numerose figlie. Il figlio maggiore Daisuke morì assieme al padre nell'assedio di Osaka (anche se alcune fonti raccontano che riuscì a scappare), mentre il secondo figlio Morinobu venne successivamente adottato da Katakura Shigenaga dal quale prenderà anche il cognome Katakura. Shighenaga inoltre prese come seconda moglie Oume, una delle figlie di Yukimura, e ne adottò un'altra. Gonzaemon Yukishin nacque da Chikurin-in nel 1615 poco dopo la morte del padre ad Osaka.