L'espressione
Cento scuole di pensiero
(諸子百家T,
诸子百家,
zhūzǐ bǎijiā) viene utilizzata per descrivere il panorama
culturale e intellettuale che caratterizzò la Cina nel periodo
pre-imperiale, ovvero durante i cosiddetti Periodo delle primavere e
degli autunni e Periodo dei regni combattenti, corrispondenti agli
anni che vanno dal 770 al 221 a.C..
In questa fase storica il crescente
declino della dinastia Zhou aveva gettato l'intero territorio cinese
in uno stato di caos e di continui sanguinosi conflitti tra stati
confinanti. In corrispondenza di tale situazione di conflitto
permanente si assistette alla nascita di svariati intellettuali e
pensatori che animarono il dibattito politico e intellettuale
dell'epoca, dando vita a una grande varietà di dottrine e teorie
filosofiche che di frequente si proponevano la diffusione di nuovi
modelli di governo o di organizzazione dello stato. Molti di questi
pensatori divennero intellettuali itineranti, che peregrinavano di
stato in stato alla ricerca di un sovrano disposto ad ascoltare le
loro proposte ed accettare i loro servigi, alla corte dei quali
spesso si scontravano con altri intellettuali di diverse convinzioni.
Le corti dei sovrani dell'epoca dovettero quindi essere teatro di
molte di queste dispute tra pensatori avversari.
Se da un lato l'interpretazione
tradizionale cinese ha sempre tramandato l'idea che i letterati
dell'epoca fossero divisi in scuole di pensiero ben distinte, basate
ciascuna su una propria tradizione testuale e su una trasmissione
codificata degli insegnamenti da maestro a discepolo, dall'altro la
crescente disponibilità di manoscritti riferibili al periodo in
questione ha convinto gli studiosi moderni a mettere in discussione
questa interpretazione. Al modello che vuole i pensatori dell'epoca
suddivisi in "scuole" e correnti di pensiero codificate,
oggi pare più realistica l'interpretazione secondo cui gli
intellettuali dell'epoca erano caratterizzati da una impostazione
molto meno dogmatica nel pensiero e nel proprio operato. Non si
esclude che alcuni di loro potessero costituire dei gruppi accomunati
da modelli culturali o ideali affini, ma alla luce delle fonti la
definizione di scuola pare appropriata soltanto per gli intellettuali
Moisti, da sempre organizzati secondo una struttura organica,
gerarchica e codificata intorno agli insegnamenti del proprio
maestro. Per tutti gli altri pare più appropriato il titolo di
"esperti", a sottolineare il carattere prevalentemente
autonomo e indipendente delle loro riflessioni.
Il
confucianesimo
(儒家;
Rújiā) è la scuola di pensiero che ha avuto l'influenza più
durevole sulla vita cinese. La sua eredità scritta, i classici
confuciani, divennero più tardi il fondamento della società
tradizionale e per secoli furono la base dell'istruzione richiesta
per chiunque volesse occupare cariche pubbliche, attraverso il
sistema degli esami imperiali.
Confucio (551-479 a.C.), o Kongzi,
"Maestro Kong", guardava agli inizi della Dinastia Zhou
come ad un ideale di ordine socio-politico. Egli credeva che un
sistema di governo efficace dovesse basarsi su un preciso schema di
relazioni fra gli individui, e che il sovrano dovesse essere virtuoso
e giusto. Per Confucio, il potere politico e il livello sociale
dovevano essere sostenuti da valori etici. Il suo ideale di uomo era
lo junzi, l'uomo superiore, il gentiluomo.
Gli uomini dell'Antichità - diceva
Confucio - "che volevano organizzare lo stato regolavano prima
il loro àmbito familiare ; coloro che volevano regolare il loro
ambito familiare, miravano prima a sviluppare la propria personalità;
coloro che volevano sviluppare la personalità, prima rendevano
nobili i loro cuori; coloro che volevano nobilitare il proprio cuore,
rendevano prima veritiero il loro pensiero; coloro che volevano
rendere veritiero il loro pensiero, perfezionavano prima il loro
sapere". Per Confucio gli uomini sono divisi in tre gruppi: 1)
gli uomini perfetti ovvero i saggi, coloro che rappresentano il
modello da seguire, avendo raggiunto il più alto grado di
perfezionamento, come ad esempio, gli imperatori dell'antica Cina; 2)
i nobili ovvero gli uomini superiori (junzi); 3) gli uomini comuni
che costituiscono la massa.
Il termine "li" rappresenta un concetto assai complesso,
che può definirsi come l'armonizzazione dell'uomo con l'ordine
generale del mondo in tutti gli aspetti della vita, dall'osservanza
dei riti religiosi statali e familiari alle regole di comportamento
del vivere sociale. "Li" è dunque una forza ordinatrice
che deve guidare l'uomo nei suoi doveri sia verso gli altri uomini
(il rispetto, la cortesia, il tatto, il decoro, l'autocontrollo), che
verso gli esseri spirituali superiori (il corretto culto reso al
mondo divino e agli antenati). "Li" è insieme la forza
cosmica che dà forma e ordine allo stato e alla famiglia[4]. Una
fondamentale virtù è il ren, cioè l'umanità che è "la
benevolenza che un uomo deve mostrare verso i suoi simili, ma in
misura proporzionata ad una precisa gerarchia di legami politici e
familiari."[5]. La musica è molto importante poiché è
"manifestazione di ordine e armonia, ed espressione di
sentimenti nobili ed elevati."
Mencio (371-289 a.C.), o Mengzi, fu un
seguace di Confucio che diede un importante contributo alla
diffusione dell'umanesimo del pensiero confuciano. Mencio sosteneva
che l'uomo era buono per natura, e che nessun sovrano poteva regnare
senza il tacito consenso dei suoi sudditi. Un sovrano impopolare e
dispotico sarebbe stato punito con la perdita del mandato del cielo.
Diametralmente opposta al pensiero di
Mencio fu l'interpretazione del pensiero confuciano di Xunzi (ca.
300-237 a.C.), un altro discepolo di Confucio. Xunzi sosteneva che
l'uomo non è buono per natura e che la bontà può essere raggiunta
solo con il controllo dei desideri e della condotta.
Il
legismo
(法家;
Fǎjiā, "scuola della legge"), elaborato da Han Feizi
(morto nel 233 a.C.) e Li Si (morto nel 208 a.C.), sosteneva che la
natura umana è incorreggibilmente egoista e che l'unico modo di
mantenere l'ordine sociale era l'imposizione di leggi dall'alto,
applicate con severità. I legisti esaltavano il potere dello stato,
e si concentravano più sulla prosperità e sulla forza militare
dello stato che non sul benessere dei sudditi. Propugnavano un metodo
di governo di tipo autocratico, basato su un sistema legale chiaro e
pubblico (法, fǎ, "legge"),
su stratagemmi politici volti a ottenere l'obbedienza dei sudditi (術,
shù, "arte", "metodo") e sulla autorità ferrea
di colui che è a capo dello Stato (勢
shì, "potere").
Il legismo influenzò profondamente le
basi filosofiche della Cina imperiale. Durante la dinastia Han si
operò una sintesi di elementi confuciani e legalisti, creando una
forma di governo che sarebbe rimasta in gran parte immutata fino alla
fine del XIX secolo.
Il taoismo (道家;
Dàojiā) fu la seconda scuola del pensiero cinese per importanza e
influenza. La sua formulazione era attribuita al leggendario saggio
Laozi (il "vecchio Maestro") 369-286 a.C.). L'attenzione
del taoismo si incentrava sull'individuo inserito nel regno naturale
piuttosto che sull'individuo inserito nella società. Di conseguenza,
lo scopo finale della vita di ogni individuo era la ricerca
dell'armonia, adattandosi al ritmo del mondo naturale (e
soprannaturale), seguendo la Via (dao) dell'universo.
Opposto per molti versi alla rigida
morale confuciana, il taoismo fu per molti aderenti a questa
filosofia un complemento alle loro vite ordinate. Un intellettuale
generalmente seguiva i precetti confuciani quando era impegnato in
una carica pubblica, mentre poteva dedicarsi alla ricerca taoista di
armonia con la natura nel suo tempo libero o quando si ritirava a
vita privata.
La
Scuola dei Naturalisti, o
dello Yin-yang
(陰陽家,
阴阳家,
Yīnyángjiā) fu una filosofia del Periodo dei regni combattenti che
combinava i concetti di yin e yang e dei cinque elementi. È nata
negli ambienti divinatori in cui si andava a sostituire gradualmente
la scapulomanzia con la divinazione coi rametti d'achillea. I
bastoncini venivano correlati alle linee costituenti i trigrammi e
gli esagrammi: i bastoncini spezzati rappresentavano l'yin, pari,
mente quelli interi lo yang, dispari. Il più conosciuto teorizzatore
della scuola fu Zou Yan. Le teorie filosofiche di questa scuola
tentavano di spiegare l'universo in termini di forze primarie della
natura: le forze complementari dello yin (buio, freddo, femminile,
negativo) e dello yang (luce, caldo, maschile, positivo) e i cinque
elementi (acqua, fuoco, legno, metallo, terra). Inizialmente, queste
teorie erano strettamente associate agli stati di Yan e Qi; più
tardi acquistarono spazio nel pensiero filosofico e nelle credenze
popolari.
Il
moismo
(墨家;
Mòjiā) fu sviluppato dai discepoli di Mozi (470-ca.391 a.C.). Anche
se non sopravvisse alla dinastia Qin, il moismo fu considerato una
scuola filosofica rivale del confucianesimo nel periodo delle Cento
scuole di pensiero. La sua filosofia era basata sull'idea di amore
universale (兼爱 jiān'ài):
Mozi credeva che "tutti sono uguali davanti al cielo", e
che gli uomini dovrebbero cercare di imitare il cielo impegnandosi
nella pratica dell'amore collettivo. Convinto che ogni conoscenza
debba essere basata sulle percezioni sensoriali piuttosto che sul
pensiero astratto, Mozi può essere considerato un precursore
dell'empirismo.
Mozi condannava l'enfasi posta da
Confucio sui riti e sulla musica, che considerava una stravaganza.
Proclamava la superiorità della pace e considerava la guerra uno
spreco di forze. Il raggiungimento degli obiettivi sociali, secondo
il suo pensiero, richiedeva unità di pensiero ed azione. La sua idea
politica era quella di una monarchia d'ispirazione divina: i sudditi
dovevano obbedire al sovrano, e il sovrano doveva sempre seguire la
volontà del cielo. Vi erano, inoltre, elementi di meritocrazia: Mozi
sosteneva infatti che i sovrani dovevano scegliere le persone da
destinare alle cariche pubbliche prendendo in considerazione la loro
virtù piuttosto che la loro nascita.
Il moismo non attirò più seguaci dopo
la fine della dinastia Qin, ma il suo pensiero trovò eco nel
pensiero legalista.
La
Scuola dei nomi (名家;
Míngjiā) fu una derivazione del moismo. La sua filosofia, che è
stata avvicinata a quella dei sofisti e dei dialettici greci, era
centrata sulla definizione e sulla logica. L'esponente di maggior
rilievo della scuola fu Gongsun Long.
Il Taishigong Zixu (太史公自序)
nelle Memorie di uno storico (Shiji, 史記)
elencava le sei maggiori scuole filosofiche. Lo Yiwenzhi (藝文志)
del Libro degli Han (漢書)
aggiungeva altre quattro scuole, arrivando ad un totale di dieci (十家;
Shijia).
Le scuole di pensiero elencate nel
Taishigong Zixu e nel Yiwenzhi furono sviluppate sotto la dinastia
Zhou, fino alla repressione operata dall'imperatore Shi Huangdi. Il
rogo dei libri e la persecuzione dei filosofi impedì la
conservazione della maggior parte dei testi, ma alcune copie
esistevano ancora sotto la dinastia Han, come risulta dallo Yiwenzhi.
L'imperatore Wudi di Han pose lo studio dei classici confuciani come
base degli esami richiesti per accedere alle cariche pubbliche e come
fondamenta del sistema educativo.