martedì 18 agosto 2015

Daga a rondelle

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Una daga a rondelle è un pugnale originario dell'Europa del tardo medioevo (dal XIV secolo in poi), molto diffuso e utilizzato da una gran varietà di persone dai mercanti ai cavalieri. Era indossato alla vita e poteva essere utilizzato sia come utensile da lavoro che come pugnale in battaglia o come arma secondaria nei tornei.

Descrizione
La lama era in acciaio e in genere era lunga e sottile e con una punta molto appuntita, solitamente era lunga circa 30 cm; il pugnale intero invece arrivava anche ai 50 cm. La daga a rondelle prende il nome per il suo guardamano di forma circolare (o anche ottagonale) e un pomolo circolare o sferico nella parte terminale dell'elsa.
Il codolo della lama si estendeva per tutta la lunghezze dell'impugnatura, che era di forma cilindrica, di solito in legno o in osso. La lama era di solito di forma romboidale, lenticolare, piramidale. La punta era molto affilata e il filo poteva essere su uno o su entrambi i lati.
Era progettata per essere utilizzata in affondo mirando alle ascelle, o sul braccio brandendola con la presa inversa; tuttavia non era escluso l'utilizzo di taglio: la lama è sufficientemente lunga e dritta da potere essere usata anche per tirare fendenti. In battaglia, le daghe a rondelle erano utili per attraversare le cotte di maglia, infatti anche se non erano in grado di perforare le armature a piastre, potevano essere dirette verso le giunture della corazza e contro l'elmo. Questo era spesso l'unico modo con cui si poteva uccidere un cavaliere pesantemente corazzato.
Esistevano poi delle daghe a rondella con una lama a forma di croce, con il filo su ognuno dei quattro spigoli. Potevano essere utilizzate solo per gli affondi, e non per i fendenti, o come utensile da lavoro; queste particolari daghe sarebbero state utilizzate come arma secondaria e quindi come arma di affondo, anticipando la comparsa dello stiletto del XVI secolo.
Le daghe a rondelle che si trovano ai giorni nostri nei musei e nelle collezioni private, solitamente prodotti d'epoca di artigiani-artisti, sono spesso caratterizzate da incisioni nelle lame, impugnature intarsiate e guardamano e pomoli molto decorati.


lunedì 17 agosto 2015

Spada uncinata

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La spada uncinata (caratteri cinesi semplificati 双沟 ; caratteri cinesi tradizionali 雙溝; it. Shuang gou) anche detta Spada a testa di tigre, è una particolare arma bianca del tipo spada originaria delle regioni settentrionali della Cina. Attualmente in uso in alcune discipline delle arti marziali cinesi, si suppone possa essere di origini antichissime, forse sviluppata al Periodo dei regni combattenti (453-221 a.C.).

Informazioni
La spada uncinata è costituita da una lunga lama anteriore (un po' più lunga di una sciabola e un po' meno di una Kim) che termina con un uncino rivolto verso l'avversario, dal lato opposto all'impugnatura e presente un pugnale affilato su entrambi i lati della lunghezza di circa 25 cm. Sopra l'impugnatura è montata una lama a mezza-luna, di 25/30 cm, con il duplice scopo di proteggere la mano e di colpire l'avversario.
Oltre al pugnale, viene affilato l'interno della mezza luna, il lato anteriore della spada per il primo tratto, e solo l'esterno dell'uncino; va comunque sottolineato che non è il filo la parte importante che potrebbe essere anche assente soprattutto sulla spada. La parte interna dell'uncino è spessa e robusta per sopportare gli urti degli agganci. Si tratta di un'arma pesante e poco maneggevole, anche per via della sua particolare forma, sfrutta ampi movimenti circolari per acquistare una notevole energia cinetica che viene scaricata all'impatto. L'uncino viene visto, sia per controllare l'arma dell'avversario che per agganciare direttamente il corpo (caviglie, collo, clavicola, polso).
La fattezza ed il modo di utilizzo, fanno pensare ad un'arma del popolo il quale, non potendosi permettere acciaio nobile con cui fabbricare lame efficaci, compone questa ingegnosa arma che, anche grossolanamente fabbricata risulta subito efficace.

Uso
Viene vista sia singola che doppia, nel primo caso ha un utilizzo che ricorda quello della sciabola, con grandi movimenti circolari e colpi di taglio con lo scopo di rompere piuttosto che tagliare. Sono numerose le sequenze di volteggi, anche con rotolamenti o salti, che terminano con colpi secchi ad ascia. Inoltre si vedono gli agganci dell'uncino, alle caviglie (spazzate), alla clavicola o al collo e all'inguine; l'uncino è usato anche per il controllo dell'arma dell'avversario. Usata in coppia, più per dimostrazioni che in combattimento reale, si vedono tecniche di disarmo o addirittura agganciare i due uncini, così lasciando il manico di una delle due spade e facendola roteare può avere l'effetto di una frusta metallica capace di ottenere il massimo danno.


domenica 16 agosto 2015

Shenquan

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Lo Shenquan (神拳, pugilato degli spiriti) è uno stile di arti marziali cinesi che si basa su pratiche energetiche volte a potenziare il corpo del praticante e a farlo evolvere spiritualmente. Ha avuto un ruolo importante nella Rivolta dei Boxer. Secondo alcuni è la contrazione del nome "Shenzu Yihequan" (神助义和拳, Pugili della giustizia e della concordia aiutati dagli spiriti), nome utilizzato da Zhao Sanduo in sostituzione di Meihuaquan. Esso è anche un altro nome del Wenshengquan. Le moderne correnti storiografiche tendono a individuare in questa Scuola di Pugilato, una componente autonoma e paritaria delle altre (Meihuaquan, Hongquan, ecc.), che ha partecipato fortemente alla "Rivolta dei Boxer".

Curiosità

  • Il cartone animato che da noi è famoso come Ken il guerriero in cinese è intitolato Beitou shenquan (北斗神拳).

sabato 15 agosto 2015

Lei Wulong

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Lei Wulong (レイ・ウーロン Rei Uron) è un personaggio immaginario della serie di videogiochi picchiaduro Tekken, apparso per la prima volta in Tekken 2.

Descrizione
Aspetto
Lei è un poliziotto quarantacinquenne di Hong Kong, maestro dei cinque stili del Kung Fu, che nonostante la sua età si tiene in forma allenandosi costantemente.

Caratteristiche
Lei è maestro dei cinque stili di combattimento del Kung Fu: Mantide, Scimmia, Serpente, Tigre e Gru.
Grazie alla sua grande varietà di mosse, Lei possiede molte combinazioni di attacchi equilibrati fra calci e pugni. Una volta messa in atto una posa di combattimento le mosse si sbloccano e permettono di fare nuovi attacchi. Non è solo la grandissima quantità delle mosse la caratteristica di Lei, ma l'equilibrio generale tra le sue capacità fanno sì che non abbia dei punti deboli significativi.
La sua velocità ha subito discrete ma continue migliorie e, rispetto al passato, ha raggiunto dei buoni livelli.

Storia
Tekken 2
Lei Wulong è il detective numero 1 della Forza internazionale della polizia di Hong Kong. Un certo numero di morti sono collegate a Kazuya Mishima, così un suo collega andò ad investigare ma fu ucciso da Bruce Irvin, un combattente assunto da Kazuya. La cosa fece andare su tutte le furie Lei, il quale partecipò al torneo per rintracciare la base di Kazuya e vendicare il suo compagno morto.

Tekken - The Animation
Lei Wulong collabora con Jun Kazama per indagare su Heihachi Mishima e la Mishima Zaibatsu durante il torneo.

Tekken 3
Lei, alla fine del secondo torneo è riuscito a catturare Bruce, il quale però scappò. L'aereo di Bruce precipitò, uccidendo tutti i passeggeri a bordo. Le indagini e le intuizioni di Lei lo portano a credere che l'incidente era stato pianificato e crede che Bruce sia ancora vivo. Dopo l'ultimo torneo, Lei tornò al suo lavoro di investigatore del crimine internazionale. Indaga sulle strane scomparse di importanti artisti marziali. Nel corso di queste indagini, incontra Heihachi Mishima. Lei prese in mano i casi della Mishima Corporation e per Heihachi iniziava ad essere un pericolo, così lo invitò al terzo torneo e vedere se aveva abbastanza coraggio per partecipare.

Tekken 4
La vita di Lei è stata consumata, come al solito, dal lavoro della polizia. La sua ragazza, stufa di non vederlo mai per colpa del suo lavoro lo lasciò, così lui cadde in depressione. Allo stesso tempo, Lei fallì un'operazione per portare un criminale alla giustizia. Lei non è riuscito a catturare un agente del sindacato, che avrebbe permesso alla polizia di abbattere il capo del sindacato. Il fallimento è costato alla polizia due anni di intense indagini sotto copertura. Lei prese una sospensione di un mese. Durante la sua sospensione, Lei apprende da un informatore che il sindacato stava complottando per assassinare un pugile partecipante al King of Iron Fist Tournament 4. Lei pensò che partecipando al torneo avrebbe potuto ottenere delle informazioni importanti, bloccare il killer e smascherare il collegamento con il sindacato. Così, Lei partecipa al torneo con la speranza di riguadagnarsi il suo onore.

Tekken 5
Lei Wulong, dopo aver arrestato diversi membri del sindacato alla fine del King of Iron Fist Tournament 4, divenne ben presto interessato ad una serie di attacchi alle palestre di arti marziali in tutta la Cina e ha avviato un'indagine sulla questione. Tra le vittime ci sono diversi famosi maestri di kung fu che Lei conosceva personalmente. Tuttavia, in quel periodo i criminali non si fecero più vivi, così le indagini si bloccarono. Poi Lei ricevette la notizia che simili eventi stavano succedendo anche in Giappone. Lei si convinse senza che i criminali avrebbero colpito il 5º Torneo del Pugno di Ferro, così decise di parteciparvi nuovamente.
Sub-boss di Lei sono Wang Jinrei e Feng Wei. Lei è sub-boss di stage 4 di Bryan Fury, Steve Fox e Feng Wei.

Tekken 6
In cerca di Feng Wei per i suoi reati, i militari mandano Lei in Giappone, ma ritrovatosi senza aiuto torna ad Hong Kong. Con la Cina nel caos e disordini frequenti, Lei diventa impaziente. Lei conosce la vera ragione dei disordini: la Mishima Zaibatsu. Nel tentativo di arrestare Jin Kazama, Lei si iscrive al Tekken 6.
Sub-boss di Lei sono Feng Wei e Kazuya Mishima.

Street Fighter X Tekken
Lei Wulong è presente come personaggio giocabile esclusivamente come DLC nelle versioni per PS3 e PS Vita.
Christie è alla ricerca del suo insegnante, Eddy, il quale è scomparso. Il poliziotto Lei Wulong sta svolgendo indagini al fine di ritrovarlo. Il loro unico indizio è la segnalazione di un uomo che corrisponde alla descrizione di Eddy, avvistato tra le forze armate della Shadaloo e quella della Mishima Zaibatsu che sono alla ricerca del vaso di Pandora in Antartide. Lei ricorda a Christie che loro non sono gli unici a cercare il vaso di Pandora; sono infatti presenti anche due strane persone: un britannico (Dudley) e una keniota (Elena). Visto che questi ultimi sono nelle vicinanze Elena accetta di combattere contro Christie, con grande dispiacere di Lei.
Nel finale Lei informa i suoi superiori che una luce bianca è apparsa improvvisamente, ma non ha avuto alcun segno di radiazioni su di lui e su Christie. In seguito si vede Eddy che gli dice che l'estrazione era stata annullata. Lei dice con rabbia ad Eddy che Christie ha attraversato il mondo intero per cercarlo, ma Eddy chiede a Lei di dire a Christie di dimenticarlo. Più tardi Lei chiede scusa a Christie per non aver fermato Eddy, ma Christie decide di continuare a cercarlo.




venerdì 14 agosto 2015

Cento scuole di pensiero

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L'espressione Cento scuole di pensiero (諸子百家T, 诸子百家, zhūzǐ bǎijiā) viene utilizzata per descrivere il panorama culturale e intellettuale che caratterizzò la Cina nel periodo pre-imperiale, ovvero durante i cosiddetti Periodo delle primavere e degli autunni e Periodo dei regni combattenti, corrispondenti agli anni che vanno dal 770 al 221 a.C..
In questa fase storica il crescente declino della dinastia Zhou aveva gettato l'intero territorio cinese in uno stato di caos e di continui sanguinosi conflitti tra stati confinanti. In corrispondenza di tale situazione di conflitto permanente si assistette alla nascita di svariati intellettuali e pensatori che animarono il dibattito politico e intellettuale dell'epoca, dando vita a una grande varietà di dottrine e teorie filosofiche che di frequente si proponevano la diffusione di nuovi modelli di governo o di organizzazione dello stato. Molti di questi pensatori divennero intellettuali itineranti, che peregrinavano di stato in stato alla ricerca di un sovrano disposto ad ascoltare le loro proposte ed accettare i loro servigi, alla corte dei quali spesso si scontravano con altri intellettuali di diverse convinzioni. Le corti dei sovrani dell'epoca dovettero quindi essere teatro di molte di queste dispute tra pensatori avversari.
Se da un lato l'interpretazione tradizionale cinese ha sempre tramandato l'idea che i letterati dell'epoca fossero divisi in scuole di pensiero ben distinte, basate ciascuna su una propria tradizione testuale e su una trasmissione codificata degli insegnamenti da maestro a discepolo, dall'altro la crescente disponibilità di manoscritti riferibili al periodo in questione ha convinto gli studiosi moderni a mettere in discussione questa interpretazione. Al modello che vuole i pensatori dell'epoca suddivisi in "scuole" e correnti di pensiero codificate, oggi pare più realistica l'interpretazione secondo cui gli intellettuali dell'epoca erano caratterizzati da una impostazione molto meno dogmatica nel pensiero e nel proprio operato. Non si esclude che alcuni di loro potessero costituire dei gruppi accomunati da modelli culturali o ideali affini, ma alla luce delle fonti la definizione di scuola pare appropriata soltanto per gli intellettuali Moisti, da sempre organizzati secondo una struttura organica, gerarchica e codificata intorno agli insegnamenti del proprio maestro. Per tutti gli altri pare più appropriato il titolo di "esperti", a sottolineare il carattere prevalentemente autonomo e indipendente delle loro riflessioni.

Confucianesimo
Il confucianesimo (儒家; Rújiā) è la scuola di pensiero che ha avuto l'influenza più durevole sulla vita cinese. La sua eredità scritta, i classici confuciani, divennero più tardi il fondamento della società tradizionale e per secoli furono la base dell'istruzione richiesta per chiunque volesse occupare cariche pubbliche, attraverso il sistema degli esami imperiali.
Confucio (551-479 a.C.), o Kongzi, "Maestro Kong", guardava agli inizi della Dinastia Zhou come ad un ideale di ordine socio-politico. Egli credeva che un sistema di governo efficace dovesse basarsi su un preciso schema di relazioni fra gli individui, e che il sovrano dovesse essere virtuoso e giusto. Per Confucio, il potere politico e il livello sociale dovevano essere sostenuti da valori etici. Il suo ideale di uomo era lo junzi, l'uomo superiore, il gentiluomo.
Gli uomini dell'Antichità - diceva Confucio - "che volevano organizzare lo stato regolavano prima il loro àmbito familiare ; coloro che volevano regolare il loro ambito familiare, miravano prima a sviluppare la propria personalità; coloro che volevano sviluppare la personalità, prima rendevano nobili i loro cuori; coloro che volevano nobilitare il proprio cuore, rendevano prima veritiero il loro pensiero; coloro che volevano rendere veritiero il loro pensiero, perfezionavano prima il loro sapere". Per Confucio gli uomini sono divisi in tre gruppi: 1) gli uomini perfetti ovvero i saggi, coloro che rappresentano il modello da seguire, avendo raggiunto il più alto grado di perfezionamento, come ad esempio, gli imperatori dell'antica Cina; 2) i nobili ovvero gli uomini superiori (junzi); 3) gli uomini comuni che costituiscono la massa.
Il termine "li" rappresenta un concetto assai complesso, che può definirsi come l'armonizzazione dell'uomo con l'ordine generale del mondo in tutti gli aspetti della vita, dall'osservanza dei riti religiosi statali e familiari alle regole di comportamento del vivere sociale. "Li" è dunque una forza ordinatrice che deve guidare l'uomo nei suoi doveri sia verso gli altri uomini (il rispetto, la cortesia, il tatto, il decoro, l'autocontrollo), che verso gli esseri spirituali superiori (il corretto culto reso al mondo divino e agli antenati). "Li" è insieme la forza cosmica che dà forma e ordine allo stato e alla famiglia[4]. Una fondamentale virtù è il ren, cioè l'umanità che è "la benevolenza che un uomo deve mostrare verso i suoi simili, ma in misura proporzionata ad una precisa gerarchia di legami politici e familiari."[5]. La musica è molto importante poiché è "manifestazione di ordine e armonia, ed espressione di sentimenti nobili ed elevati."
Mencio (371-289 a.C.), o Mengzi, fu un seguace di Confucio che diede un importante contributo alla diffusione dell'umanesimo del pensiero confuciano. Mencio sosteneva che l'uomo era buono per natura, e che nessun sovrano poteva regnare senza il tacito consenso dei suoi sudditi. Un sovrano impopolare e dispotico sarebbe stato punito con la perdita del mandato del cielo.
Diametralmente opposta al pensiero di Mencio fu l'interpretazione del pensiero confuciano di Xunzi (ca. 300-237 a.C.), un altro discepolo di Confucio. Xunzi sosteneva che l'uomo non è buono per natura e che la bontà può essere raggiunta solo con il controllo dei desideri e della condotta.

Legismo
Il legismo (法家; Fǎjiā, "scuola della legge"), elaborato da Han Feizi (morto nel 233 a.C.) e Li Si (morto nel 208 a.C.), sosteneva che la natura umana è incorreggibilmente egoista e che l'unico modo di mantenere l'ordine sociale era l'imposizione di leggi dall'alto, applicate con severità. I legisti esaltavano il potere dello stato, e si concentravano più sulla prosperità e sulla forza militare dello stato che non sul benessere dei sudditi. Propugnavano un metodo di governo di tipo autocratico, basato su un sistema legale chiaro e pubblico (, fǎ, "legge"), su stratagemmi politici volti a ottenere l'obbedienza dei sudditi (, shù, "arte", "metodo") e sulla autorità ferrea di colui che è a capo dello Stato (shì, "potere").
Il legismo influenzò profondamente le basi filosofiche della Cina imperiale. Durante la dinastia Han si operò una sintesi di elementi confuciani e legalisti, creando una forma di governo che sarebbe rimasta in gran parte immutata fino alla fine del XIX secolo.

Taoismo
Il taoismo (道家; Dàojiā) fu la seconda scuola del pensiero cinese per importanza e influenza. La sua formulazione era attribuita al leggendario saggio Laozi (il "vecchio Maestro") 369-286 a.C.). L'attenzione del taoismo si incentrava sull'individuo inserito nel regno naturale piuttosto che sull'individuo inserito nella società. Di conseguenza, lo scopo finale della vita di ogni individuo era la ricerca dell'armonia, adattandosi al ritmo del mondo naturale (e soprannaturale), seguendo la Via (dao) dell'universo.
Opposto per molti versi alla rigida morale confuciana, il taoismo fu per molti aderenti a questa filosofia un complemento alle loro vite ordinate. Un intellettuale generalmente seguiva i precetti confuciani quando era impegnato in una carica pubblica, mentre poteva dedicarsi alla ricerca taoista di armonia con la natura nel suo tempo libero o quando si ritirava a vita privata.

Scuola dello Yin-yang
La Scuola dei Naturalisti, o dello Yin-yang (陰陽家, 阴阳家, Yīnyángjiā) fu una filosofia del Periodo dei regni combattenti che combinava i concetti di yin e yang e dei cinque elementi. È nata negli ambienti divinatori in cui si andava a sostituire gradualmente la scapulomanzia con la divinazione coi rametti d'achillea. I bastoncini venivano correlati alle linee costituenti i trigrammi e gli esagrammi: i bastoncini spezzati rappresentavano l'yin, pari, mente quelli interi lo yang, dispari. Il più conosciuto teorizzatore della scuola fu Zou Yan. Le teorie filosofiche di questa scuola tentavano di spiegare l'universo in termini di forze primarie della natura: le forze complementari dello yin (buio, freddo, femminile, negativo) e dello yang (luce, caldo, maschile, positivo) e i cinque elementi (acqua, fuoco, legno, metallo, terra). Inizialmente, queste teorie erano strettamente associate agli stati di Yan e Qi; più tardi acquistarono spazio nel pensiero filosofico e nelle credenze popolari.

Moismo
Il moismo (墨家; Mòjiā) fu sviluppato dai discepoli di Mozi (470-ca.391 a.C.). Anche se non sopravvisse alla dinastia Qin, il moismo fu considerato una scuola filosofica rivale del confucianesimo nel periodo delle Cento scuole di pensiero. La sua filosofia era basata sull'idea di amore universale (兼爱 jiān'ài): Mozi credeva che "tutti sono uguali davanti al cielo", e che gli uomini dovrebbero cercare di imitare il cielo impegnandosi nella pratica dell'amore collettivo. Convinto che ogni conoscenza debba essere basata sulle percezioni sensoriali piuttosto che sul pensiero astratto, Mozi può essere considerato un precursore dell'empirismo.
Mozi condannava l'enfasi posta da Confucio sui riti e sulla musica, che considerava una stravaganza. Proclamava la superiorità della pace e considerava la guerra uno spreco di forze. Il raggiungimento degli obiettivi sociali, secondo il suo pensiero, richiedeva unità di pensiero ed azione. La sua idea politica era quella di una monarchia d'ispirazione divina: i sudditi dovevano obbedire al sovrano, e il sovrano doveva sempre seguire la volontà del cielo. Vi erano, inoltre, elementi di meritocrazia: Mozi sosteneva infatti che i sovrani dovevano scegliere le persone da destinare alle cariche pubbliche prendendo in considerazione la loro virtù piuttosto che la loro nascita.
Il moismo non attirò più seguaci dopo la fine della dinastia Qin, ma il suo pensiero trovò eco nel pensiero legalista.

Scuola dei Nomi
La Scuola dei nomi (名家; Míngjiā) fu una derivazione del moismo. La sua filosofia, che è stata avvicinata a quella dei sofisti e dei dialettici greci, era centrata sulla definizione e sulla logica. L'esponente di maggior rilievo della scuola fu Gongsun Long.

Storia
Il Taishigong Zixu (太史公自序) nelle Memorie di uno storico (Shiji, 史記) elencava le sei maggiori scuole filosofiche. Lo Yiwenzhi (藝文志) del Libro degli Han (漢書) aggiungeva altre quattro scuole, arrivando ad un totale di dieci (十家; Shijia).
Le scuole di pensiero elencate nel Taishigong Zixu e nel Yiwenzhi furono sviluppate sotto la dinastia Zhou, fino alla repressione operata dall'imperatore Shi Huangdi. Il rogo dei libri e la persecuzione dei filosofi impedì la conservazione della maggior parte dei testi, ma alcune copie esistevano ancora sotto la dinastia Han, come risulta dallo Yiwenzhi. L'imperatore Wudi di Han pose lo studio dei classici confuciani come base degli esami richiesti per accedere alle cariche pubbliche e come fondamenta del sistema educativo.


giovedì 13 agosto 2015

I 7 principi del bushido




samurai

Il Bushidō (la via del guerriero) era il codice di comportamento morale e militare dei samurai del Giappone feudale. Di ispirazione buddista e confuciana, la via richiedeva ad ogni guerriero il rispetto dei principi di onore, giustizia e lealtà. Il non rispetto del codice costituiva un atto deplorevole da espiare con la morte mediante seppuku, il suicidio rituale.


I principi che ogni samurai deve rispettare sono 7:


, Gi: Onestà e Giustizia
Sii scrupolosamente onesto nei rapporti con gli altri, credi nella giustizia che proviene non dalle altre persone ma da te stesso. Il vero Samurai non ha incertezze sulla questione dell'onestà e della giustizia. Vi è solo ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.

, Yu: Eroico Coraggio
Elevati al di sopra delle masse che hanno paura di agire, nascondersi come una tartaruga nel guscio non è vivere. Un Samurai deve possedere un eroico coraggio, ciò è assolutamente rischioso e pericoloso, ciò significa vivere in modo completo, pieno, meraviglioso. L'eroico coraggio non è cieco ma intelligente e forte.

, Jin: Compassione
L'intenso addestramento rende il samurai svelto e forte. È diverso dagli altri, egli acquisisce un potere che deve essere utilizzato per il bene comune. Possiede compassione, coglie ogni opportunità di essere d'aiuto ai propri simili e se l'opportunità non si presenta egli fa di tutto per trovarne una. La compassione di un samurai va dimostrata soprattutto nei riguardi delle donne e dei fanciulli.

, Rei: Gentile Cortesia
I Samurai non hanno motivi per comportarsi in maniera crudele, non hanno bisogno di mostrare la propria forza. Un Samurai è gentile anche con i nemici. Senza tale dimostrazione di rispetto esteriore un uomo è poco più di un animale. Il Samurai è rispettato non solo per la sua forza in battaglia ma anche per come interagisce con gli altri uomini. Il miglior combattimento è quello evitato.

, Makoto: Completa Sincerità
Quando un Samurai esprime l'intenzione di compiere un'azione, questa è praticamente già compiuta, nulla gli impedirà di portare a termine l'intenzione espressa. Egli non ha bisogno né di "dare la parola" né di promettere. Parlare e agire sono la medesima cosa.

名誉, Meiyo: Onore
Vi è un solo giudice dell'onore del Samurai: lui stesso. Le decisioni che prendi e le azioni che ne conseguono sono un riflesso di ciò che sei in realtà. Non puoi nasconderti da te stesso.

忠義, Chugi: Dovere e Lealtà
Per il Samurai compiere un'azione o esprimere qualcosa equivale a diventarne proprietario. Egli ne assume la piena responsabilità, anche per ciò che ne consegue. Il Samurai è immensamente leale verso coloro di cui si prende cura. Egli resta fieramente fedele a coloro di cui è responsabile.



mercoledì 12 agosto 2015

Daba

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Il termine daba è riferito alla tradizionale religione dei mosuo, detti anche moso, un piccolo gruppo etnico i cui membri vivono in alcuni villaggi montani ai confini tra le province cinesi dello Yunnan e del Sichuan e della Regione Autonoma del Tibet, in particolare lungo le rive del lago Lugu. Il termine è anche riferito ai sacerdoti/sciamani di questa religione, i quali, oltre a celebrarne i riti e le cerimonie, sono addetti alla conservazione della tradizione orale dei mosuo tramandata da secoli, visto che la loro lingua non possiede alcun sistema di scrittura.
Il daba è considerato parte dell'animismo.
Sebbene il popolo mosuo abbia adottato come fede anche il buddhismo tibetano, la religione daba racchiude la maggior parte del patrimonio culturale e storico del popolo. La tradizione orale che si tramanda per mezzo dei sacerdoti daba si basa infatti sulla storia e cultura dell'etnia. La limitazione imposta dalle autorità cinesi all'attività di formazione di nuovi daba, considerandoli un'antiquata forma di superstizione, portò a una drastica riduzione del loro numero. Dopo l'abolizione di tali limitazioni, i mosuo si sono organizzati per istruire i giovani dei villaggi a diventare daba per garantire che si continui a tramandarne le tradizioni. Per lo stesso motivo, è stato inoltre dato il via a un progetto per creare un sistema di scrittura della lingua che richiede tempi lunghi di attuazione.
È stato ipotizzato che il daba abbia elementi in comune con il dongba, del quale sarebbe più antico, la religione tradizionale dei vicini Naxi. La fede daba non si è data una struttura organizzativa e non ha monasteri, buona parte delle cerimonie si basa sulla recitazione di alcune dozzine di sutra, tra i quali quello auspicale chiamato libro per il conteggio dei giorni, che contiene 32 pittografie primitive.
Nel corso dei secoli, la religione daba ha assorbito l'influenza del buddhismo tibetano, che secondo fonti cinesi è arrivato tra i mosuo nel periodo compreso tra la fine della dinastia Song (960-1279) e l'inizio della dinastia Yuan (1271-1368). Ma la scuola buddhista tibetana diventata più importante nella cultura popolare è quella del movimento gelugpa, introdotta nella regione dei mosuo nel periodo della dinastia Qing (1644-1911) e supportata da capi-villaggio locali. Le due religioni si integrarono e sono considerate compatibili tra loro.
Sebbene il buddhismo sia arrivato a dominare la vita religiosa dei mosuo, il sacerdote daba ne rappresenta l'anima tradizionale e conserva grande importanza per la lotta agli spiriti maligni. Tra le sue prerogative vi sono la cura dei malati, le cerimonie di sacrifico degli animali e il largo consumo di vino. Ai funerali presenziano sia i monaci buddhisti, che presiedono alla cremazione, che i sacerdoti daba, incaricati di indirizzare l'anima del defunto a Seba'anawa, il paradiso degli antenati mosuo.
Malgrado la società mosuo sia organizzata secondo un sistema matrilineare, in ambito religioso le donne si limitano a fare le offerte agli altari della casa dedicati agli antenati o agli dei, mentre sia i monaci buddhisti che i sacerdoti daba sono esclusivamente uomini. L'etichetta mosuo vuole che ci si prostri tre volte quando si incontra un daba.


martedì 11 agosto 2015

Prana

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Il termine prana (dal sanscrito प्राण, prāṇa) significa letteralmente «vita» e in seconda istanza viene inteso come «respiro» e «spirito».
Secondo la fisiologia induista, tutti gli esseri viventi, in quanto tali, sono dotati di prana, la cui conservazione deriva dal corretto svolgimento di tutte le funzioni psicologiche, emotive e fisiologiche necessarie al mantenimento armonico dell'equilibrio interiore.
Secondo tale filosofia, uno dei modi più evidenti attraverso cui gli esseri viventi ottengono prana è dato dalla respirazione che veicola, oltre all'ossigeno (elemento grossolano) anche la vitalità (elemento sottile) che traiamo dall'aria.
Nello yoga e nelle tecniche di guarigione indiane la capacità di saper padroneggiare il respiro (prāṇāyāma) assume un ruolo fondamentale, poiché attraverso la consapevolezza questo esercizio consente di controllare e regolarizzare eventuali squilibri e disfunzioni dell'organismo, in particolare tra corpo e psiche, ristabilendo la salute spirituale nella sua interezza, in un'ottica olistica.
Nella cultura cinese e giapponese il concetto con significato corrispondente al prana rientra nell'accezione di Ki, mentre in quella europea è identificabile con il termine pneuma; in Occidente è stato assimilato anche al significato di forza vitale, e alla nozione ermetico-esoterica di etere.

Funzione del prana
Nell'ambito della medicina naturopatica ed esoterica si sostiene l'importanza del prana inteso come quel tipo di energia vitale più prossimo al livello fisico, la cui funzione consiste nell'infondere vitalità e vigore all'organismo. Insieme all'energia originaria ereditaria, e a quella intersessuale, esso va a costituire la forza vitale complessiva dell'essere umano, conosciuta nella medicina tradizionale cinese come «Ki». Essendo la più vicina al corpo materiale grossolano, essa è meno sottile di altre forme di energia vibrazionale: mentre queste ultime vengono recepite dai vortici dei chakra principali e attengono soprattutto alla dimensione psichica dell'individuo, il prana viene invece assorbito principalmente attraverso il lavoro svolto dai meridiani, ossia i canali di energia che scorrono lungo il corpo eterico e hanno natura essenzialmente elettrica. A differenza delle vibrazioni più elevate, il prana non può dunque essere assorbito direttamente dall'esterno come sostenuto da alcune dottrine new Age.
«[...] Se così fosse, potremmo tranquillamente rinunciare alla permanenza all'aria aperta; altrettanto inutile sarebbe anche l'assunzione di cibi freschi, perché sarebbero sufficienti i cibi denaturati ai quali siano state aggiunte le vitamine. In questo caso, tutto il prana di cui abbiamo bisogno arriverebbe ai nostri chakra direttamente, attraverso i muri delle nostre case e attraverso gli abiti che indossiamo.»
(Dietmar Krämer, Terapie esoteriche, pag. 106, trad. di Lucia Bartolucci, Mediterranee, 1998)
Per ricevere tutto il prana necessario al mantenimento di un sano equilibrio elettrico-vitale, occorrerebbe dunque non solo respirare ossigeno da luoghi possibilmente poco inquinati, ma anche assumere alimenti ricchi di alte vibrazioni, come quelli indicati nella scala messa a punto nel 1949 dal ricercatore francese André Simoneton: stando ad essa, mentre i cibi con carica bassa o nulla sottraggono energia all'organismo per poter essere assimilati, quelli che emettono frequenze elettromagnetiche superiori a una certa soglia apporterebbero un contenuto nutritivo superiore alla loro componente chimica e calorica. Le radiazioni emesse dai cibi sono state misurate in ångström e risulterebbero visibili tramite apposita fotografia Kirlian.