mercoledì 24 maggio 2017

Yawara

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Lo yawara (anche detto pasak o dulodulo nelle arti marziali filippine) è un'arma giapponese utilizzata in diverse arti marziali, costituita da una asticella solitamente in legno lunga da 15 a 20 centimetri, a seconda della dimensione della mano del combattente, e modellata in modo da favorirne la presa. Un esperto nell'uso dello yawara può disporre di un'arma pericolosissima, seppur legale nella maggior parte delle giurisdizioni, e facile da nascondere.

Utilizzo

Lo yawara è spesso utilizzato in coppia per eseguire tecniche di percussione (uchi waza), tecniche di parata (uke waza), di proiezione (Nage waza) o di attacco diretto (tsuki waza) colpendo determinati punti sensibili del corpo umano (kyusho). Un colpo ricevuto con uno yawara può facilmente rompere ossa o bloccare l'utilizzo di un arto o di un muscolo, se portato su determinati punti come le arterie o i nervi.

Storia

Lo yawara, come moltissime delle armi delle arti marziali quali nunchaku, sai o bō, è una delle armi nate durante il periodo del Giappone feudale, secondo le cui leggi era proibito ai civili utilizzare armi con lama; per questo motivo nacquero molte scuole di arti marziali che insegnavano l'utilizzo per difesa personale di vari oggetti nella vita quotidiana. Uno di questi era lo yawara: facile da nascondere e leggero da usare. L'utilizzo dello yawara è stato largamente diffuso tra i poliziotti giapponesi a partire dagli anni '40 dal professor Frank A. Matsuyama e reso popolare in Occidente negli anni '70 dal Gran Maestro Soke Kubota Takayuki, in una sua variante denominata kubotan in dotazione alle forze di polizia di Los Angeles.

martedì 23 maggio 2017

Zanbato

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La zanbatō (斬馬刀, letteralmente "spada taglia-cavalli") o zambatō è una spada giapponese di grandi dimensioni, e di notevole peso, per il quale era solitamente impugnata a due mani. L'utilizzo storico della spada è tuttora controverso: probabilmente serviva per troncare o spezzare le zampe dei cavalli ed era utilizzata dai soldati delle prime file dell'esercito sottoposto ad una carica di cavalleria.

lunedì 22 maggio 2017

Balestra

Drevnosti RG v3 ill122 - Arbalets and Bolt.jpg
Balestre - ill. di Fëdor Solncev.


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Balestre in legno


Antiche balestre


Progetto di balestra gigante di Leonardo da Vinci.



La balestra è un'arma da lancio costituita da un arco di legno, corno, o acciaio e nei tempi moderni anche con materiali più adatti come fibra di carbonio o alluminio anodizzato per un migliore rapporto peso/resistenza, da una calciatura (fusto) denominata teniere e destinata al lancio di quadrelli, frecce, strali, bolzoni, palle, o dardi. La corda viene bloccata da un meccanismo chiamato noce. Lo scatto avveniva facendo pressione su una sorta di grilletto chiamato chiave oppure, nei modelli più antichi, abbassando un piolo. La corda veniva tesa grazie a un meccanismo a gancio chiamato crocco oppure, nei modelli più sofisticati, a un martinetto.

Storia

La balestra ha una storia molto antica. È certo comunque che essa fu sviluppata solo dopo l'invenzione dell'arco per aumentarne la potenza e la gittata. Il suo utilizzo inizialmente fu sporadico e non decisivo per l'esito degli scontri in battaglia, forse a causa delle difficoltà tecniche che si incontravano nella sua costruzione e soprattutto a causa dei costi di fabbricazione.
La Grecia e la Cina rivendicano l'invenzione della balestra. È probabile che essa sia stata sviluppata indipendentemente da entrambe le culture, anche se non è chiaro quale delle due la utilizzò per prima.
A favore dei Greci c'è l'invenzione della balista avvenuta attorno al 400 a.C. Essa è una sorta di grande balestra, anche se il proietto della balista riceve l'energia dalla torsione di due grandi matasse e non dalla curvatura dell'arco. Inoltre la balista era atta al lancio di pietre e dardi. Sembra tuttavia che fra i primi esemplari ve ne fossero alcuni aventi le stesse dimensioni di una balestra. Secondo alcuni autori greci nello stesso periodo erano presenti i gastraphetes, ma queste testimonianze sono posteriori e quindi incerte.
A favore della paternità della Cina ci sono dei rinvenimenti archeologici di meccanismi di sgancio in bronzo prodotti attorno al 200 a.C. e dei documenti scritti cinesi che descrivono l'impiego della balestra in battaglia attorno al 341 a.C.

Utilizzo in battaglia



Balestra a pistola



L'uso della balestra in Europa continua ininterrottamente dall'epoca classica fino al periodo di maggior popolarità tra l'XI e il XVI secolo, in seguito essa venne abbandonata a favore delle armi da fuoco. Erano famosi e molto apprezzati i balestrieri genovesi.
Fino alla comparsa delle prime armi da fuoco la balestra è stata l'arma più devastante che un singolo soldato poteva utilizzare tralasciando l'arco composto od a doppia curvatura. Infatti ha un potere di penetrazione tale da forare le armature dei cavalieri. Inoltre l'addestramento per il suo utilizzo, rispetto all'arco, risulta più breve.
La balestra ha una fase di caricamento più lunga rispetto all'arco. Nella pratica ciò si traduceva nella necessità di assicurarsi un riparo durante la fase di caricamento; il lungo caricamento era bilanciato dalla notevole distanza di ingaggio, superiore a quella dell'arco normale o dell'arco lungo, ma non a quella dell'arco composto od a doppia curvatura. Proprio per migliorare l'efficacia dei balestrieri in campo aperto, soprattutto in presenza di tiratori nella parte avversaria, venne introdotto l'uso dei pavesi, grandi scudi di legno dietro cui i balestrieri si proteggevano durante la lenta fase di ricarica. Tali scudi potevano essere assicurati dietro la schiena oppure portati da un addetto, chiamato "palvesario". Proprio l'assenza dei pavesi nei ranghi dei balestrieri genovesi al servizio del re Filippo VI di Francia portò alla sconfitta francese a Crecy. Sempre nella medesima battaglia i francesi ricorsero allo stratagemma di montare su carri grosse balestre da postazione in grado di scagliare frecce ad oltre 500 m e con la possibilità quindi di essere spostate sul fronte, ma le cattive condizioni atmosferiche che avevano reso un pantano il campo di battaglia ne limitarono l'utilizzo.
La balestra comportò un discreto cambiamento nelle strategie utilizzate in battaglia, ma soprattutto modificò l'approccio alla battaglia da parte dei nobili che, fino ad allora protetti dalle armature e a cavallo, avevano sempre buone possibilità di uscire vivi dallo scontro. Con l'uso massiccio delle balestre il rischio di morire aumentava considerevolmente. Inoltre anche l'approccio delle battaglie venne generalmente preceduto dall'intervento dei tiratori che, sfruttando la vasta gittata e potenza delle balestre, potevano sfoltire i ranghi avversari prima del corpo a corpo e ripararsi in fretta dietro le vicine linee amiche se caricate da truppe di cavalleria le cui cavalcature si dimostrarono comunque molto vulnerabili ai proiettili, il che li rendeva un facile bersaglio se esposte, o risultavano più lente se coperte da corazze abbastanza spesse da assicurare un'adeguata protezione all'animale, permettendo il riparo dei tiratori. Spesso le battaglie venivano precedute da un confronto a distanza tra i tiratori delle parti avversarie: il vincitore, una volta sgominati i tiratori nemici, avrebbe avuto un importante vantaggio tattico, mantenendo la possibilità di colpire a distanza le truppe avversarie e di coprire quelle amiche nell'avanzata e soprattutto impedendo al nemico ogni possibilità di fare altrettanto.
La balestra modificò a tal punto le regole dell'ingaggio in battaglia che il suo uso fu spesso osteggiato. Lo stesso Concilio Laterano II del 1139 con Bolla ribadita successivamente da papa Innocenzo II, vietò l'utilizzo della balestra tra eserciti cristiani mentre, non potendo avere influenza sugli eserciti musulmani e gli eretici, lo consentì contro questi.

Caratteristiche

La maggior parte delle balestre medievali avevano una potenza media misurabile in termini di carico di tiro o libbraggio (misura della tensione della corda, generalmente espressa in libbre-forza o chilogrammi-forza, quando essa viene tesa al massimo) di circa 45 chilogrammi, ma con l'introduzione dell'arco in acciaio furono costruite balestre in grado di sviluppare un libbraggio di oltre 500 chilogrammi e con una gittata utile di oltre 450 metri.

Tipi di balestra




Caccia alla gru con balestra (tacuinum sanitatis casanatensis, XIV secolo)


Una balestra lanciagranate impiegata sul fronte francese nel primo conflitto mondiale


  • Balestra a crocco: prendeva tale nome dal gancio appeso alla cintura del balestriere e dalla staffa di cui era fornita la balestra stessa. Il balestriere inseriva il crocco nella corda, il piede nella staffa e sollevandosi tendeva l'arco.
  • Balestra a e da leva: si caricava con la leva, da cui prese il nome. La leva si componeva di un braccio di ferro biforcato verso il mezzo della sua lunghezza, ed all'estremità ripiegato a mezzo cerchio, con uno o due ganci snodati che, afferrata la corda, facendo girare i due rami sui perni di ferro posti ai lati del teniere, traevano ed appiccavano la corda stessa alla tacca della noce. Era anche un'arma dei balestrieri a cavallo, con minori dimensioni e con la leva fissata sul teniere;
  • Balestra a martinello: era generalmente una balestra di grosse dimensioni che si caricava con un grosso martinello;
  • Balestro a molinello: era così chiamata una balestra di maggiori dimensioni delle altre, e quindi molto potente: per farla funzionare occorrevano vari uomini e per tendere l'arco occorreva un grosso e forte congegno, dal quale appunto l'arma stessa traeva il nome un argano. Era arma da posta e si adoperava a difesa delle mura;
Vi erano poi le balestre con altri nomi, secondo la nazione ove era stata fabbricata, secondo il modo di caricarle e la loro forma; oppure anche secondo il proiettile che lanciavano:
  • Balestra a staffa: perché si caricava con i crocchi e colla leva, premendo però con il piede su una staffa. Di questa balestra, detta anche balestra manesca, erano armati i balestrieri genovesi alla battaglia di Crecy nel 1346, e a quella d'Azincourt nel 1415;
  • Balestra a un piede o a due piedi: quella che si caricava con la forza di uno o di due piedi;
  • Balestra a bolzoni: era una balestra che lanciava una freccia chiamata bolzone;
  • Balestra a bussola: essa aveva una girella contenuta entro una scatola tonda a mo' di bussola;
  • Balestra a e da tornio: era la balestra più grossa e non manesca, ed il nome derivava dall'ordigno acconciato all'estremità del teniere per tenderla. Erano balestre grosse da muro, da posta ed erano trasportate a soma;
  • Balestra a girella: la balestra che si caricava a mezzo di una rotella scanalata, o carrucola, la quale raccoglieva lo spago che serviva per tirare la corda dell'arco per tenderlo;
  • Balestra a piè di capra: il meccanismo per tendere la corda era così chiamato per la sua forma all'estremità divisa in due parti;
  • Balestra a ruota d'ingranaggio: si caricava mediante una ruota dentata che spingeva lungo il teniere un'asta dentata da una parte come una sega;
  • Balestra a pallottole: lanciava pallottole di piombo;
  • Balestra a pistola: fu in uso nel XVI secolo: Era una balestra munita anche di una specie di pistola disposta lungo e sotto il teniere; cosicché essa era a doppio uso: pistola o balestra, a secondo se veniva usata voltata di sopra o di sotto;
  • Balestra a panca: era così chiamata quella che aveva il fusto rialzato da terra sopra un appoggio a forma di panca;
  • Balestra a tagliere: era così chiamata quando il fusto era a foggia di una tavola larga, quasi a guisa di tagliere;
  • Balestra a telaro: era così chiamata quando il fusto era costruito alla foggia di un telaro o telaio;
  • Balestra cinese a ripetizione: (o Chu-ko-nu) è una balestra che ha una specie di custodia sopra e lungo il teniere o fusto, la quale può fornire successivamente venti frecce in essa custodite, disposte l'una sull'altra;
  • Balestra multipla: progettata da Leonardo Da Vinci nel Codice Atlantico, era in grado di scagliare più dardi in direzioni diverse allo stesso tempo, grazie anche alla particolare forma del teniere, che si apriva a ventaglio.
  • Balestra lanciagranate: tipo di balestra per lanciare bombe a mano fu in uso per breve tempo sul fronte francese durante la Prima guerra mondiale;
  • Balestrino: Balestra molto piccola che si tendeva mediante una vite disposta lungo il teniere e messa in moto dal di dentro del calcio. Si poteva portare nascosta, per cui era considerata arma proibita ovunque dai bandi sulle armi. Lanciava un cortissimo dardo o a volte un ago spesso avvelenato;
  • Balestrone: Grossa balestra che si caricava con fortissimo tornio o martinetto, ed aveva un arco di ferro o di acciaio lungo dai quattro ai sei metri. Era arma di norma posta sulle mura, come macchina di difesa.

La balestra nello sport




La russa Anna Sushko ai 10m Match Crossbow Championships del 2006



Nell'era moderna la balestra si evoluta diventando un attrezzo sportivo. La balestra moderna è l'evoluzione di quella dei secoli passati. I materiali e l'ingegneria moderna hanno sostituito il legno e l'acciaio del passato decretando la nascita di un oggetto sportivo di grande efficacia, precisione e affidabilità. L'arco in acciaio o composito in legno/corno/tendine è ora stato sostituito con due flettenti in fibra dalle eccezionali capacità elastiche. Possono rimanere armati per diverse ore senza subire deformazioni: i produttori più seri tuttavia, offrono indicazioni di sicurezza su quanto la balestra può restare armata.
Nei paesi dove la caccia con la balestra è permessa, per disarmare una balestra rimasta armata per ore e inutilizzata si usa solitamente un dardo apposito in materiale biodegradabile.
È anche eccezionale il loro rendimento fra energia immagazzinata/restituita all'atto dello scocco.

Le caratteristiche tecniche

La corda è normalmente fatta di filati ad altissima rigidità come il Fast Flight, normalmente di 22/30 fili. La "corsa" o "corsa/power stroke" (la misura della distanza fra la corda in riposo e il punto di aggancio) della balestra arriva anche a 17" (43.18 cm) ed oltre, consentendo grande rendimento rispetto al passato. A differenza dell'arco che immagazzina l'energia muscolare delle braccia e di parte del busto, la balestra immagazzina anche quella delle gambe e del busto completo, permettendo così grandi accumuli di energia. Ma un arco ha un rendimento maggiore a parità di libbre perché ha un allungo normalmente superiore, da 26" a 32" (66 cm - 81.3 cm): una balestra da 150 libbre (67.5 kg) corrisponde infatti come prestazioni ad un Arco compound da 70 libbre (31.5 kg) o ad un arco ricurvo da 90 (40.5 kg). Il carico massimo delle balestre moderne, in libbre, normalmente oscilla fra le 150 (67.5 kg) e le 225 (101.3 kg).
Il sistema di sgancio è estremamente raffinato, dotato di sicura, ha uno sforzo normalmente fra le 3 e le 12 libbre (1.35 kg - 5.4 kg). I sistemi di mira possibili normalmente sono due: tacche di mira e cannocchiale. Il primo consente di avere un oggetto più leggero e meno delicato (urti, sole ecc.); il secondo permette tiri più precisi e di avere una migliore mira in situazioni di scarsa luminosità.

I tipi di balestra


Balestra Compound



Le balestre possono essere di due tipi: tradizionali e compound. Le prime offrono numerosi vantaggi fra cui: estrema semplicità nella sostituzione/manutenzione della corda; nessuna necessità di sincronizzare le cams; leggerezza; possibilità di usare frecce più leggere e quindi più veloci. Le balestre compound, dotate di cams o eccentrici sui flettenti invece hanno le seguenti caratteristiche: a parità di libbraggio massimo permettono normalmente una maggiore velocità di uscita del dardo (il sistema di carrucole permette di immagazzinare una quantità maggiore di energia); sono più compatte; in fase di armamento il let-off (diminuzione di sforzo) delle carrucole permette di ridurre la tensione sul meccanismo di aggancio.

I dardi

Il munizionamento tipico della balestra è il dardo: una freccia corta e tozza.
Sono principalmente di due materiali: fibra di carbonio ed alluminio, normalmente nel diametro di 22/64" (0.87 cm). I dardi in fibra di carbonio sono di norma più leggeri di quelli in alluminio, e presentano doti di indeformabilità in situazioni nelle quali un dardo in alluminio si piegherebbe, deformandosi. Le misure delle aste in alluminio più comuni sono 2213, 2216 e 2219. La lunghezza del dardo dipende, ma non è subordinata dal Power Stroke (allungo) della balestra e normalmente varia fra 14" (35.6 cm) e 22" (55.9 cm). Non è comunque una regola assoluta, in quanto rispetto alla freccia usata sull'arco, il dardo della balestra non deve rispettare rigidamente i parametri di spine: dunque può essere più lungo o più corto del power stroke, entro certi limiti, senza subire penalità rilevanti.

Sono impennate con 3 penne naturali o di plastica di lunghezza compresa fra 2" (5 cm) e 5" (12.7 cm). La parte terminale posteriore della freccia ha un inserto protettivo(codolo) su cui spinge la corda che può essere piatto o leggermente scavato a mezzaluna (half moon). Se è piatto la freccia può essere incoccata in tre posizioni diverse, se è a mezzaluna in un'unica posizione. Nella parte anteriore della freccia è presente un inserto a vite che permette di avvitare punte diverse e di diverso peso. La massa della freccia completa varia normalmente fra 350 grani (22.7 g) e 650 grani (42.1 g). Le balestre compound normalmente non possono usare frecce di peso inferiore a 400-420 grani (25.9 g - 27.2 g); le balestre Excalibur possono usare frecce fino a 350 grani (22.7 g). Le marche più conosciute di balestre sono tutte nord americane e sono: Barnett, Excalibur, Horton e Ten Point.

domenica 21 maggio 2017

Balato

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Balato con fodero e cestino sferico in rattan per contenere amuleti.






Il balato (conosciuto anche come baltoe, balatu, balatu sebua, ballatu, foda, gari telegu, klewang buchok berkait, roso sebua o telagoe) è una spada tradizionale indonesiana, originaria dell'isola di Nias, a nord-ovest di Sumatra, tipica del popolo dei Nias.

Descrizione

Il balato è prodotto in una grande varietà di lame, manici e foderi. Una caratteristica comune è l'allargarsi della lama verso la punta. La lama ha un solo filo e può essere dritta o leggermente ricurva. I manici generalmente hanno la forma di teste di animali o creature mitologiche come il lasara, e possono essere stilizzati o particolarmente dettagliati, e sono fatti di legno sebbene esistano versioni in ottone. I manici in legno hanno comunque una ghiera in ottone in prossimità della lama. Il fodero è in legno avvolto in strisce di rattan o in lamine di ottone. Spesso al fodero viene attaccato un cestino sferico in rattan che ha lo scopo di contenere vari amuleti. Solitamente i balato delle regioni meridionali hanno cestini più decorati di quelli delle regioni settentrionali.

Uso cerimoniale

Nel sud dell'isola di Nias le popolazioni locali praticano una danza di guerra detta faluaya o fataele: essi, vestiti con colori sgargianti, adoperano per questa danza scudi (baluse) e armi, tra cui i balato. I Nias facevano uso di questa spada anche per le decapitazioni, poiché in passato erano cacciatori di teste e ritenevano che i decapitati sarebbero diventati loro servitori nell'aldilà. Oggi, tuttavia, quest'usanza è andata perduta, poiché i Nias sono per la maggior parte cristiani protestanti.


sabato 20 maggio 2017

Bagh Nakh

Il Bagh Nakh (o Bag'hnak, Nahar-nuk, Waghnakh, Wagnuk, Wahar-nuk termine Indù per "artigli di tigre" बाघ नख)è un'arma bianca indiana.

Bagh Nakh
Quest'arma è ideata per essere portata sopra le nocche o nascosta nel palmo, come un tirapugni o un Neko-Te (tirapugni a spunzoni giapponese), ma a differenza di questi, è solitamente formato da cinque o sei sbarrette di metallo, generalmente acciaio, attaccate ad una sbarra o guanto, ed è stata progettata per simulare un attacco da parte di un animale selvatico, ed allo stesso momento creare gravi danni a pelle e tessuto muscolare
L'arma fu sviluppata in India, principalmente per l'autodifesa, ma non è certo quando fu progettata. Il primo utilizzo certo è da parte del primo imperatore Maratha, Shivaji. Usò una variante Bich'hwa bag'hnak, per uccidere il generale Afzal Khan, un Sardar (sultano) di Bijapur.

Varianti

Esistono vari tipi di Bagh Nakh, per esempio il modello in cui gli "artigli" sono fissati a due piastre incernierate, piuttosto che una, con un extra anello e artiglio per il pollice. I primi Bagh Nakh non utilizzavano anelli per fissarlo alle dita, ma piuttosto dei buchi circolari erano fatti attraverso la piastra centrale. Molti tipi includevano una lama o spunzone ad una estremità, cioè i Bich'hwa bag'hnak.




venerdì 19 maggio 2017

Ascia da battaglia

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Tabar, India, XVIII secolo


Ascia da battaglia è il termine utilizzato per indicare una scure espressamente disegnata per un utilizzo bellico e non lavorativo. Questo tipo di arma, in uso fin dal Paleolitico, poteva essere ad una o due mani. Il peso poteva variare tra gli 0,5 ed i 3 kg e le dimensioni tra i 30 cm e gli 1,5 metri. Armi simili all'ascia da battaglia ma di dimensioni maggiori, come la bardola, rientrano nel novero delle armi inastate.

Costruzione ed utilizzo

Rispetto alla scure, ideata per abbattere alberi, l'ascia da battaglia, destinata a colpire le braccia o le gambe dell'avversario, ha testa metallica più leggera e ricurva. L'arma, a seconda delle dimensioni, poteva essere brandita ad una o due mani ed era destinata o a garantire la possibilità di attacchi veloci e ripetuti o attacchi potenti, volti ad abbattere o debilitare l'avversario.
Le asce da battaglia con testa metallica a mezza luna, diffusesi in Europa durante il periodo romano erano solitamente in ferro battuto con un bordo di acciaio al carbonio o, caso tipico delle asce medievali, in acciaio puro. Il manico in legno venne rinforzato da strisce di metallo, onde garantire maggiore solidità nel caso di un attacco portato dall'avversario sotto la testa dell'ascia. Alcuni modelli d'epoca rinascimentale presentano manico interamente in metallo.

Storia

Nel corso della storia dell'umanità, diversi attrezzi sono stati riconfigurati in armi. La scure, diffusa in tutte le primitive culture umane, fu uno dei primi attrezzi ad essere interessato da questo fenomeno. Nel corso di questo processo evolutivo dall'attrezzo all'arma, processo che portò allo sviluppo di armi altamente raffinate come la scure da lancio e la scure d'arcione espressamente disegnata per le forze di cavalleria, si originarono forme ibride, utilizzabili sia a fini lavorativi che a fini bellici. L'ascia da battaglia, molto più economica e facile da fabbricare di una spada fu sempre arma diffusissima tra le popolazioni tecnologicamente poco evolute o tra le classi sociali più povere.
Nell'immaginario popolare dei paesi occidentali, le asce da battaglia sono associate ai Vichinghi. Questi fantaccini e marinai scandinavi fecero certamente largo uso delle asce da battaglia nei secoli delle loro scorrerie in Europa e nell'Atlantico (VIII-XI secolo), producendone svariate tipologie: asce da lancio, asce "barbute" con l'estremità inferiore della testa allungata per garantire maggior peso al colpo (berdica) e asce "uncinate" per agganciare il bordo dello scudo avversario e strapparlo, lasciando il bersaglio scoperto per il successivo colpo di ritorno.

Origini

Stando ai ritrovamenti archeologici, l'uso dell'ascia a fini bellici in Europa risale almeno al periodo Mesolitico (circa 6000 a.C.). Gli scontri tra le popolazioni europee nel Neolitico intensificarono il processo di evoluzione tecnologica dell'ascia da battaglia mentre, nel contempo, l'arma stessa diveniva simbolo di potere ed autorità. Con l'avvento dei metalli, le asce iniziarono ad essere realizzate in rame e bronzo.

Evoluzione dell'ascia da battaglia dal Paleolitico all'Età del Bronzo: 1 Paleolitico, 2 Fine Paleolitico, 3-4 Neolitico, 5-Fine Neolitico, 6 Età del Rame, 7-11 Età del Bronzo.



Le prime asce da battaglia di bronzo ormai evolute, con incavo per l'impugnatura e non più da incastrare in esso, apparvero nell'Antica Cina e nell'Antico Regno dell'Antico Egitto, già distinte in armi vere e proprie ed armi di rappresentanza, simboliche, riccamente decorate:
  • I guerrieri della Dinastia Shang disponevano, oltre che delle normali asce da guerra, anche di armi ibride tra la lancia e l'ascia: il yuè, sorta di azza, ed il (ascia-daga), un'ascia inastata dalla testa molto puntuta;
  • Arma d'ordinanza dei fanti egiziani durante l'Antico Regno, l'ascia da battaglia venne sostituita, durante il Nuovo Regno, dal khopesh, un'arma ibrida, assommante caratteristiche dell'ascia, della spada e della falce.
  • Ascia da battaglia decorata dell'epoca Shang
  • Khopesh del XVIII secolo a.C.

Europa

Età Antica

Cavaliere scita armato di sagaris


Ascia bipenne cretese in bronzo





Nel bacino orientale del Mediterraneo, la cultura micenea diffonde la labrys, ascia bipenne simbolo del fulmine divino e del potere reale, ma la successiva evoluzione bellica dell'Antica Grecia mette da parte le asce in favore della spada e della lancia: l'ascia da battaglia è infatti completamente assente dalla panoplia dell'oplita, né, per contro, l'uso dell'ascia poteva essere compatibile con lo stile di combattimento della falange oplitica.
Nella cultura greca il simbolo dell'ascia da battaglia si lega intrinsecamente con le popolazioni nomadi delle steppe orientali, siano esse vere (Sciti, Medi etc.) o fittizie (Amazzoni), i cui cavalieri usavano servirsi della sagaris, sorta di archetipo della scure d'arcione.
Durante l'Età del Ferro l'uso dell'ascia da battaglia a scopi pratici andò però scomparendo dall'areale mediterraneo. Se infatti, presso gli antichi romani, i fasci littori ornati da lame di scure mantennero un potentissimo significato simbolico, mancava invece completamente dall'equipaggiamento del legionario romano, munito invece di ascia e scure come strumenti lavorativi, l'ascia da guerra.

Medioevo

L'insediamento, nelle terre del vecchio Impero Romano d'Occidente, di popolazioni germaniche (v. Invasioni barbariche del V e VI secolo), diffuse in modo massiccio l'uso dell'ascia da battaglia in Europa. Popolazioni germaniche come i Franchi o i Sassoni legarono indissolubilmente il loro nome all'uso di tali armi: i Franchi erano appunto noti per l'uso della francisca, una scure da lancio portata in combattimento dal fantaccino in supporto alla scure da guerra o alla lancia, mentre i Sassoni diffusero nell'areale baltico-scandinavo il prototipo di ascia poi diffuso dai Vichinghi. Nelle province più orientali del vecchio impero, le genti degli Ostrogoti e dei Visigoti, tramite il contatto con popolazioni ugro-finniche come gli Unni, fusero il modello della scure da guerra germanica con la scure d'arcione tipica in uso ai cavalieri della steppa.

Ascia da battaglia vichinga.



Tutte queste armi, prodotte in ambiente romano-barbarico, erano spesso decorate. Incisioni runiche, fitoformi o zoomorfe, in alcuni casi impreziosite da tarsie in oro, ornavano le guance delle scuri da guerra, ribadendo l'importanza data dalla società di provenienza al portatore dell'arma.
Ancora all'epoca di Carlo Magno, quando la cavalleria pesante muoveva i primi passi della sua affermazione a corpo militare risolutivo nel decidere l'esito delle battaglie, l'ascia da battaglia era ancora parte integrante della panoplia del guerriero. I successivi scontri tra le popolazioni germaniche stanziate nelle terre romane ed i germani ancora barbari della Scandinavia, ridiffusero in modo massiccio in Europa l'uso della scure in combattimento, in tutte le varianti sviluppate dai razziatori vichinghi.
Fu solo a partire dall'Anno Mille, quando l'evoluzione metallurgica europea sviluppò l'archetipo definitivo della spada lunga, che l'uso dell'ascia da battaglia, soprattutto da parte dei soldati a cavallo, i milites per antonomasia, iniziò a decadere. L'ascia restò arma di predilezione delle classi sociali meno abbienti (i laboratores) per tutto il periodo medievale mentre alcuni esempi illustri testimoniarono il suo saltuario uso da parte dei grandi cavalieri: Riccardo Cuor di Leone usò un'ascia durante gli scontri a Jaffa nella Terza Crociata (1192) e Robert Bruce durante la Battaglia di Bannockburn (1314).
Proprio perché così legata all'uso bellico delle classi meno abbienti, il modello dell'ascia contribuì enormemente allo sviluppo di alcune tipologie di arma inastata che godettero di particolare successo durante il medioevo europeo: l'alabarda e la bardola, anche nota come scure da fante. Un'altra arma inastata, diffusissima nei paesi scandinavi e baltici, la berdica si costituisce poi quale diretta evoluzione della scure danese.
A partire dal XV secolo l'ascia, nello specifico la scure d'arcione, tornò in uso alla cavalleria europea. Più che al contatto con le genti turche nei Balcani e negli Stati crociati, dedite all'uso della scure d'arcione come tutte le popolazioni nomadi euro-asiatiche, il ritorno dell'ascia da battaglia sugli arcioni dei cavalieri fu nuovamente dovuto agli sviluppi della metallurgia europea. Le corazze a piastre pesanti che ormai fasciavano il corpo del guerriero a cavallo avevano vanificato l'uso della spada lunga quale arma risolutiva nello scontro. Spinti dalla necessità di ottenere armi con maggiore potenza d'impatto, gli armaioli europei ridisegnarono armi rudimentali come la mazza e l'ascia ottenendo il modello definitivo della mazza d'armi a coste, del martello d'armi e dell'ascia d'armi. La nuova generazione di scuri d'arcione presenta lama a mezzaluna, becco di piccone sul retro della gorbia e cuspide verticale. Le innovazioni sviluppate per le scuri d'arcione passarono poi alle scuri in uso alla fanteria, irrobustite ed appesantite per permettere uno scontro alla pari con un cavaliere appiedato.

Età Moderna

L'uso sempre più massiccio delle armi inastate e delle prime armi da fuoco (archibugio, petrinale, pistola a ruota etc.) spinse le forze di fanteria e di cavalleria dell'Europa occidentale ad abbandonare sistematicamente l'uso dell'ascia da battaglia durante il XVI secolo. In Europa Orientale, dove gli scontri campanili finivano quasi sempre con il vedere contrapposti numerosi schieramenti di cavalleria, la scure d'arcione, tanto quanto la mazza d'arme o il picco da guerra, continuò ad essere utilizzata per tutto il XVII secolo.

Asia

Asia centrale e Subcontinente indiano


Derviscio con tabarzin.



Le grandi civiltà dell'Asia Centrale e del subcontinente indiano, soggette alle medesime correnti migratorie che interessarono le propaggini orientali dell'Europa, svilupparono modelli di ascia da fante e da cavaliere grosso modo assimilabili a quelli occidentali.
In India la tradizione di un uso marziale codificato per la scure è antichissimo. L'ascia da battaglia farasa (dal sanscrito paraṣu) viene fatta risalire alla figura divina di Parashurama, sesto avatar di Vishnu. Si tratta di un'arma solitamente a lama singola, in forma di mezzaluna di notevoli dimensioni, con manico in legno o bambù lungo tre-quattro piedi.
Interessante anche il tabarzin (تبرزین), l'ascia da battaglia della Persia (Iran). Il vocabolo indica in realtà una tipologia di armi: asce con lama a forma di mezzaluna, a volte bipenni, con manico lungo sei piedi o tre, interamente realizzato in metallo, molto sottile. Il tabarzin finì con il rivestire anche un ruolo simbolico, divenendo attributo dei dervisci musulmani. A partire dal XVI secolo, l'egemonia culturale dell'Impero ottomano sulle terre dell'Asia centrale fece del vocabolo tabar (ascia), da tabarzin, il termine in uso per indicare la scure d'arcione tra le file della cavalleria turca, afgana, indiana e pakistana.

Cina

Sud-Est asiatico


Asce della cultura Dong Son



Presso le civiltà sviluppatesi nelle regioni dominate dalla foresta pluviale, l'ascia è diffusissima sia come attrezzo che come arma o simbolo. La cultura di Dong Son, originatasi nell'attuale Vietnam, abbondava di asce in bronzo. Nello Sri Lanka venne sviluppata la Keteriya, ascia da battaglia ad una mano oggi simbolo del Reggimento Gajaba dell'esercito nazionale.

Giappone

Allo stato attuale delle ricerca, l'ascia da battaglia figurò molto raramente negli arsenali dei samurai. Le poche testimonianze relative all'uso della ono, termine che in lingua giapponese vale sia per l'ascia da lavoro che per l'arma vera e propria, sono legate alla figura dei sōhei, i monaci-guerrieri buddisti poi eliminati dallo Shogunato.


giovedì 18 maggio 2017

Badik

Rappresentazione grafica di un badik.
Il badik, badek o batak è un coltello-pugnale indonesiano dalla caratteristica impugnatura angolata rispetto alla lama; quest'ultima può essere in ghisa, in ferro o in acciaio.
È un pugnale tradizionale delle tribù costiere del Sulawesi meridionale; i principali utilizzatori di questo strumento erano le tribù Bugis e Makarese, che grazie ai loro scambi commerciali con Sumatra, il Borneo, la Malesia, Giava e il Mali fecero conoscere il Badik.

Tipi di Badik

Esistono tre tipi di Badik:
  • Il badik Bugis, che ha un'impugnatura come quelle da pistola, inclinata a 90° e con i bordi del manico smussati.
  • Il badik Makarese che ha un'impugnatura tipo calcio di pistola inclinato a 45°, ed intagliato in forma conoidale.
  • Il Badik di Sumatra e della penisola malese, che è molto simile al Bugis.

Tradizione

Il Badik fa anche parte del vestiario tradizionale, e viene portato dalla sposa durante la cerimonia del matrimonio in Sulawesi e a Sumatra. Viene portato davanti allo stomaco, infilato nelle pieghe del sarong.
Uno dei modi tradizionali di combattere con il badik vede i due contendenti trattenuti dal sarong per una mano, in modo che non possano scappare, mentre nell'altra mano impugnano il badik.


mercoledì 17 maggio 2017

Chigiriki

Un chigiriki



Il Chigiriki o Chigirichi è un'arma giapponese costituita da un bastone della lunghezza di circa 60 centimetri, munito di una catena della stessa lunghezza montata ad un'estremità; tale catena termina con una palla o cilindro di legno chiodato.
È simile al mazzafrusto della tradizione occidentale.




martedì 16 maggio 2017

Suruchin

Un suruchin di corda e pietre



Il suruchin o surujin è una tipica arma giapponese da lancio, utilizzata soprattutto nel Kobudo di Okinawa.
Essa consiste in un due pesi, generalmente di pietra o metallo, attaccati alle estremità di una corda o catena, lunga 2-3 metri, che una volta lanciata serve per intrappolare o stordire gli avversari.


lunedì 15 maggio 2017

Systema

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Systema (in russo Система, letteralmente il Sistema) è il metodo di combattimento derivato dalle scuole autoctone di arti marziali russe. Tale sistema comprende:
  • Combattimento a mani nude;
  • Prese;
  • Combattimento con frusta;
  • Combattimento con armi da taglio;
  • Combattimento con armi da fuoco;
  • Esercizi e lavoro di coppia con o senza forme predefinite.
Il sistema di combattimento cosacco si concentra soprattutto sul combattente, ponendolo in stati di maggiore coscienza spirituale e corporea attraverso il controllo delle principali rotazioni ossee e cutanee: gomiti, ginocchia, collo, anca, spalle, vita, attraverso l'uso di punti/zone di pressione/tiro, colpi e schivate. L'impiego delle armi è un accompagnamento del lottatore verso la sua natura umana di cacciatore, concentrandolo sui movimenti istintivi della cosiddetta "difesa istantanea". Si può affermare scientificamente, con i principi meccanici conosciuti, la possibilità di ottenere una difesa istantanea non solo da armi bianche o da fuoco, ma praticamente da ogni oggetto. Inoltre è conosciuta come un'arte marziale avanzata e utilizzata da alcuni corpi speciali russi, per esempio gli Spetsnaz.

Storia

Anche se si ipotizza che l'arte marziale russa Systema risalga al X secolo e che venisse praticata dai Bogatyr, dei combattenti ed eroi russi, non possiede un preciso background storico e, di conseguenza, neanche un nome storico: questo particolare potrebbe creare confusione essendo effettivamente un nome assai generico, se comparato a quello del "Kung Fu".
È probabile che il nome "Systema" sia stato preso da Arti Marziali simili, nate prima di questa, come il "Systema Rukopashnogo Boya", in italiano "Sistema di combattimento a mani nude".
Molte similitudini si ritrovano per esempio nel metodo "Systema", seguito da Mikhail Ryabko. In questo caso, "Il Sistema" si riferisce ai vari sistemi del corpo: muscoli, sistema nervoso, sistema respiratorio, etc ... e ad elementi psicologici e spirituali.

Le forze speciali russe

In tutta la Russia fra le forze speciali (Alpha, GRU, Vympel, e molti altri nomi, ufficiali e non), vengono praticati diversi stili di combattimento, spesso confusi con il Systema di questa voce. Per esempio, molte sono addestrate tramite il cosiddetto "bojewoje sambo", o "combattimento sambo", un'arte totalmente diversa. Altre fanno anche riferimento al "rukopashka", cioè al combattimento a mano nuda, o al "machalka" o alla "boinia", che in russo si riferiscono al "combattimento" e alla "sconfitta". Il nome "Combattimento Sambo Spetsnaz", per esempio, è stato coniato dal Governo Sovietico.
Le guardie personali di Joseph Stalin, per esempio, praticavano il Systema, e Mikhail Ryabko è stato introdotto alla sua pratica, proprio da una di queste guardie del corpo. Dopo la morte di Stalin, Systema divenne lo stile di combattimento sviluppato dalle Unità Militari dei Corpi Speciali nelle missioni rischiose, tra le quali gli Spetsnaz, le GRU e da altre organizzazioni governative.
Il fatto che quest'arte marziale sia rimasta sconosciuta fino a dopo la guerra fredda è dovuto alle tradizionali capacità dell'Unione Sovietica nel mantenere un alone di estrema segretezza, su tutte le attività militari . Solo dopo il crollo del regime comunista, tale arte marziale è stata resa nota e riscoperta e, pur avendo radici antiche viene, come sempre, adattata alle varie esigenze militari e contemporanee da ogni istruttore e da ogni praticante.


Lo sviluppo di Systema tra il 1960 ed il 1980

Un'altra teoria propone che le varie forme del moderno Systema siano evoluzioni di un'intensa ricerca e sviluppo di un progetto portato avanti attraverso numerose generazioni di istruttori dell'esercito, che insegnavano il combattimento corpo a corpo alla Dinamo a Mosca tra il 1920 ed il 1980. Se fosse così potrebbe essere considerato della stessa linea del combattimento sambo e gli stili correlati come il samoz sviluppato da V.A. Spiridonov. Se questa teoria fosse corretta le influenze stilistiche del moderno Systema potrebbero includere numerosi stili di arti marziali nazionali, sistemi di combattimento militare di corpo a corpo e stili russi di combattimenti indigeni, come anche aspetti di scienze motorie, biomeccanica e psicologia dello sport e queste discipline sarebbero state incorporate nella ricerca nel combattimento Corpo a Corpo, sviluppato del progetto Dinamo durante il XX secolo.
Anche un'altra teoria suggerisce che Systema sia in effetti un sistema moderno, che si basa su arti marziali tradizionali cinesi come il Taijiquan, il Yi-quan ed altri. I russi sono sempre stati attratti dalle arti marziali tradizionali cinesi, anche prima della II Guerra Mondiale, ma tra gli anni '50 e '60 intense ricerche hanno condotto ad un notevole sviluppo, peculiare per la Russia. Inoltre molti maestri cinesi hanno visitato la Russia, in questo periodo, entrando a far parte di programma di addestramento militare dell'esercito. Nonostante però vi siano numerose similarità nell'approccio ai metodi di allenamento e ai principi base, le arti marziali russe e quelle cinesi mostrano delle considerevoli differenze.

Citazioni

« Non ti puoi rilassare senza respirare, non puoi raggiungere una postura naturale senza rilassamento e dopo che si è riusciti a raggiungere una buona postura ci si può iniziare a muovere nello spazio correttamente. »
(Vladimir Vasiliev, da "Let Every Breath...")
« Un vero guerriero è capace di difendere se stesso e gli altri ed è in grado di cambiare l’orgoglio, l’aggressività e la paura in umiltà, coraggio e forza. »
(Vladimir Vasiliev)
« In Systema non esiste riscaldamento, tutto è Systema. »
(Vladimir Vasiliev)

Principi base di Systema

Per avere successo con questa arte marziale è necessario lavorare sulla persona, poiché conoscere se stessi è il primo passo per conoscere gli altri.
I primi elementi contro cui combattere sono proprio le proprie paure, alle quali si associano diverse tensione psicofisiche che impediscono agli individui di reagire prontamente al pericolo.
Essere consapevoli delle proprie capacità ci rende sicuri di noi stessi, perché sia il sopravvalutarci che il sottovalutarci ci fa valutare erroneamente quanto un pericolo sia grave, e se siamo in grado di sostenerlo.
Conoscere i propri limiti è molto importante perché ci permette anche di poter lavorare su di essi.
Systema è tutto questo: la presa di coscienza delle proprie tensioni e lo strumento per poterle superare: il Respiro.
Il respiro si pone alla base della capacità di veicolare e guidare le emozioni, in modo da non essere sopraffatti da esse ed essere pronti ad una reazione, coerentemente con il contesto in cui ci troviamo e senza distorsioni, senza esagerazioni, senza blocchi, per evitare di sentirci inadeguati alla situazione.
Systema si basa sul condizionamento della mente tramite il corpo.
La paura del contatto è una delle paure più grandi: il colpire e l'essere colpiti. Esiste nel Systema, infatti, tutta una serie di esercizi volti proprio ad eliminare questa paura. Se riusciamo a percepire come il nostro corpo risponde ad un colpo o ad una pressione, riusciamo a capire come il corpo degli altri risponde alle nostre pressioni e ai nostri colpi e siamo anche noi più preparati a gestire colpi e pressioni.
Systema è adatto a qualsiasi tipo di corporatura (ed età), proprio per il principio di rilassamento che c'è alla base.
Il rilassamento permette di percepire e quindi sfruttare le tensioni dell'avversario ed avere quindi maggiori possibilità di sopravvivere allo scontro, in quanto può risultare controproducente e pericoloso contrapporsi alla forza con la forza, mentre spesso è più sicuro non opporsi ad un attacco e far sì che questo si esaurisca da solo.
La pratica di Systema non prevede un insegnamento della tecnica pura, ma prevede una ricerca, tramite i principi di movimento propri di tale arte marziale, della tecnica adatta ad ogni singolo individuo in una determinata situazione.
Nella difesa personale, campo in cui Systema si è diffuso in tutto il mondo grazie a Mikhail Ryabko e Vladimir Vasiliev, imparare migliaia di tecniche è scarsamente funzionale in una situazione di pericolo. Questo è determinato dal panico che impedisce la gestione razionale di una tale mole di conoscenze, panico che conduce paradossalmente in una situazione di paralisi. Mentre la conoscenza di come il proprio corpo risponde ad una vasta gamma di esperienze, provate in allenamento, infonde sicurezza e permette una risposta immediata, perché già sono chiare le capacità di reazione proprie e di qualsiasi altro individuo.
Systema è nato per sviluppare velocemente grandi capacità in campo bellico, perciò si è cercato di abbreviare il più possibile il processo di adattamento al combattimento, in modo che il singolo individuo possa sviluppare coordinazione e sensibilità necessarie e sufficienti a permettergli di gestire le più svariate situazioni, invece di fornire una vasta serie di tecniche tra le quali trovare quella più efficace per sé.

Principio neurologico di Systema

In un combattimento, il fattore decisivo è la velocità di risposta ad un dato stimolo, attacco, minaccia, etc. Questa dipende da numerosi fattori, tra cui la tempestività dell' azione.
Diverse discipline di combattimento hanno sviluppato diverse strategie per ottenere un vantaggio di tempo rispetto all'avversario. Molti corpi speciali limitano l'addestramento a poche tecniche generiche, basate su specifiche abilità motorie. L'idea alla base di questo approccio è la seguente:
  • Fondamentale è diminuire il tempo di decisione della mente, in modo da ridurre il tempo di reazione o tempo di risposta, ad un attacco.
  • Inoltre si cerca di sviluppare le abilità motorie, la mobilità articolare e la scioltezza, elementi che permettono alle persone di muoversi anche in ambienti ristretti.

L'approccio inconscio e l'emulatore

La risposta del nostro cervello ad un attacco fisico è molto complessa e variegata. Lo studio di tale risposta è importante per capire il tempo di reazione nel caso di un approccio "inconscio", secondo la filosofica di Systema, in opposizione all'approccio di una scelta consapevole.
Quando il nostro cervello si prepara per un movimento, per esempio, in risposta a un attacco alla nostra persona, lo farà immediatamente, senza attivare i muscoli e senza una consapevole coscienza. Questo significa che il cervello possiede qualcosa simile ad un “emulatore”.
Prima che il nostro cervello prenda coscienza di un movimento istintivo, deve inserirlo nelle sue mappe. Questo passaggio implica delle attivazioni ormonali, modifiche della pressione sanguigna e tutta una serie di adattamenti psicofisiologici. L'unica fattore mancante è l'attivazione dei nostri muscoli, e della nostra consapevolezza. Il movimento che viene inserito negli schemi del nostro cervello ci appare, a livello cosciente ogni qualvolta lo riproponiamo, sempre originale, benché in realtà sia già inserito negli schemi cerebrali.

La risposta secondaria

Se il movimento è diretto dal nostro inconscio e tale movimento avviene spontaneamente, allora la nostra risposta cosciente sarà la risposta che viene detta "secondaria" e viene guidata dal cervello.
Tuttavia, nell'esempio del controllo della mente cosciente (SWAT team, forze speciali…), è sempre necessaria una selezione tecnica prima di attivare i muscoli attraverso una terza risposta.
Un numero limitato di tecniche diminuisce il tempo di selezione, ma rimane comunque il terzo percorso del cervello quando viene applicato un approccio consapevole.
Systema invece si basa sulla risposta inconscia o automatica, il che significa che possiamo agire, o meglio, reagire, attraverso la risposta secondaria, senza passare quindi attraverso la scelta della tecnica; infatti non vengono insegnate delle tecniche specifiche, ma tutto si fonda sull'esperienza diretta dell'allievo.

I modelli ad azione fissa (FAP) nel combattimento

I Neurologi si riferiscono a questi movimenti di reazione automatica come "modelli ad azione fissa" (FAP). Quindi è attraverso le esperienze del passato, che il corpo ha imparato a reagire in un certo modo, in determinate circostanze, in modo da ridurre il tempo di reazione, quindi il cosiddetto, "pacchetto movimento" è applicato in modo coordinato quando necessario, senza che il cervello debba ripetutamente riprendere il percorso di scelta.
Questi modelli possono variare dalle schivate molto semplici a schemi di movimento complessi, schemi che, tuttavia, non sono sempre la scelta migliore o più efficiente per ogni circostanza.
Per esempio, se si tocca un oggetto caldo, si ritrae la mano immediatamente, in un FAP, ma se qualcuno blocca il dito in una serratura, questo stesso FAP si attiverà, ma si avrà una situazione peggiore, perché, in questo caso, il tentativo di ritrarre la mano, in realtà andrà ad aumentare la pressione sul dito bloccato. Come possiamo modificare questa situazione e come possiamo cambiare il FAP o qualsiasi altro movimento di reazione automatica? La risposta è: allenamento.

Allenare i neuroni sensoriali

L'allenamento ha la possibilità di far ignorare il FAP corrente e sostituirlo con un altro.
Il cervello ha molte mappe del corpo, sparse in tutta le sue diverse aree. Quelle più importanti, sono le mappe del motore principale dei neuroni sensoriali, alle quali ci si riferisce come "humunculi". Queste mappe del corpo interagiscono in modo gerarchico.
Le informazioni provenienti dal corpo entrano nelle mappe sensoriali primarie e poi salgono attraverso complesse procedure di elaborazione e costante rivalutazione fino a livelli di mappe superiori.
Più è alto il livello a cui viaggiano le informazioni e più informazioni vengono inserite nella trasformazione di un'azione come emozioni, ricordi, immagini del corpo, credenze, modelli di dolore ecc, ecc.
Alla fine viene decisa la reazione appropriata ed emulata, poi si muove attraverso la gerarchia fino alle mappe motorie primarie, da cui i muscoli sono attivati e posti in un movimento cosciente.
Il punto interessante qui è che possiamo apprendere modelli specifici (tecniche) o possiamo anche insegnare al nostro corpo come muoversi in modo rilassato in schemi di movimento generali (i principi di movimento del Systema).
La differenza è che permettiamo al nostro corpo di raggiungere le proprie soluzioni per ogni singolo problema, fintanto che aderisce a principi scelti, come rilassamento, efficienza e movimenti naturali.
Il sistema nervoso funziona attraverso ciò che chiamiamo "facilitazione", in termini semplici, più usiamo un'azione più è probabile che la stessa azione sarà scelta la prossima volta.
Tuttavia, se andiamo continuamente a variare i movimenti particolari, pur mantenendo lo stesso modus operandi, con il tempo la qualità di questa abitudine comincerà ad instillarsi essa stessa come una risposta FAP, senza che vi sia uno specifico modello di movimento favorito collegato ad essa. Il cervello poi potrà accoppiarvi il modello di movimento che riterrà più appropriato. Si tratta di un approccio molto diverso dall'insegnamento di nomi e tecniche specifici per situazioni specifiche.
Un vantaggio dell'utilizzo in combattimento dell' “approccio principio” contro l' “approccio tecnico” è che il cervello non si annoia attraverso la ripetizione infinita degli stessi movimenti. Una volta che i principi si sono affermati, si acquisisce una serie illimitata di “risposte principio” a disposizione invece di una serie limitata di tecniche.
Abbiamo formato i nostri corpi in modo che raggiunga le proprie soluzioni, in modo creativo, per ogni situazione, pur sviluppando dei percorsi preferenziali di risposta, dipendenti dalle abilità individuali. È anche molto importante sottolineare che il rilassamento è assolutamente indispensabile per poter lavorare inconsciamente.
Quando è afflitto da tensioni, paure, rabbia, etc, il nostro cervello perde la sua capacità di essere creativo, e di lavorare in multitasking, perdendo anche la capacità di risposta ad una minaccia.


domenica 14 maggio 2017

Combattimento corpo a corpo

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La locuzione combattimento corpo a corpo indica una modalità di combattimento ravvicinato, tra due o più persone.
Essa viene utilizzata in special modo per confronti con esiti mortali, come nei combattimenti militari o di duello. Ciò lo distingue dalla disciplina sportiva (sport da combattimento), quest'ultima praticata anche per scopi di autodifesa.
La frase indica generalmente un tipo combattimento a mani nude disarmato, o che va ad utilizzare delle armi bianche o ad energia muscolare, quali manganelli, lame, fucili muniti di baionette.

Storia

Le organizzazioni militari hanno sempre istruito i propri soldati nel combattimento disarmato da affiancare al combattimento armato. I soldati Cinesi sono stati addestrati nel combattimento disarmato fin dalla Dinastia Zhou (1022 a.C. - 256 d.C.).
L'addestramento rimase anche dopo cambiamenti tecnologici importanti nei conflitti quale l'uso della polvere da sparo nelle guerre napoleoniche, la mitragliatrice nella guerra russo-giapponese e nella guerra di trincea della Prima guerra mondiale. Per esempio, un metodo di combattimento corpo a corpo come quello con l'uso della baionetta è rimasto comune nell'addestramento militare moderno, benché l'importanza di addestramento convenzionale sia notevolmente declinata dopo il 1918.
Durante la seconda guerra mondiale, il combattimento con la baionetta non è stato sempre insegnato alle reclute: dal 1944 i fucili tedeschi cominciarono ad essere prodotti senza alette per l'innesto della baionetta.
Il combattimento corpo a corpo è passato in secondo piano dopo la Seconda guerra mondiale, ma insurrezioni e conflitti come la guerra del Vietnam, conflitti di bassa entità e guerra urbana hanno messo in evidenza l'utilità di addestrarsi in questa disciplina.
La tecnica di combattimento ravvicinato con le armi è denominato Close Quarters Battle CQB se coinvolge una squadra o un plotone, o Military Operations on Urban Terrain MOUT a livelli tattici elevati.

Caratteristiche

Queste arti di combattimento sono abilità militari essenziali anche nella guerra moderna. Le armi da fuoco possono essere perse o rotte, o possono non riuscire ad essere imbracciate. Quando le forze amiche e nemiche vengono a scontrarsi in campi ristretti e confusionali in cui le armi da fuoco e le granate non sono utilizzabili, l'abilità di combattimento corpo a corpo si trasforma in un bene vitale.
Vi sono antiche tradizioni di combattimento corpo a corpo. La maggioranza delle culture ha i propri dati storici particolari relativi al combattimento ravvicinato e specifici metodi di pratica.
Ci sono molte varietà all'interno delle arti marziali, compresa la boxe. Altre varianti includono i combattimenti dei gladiatori di Roma antica e degli eventi medioevali di torneo come le giostre.

Stili e tipologie

I vari tipi e sistemi di combattimento corpo a corpo sono il frutto del lavoro di dozzine e perfino di centinaia di istruttori dedicati e personali, conosciuti e sconosciuti. Altri sistemi di combattimento corpo a corpo moderni che hanno le loro origini nell'ambiente militare sono il cinese San Shou, il sovietico Sambo, il russo Systema, gli israeliani Kapap, Kalah, Hashita e Krav Maga e l'italo-americano Wilding.
Il combattimento urbano in ambito, così come viene insegnato dai tempi della Seconda guerra mondiale, è stato in gran parte codificato da William Ewart Fairbairn e Eric Anthony Sykes, conosciuti principalmente per aver creato il coltello da combattimento Fairbairn-Sykes.
Fairbairn e Sykes lavorarono a Shanghai nella Polizia Municipale e contribuirono ad insegnare alle forze armate britanniche una tecnica rapida, efficace e semplice per combattimento con o senza armi in situazioni di mischia. Addestramento simile è stato fornito ai commando britannici, alla Brigata del diavolo, all'OSS, ai Rangers dell'esercito di Stati Uniti ed ai Raiders di Marina. Fairbairn chiamò questo sistema Defendu e scrisse varie pubblicazioni su di esso, come fece il suo collega americano Rex Applegate.
Attualmente la maggior parte delle forze speciali militari e dei corpi speciali delle forze di polizia (teste di cuoio) studiano e si allenano nelle arti marziali miste (MMA).

Utilizzo

Nella maggior parte dei casi il combattimento corpo a corpo viene insegnato ad agenti di polizia, per le arti marziali o per il combattimento sportivo, ma vi sono molti casi in cui vengono addestrati anche i civili per l'autodifesa.
La specializzazione e lo stile di addestramento al combattimento vengono sviluppati sia per corpi speciali addestrati per combattere in guerra, ad esempio i corpi d'élite e i commando: unità che tendono ad avere un addestramento molto più completo sul combattimento ravvicinato che la maggior parte degli altri militari, che per uomini che operano in contesti civili. In Italia ad esempio corpi di polizia istruiti alla disciplina sono i NOCS o il Gruppo di Intervento Speciale dei Carabinieri.



sabato 13 maggio 2017

Lotta

Giacobbe che lotta con l'angelo, un'illustrazione di Gustave Doré (1855).



La lotta (anticamente "lutta", dal latino lŭcta) consiste nel combattimento corpo a corpo tra due avversari o anche la fase del combattimento in cui i due contendenti finiscono avvinghiati in contatto diretto. Il termine si riferisce in particolare a tecniche, movimenti e contromosse applicate al fine di ottenere un vantaggio fisico, come posizioni di dominanza, uscite e sottomissioni, o per infortunare un avversario. Viene studiata e praticata soprattutto per sport e competizioni agonistiche, ma anche nelle arti marziali, per difesa personale o per addestramento militare. Esistono molti stili di lotta ognuno con regole diverse sia tra gli sport tradizionali (la lotta popolare) che tra le discipline di combattimento moderne; ognuna adotta un vocabolario ed una terminologia diversa anche in occasione delle stesse tecniche ed azioni, questo perché ognuno di essi possiede una propria storia ed ha risentito del condizionamento culturale della società in cui si è evoluto.


Storia della lotta


Dettagli di scene di lotta nella tomba 15 (Baqet III) a Beni Hasan.



La lotta è una delle più antiche forme di combattimento. Le origini della lotta possono essere fatte risalire fino a 15.000 anni fa tramite dipinti sulle pareti di caverne in Francia. Reperti archeologici babilonesi e egizi mostrano lottatori utilizzare gran parte delle tecniche note nelle attuali competizioni sportive. Nell'antica Grecia, la lotta occupava un posto rilevante nella leggenda e nella letteratura; vi sono riferimenti già nell'Iliade, nella quale Omero racconta di scontri di lotta avvenuti nel contesto della guerra di Troia fra il XIII e il XII secolo a.C. Sotto certi aspetti brutali, la lotta greca era la disciplina principale negli antichi giochi olimpici. L'antica Roma attinse pesantemente dalla lotta greca, ma ne eliminò parte della sua brutalità e del suo carattere "sportivo" a favore di un approccio più orientato alla formazione psicofisica dei cittadini e dei soldati.
Durante il Medioevo, la lotta rimase popolare a livello regionale e venne patrocinata da molte famiglie reali, incluse quelle francesi, giapponesi ed inglesi. Tecniche lottatorie sono descritte nei manuali di arti marziali europee del Rinascimento, come mezzo di difesa personale integrante l'uso di tecniche di scherma. In oriente, invece, l'addestramento militare, come per esempio quello delle guardie imperiali cinesi o dei samurai, comprendeva l'uso di tecniche corpo a corpo in caso si fosse perduta l'arma, come nello shuai jiao o nel jujutsu. Forme di lotta tradizionale si sviluppano in numerose parti del mondo, dalla Scandinavia all'India.
Le prime colonie americane importarono una forte tradizione lottatoria dall'Inghilterra. I coloni trovarono forme di lotta anche fra i nativi americani. La lotta amatoriale fiorì attraverso i primi anni degli Stati Uniti e divenne un'attività popolare in fiere, festività, celebrazioni ed esercitazioni militari. Il primo torneo nazionale organizzato di lotto fu tenuto a New York nel 1888, mentre la prima competizione di lotta nei moderni Giochi Olimpici si tenne nel 1904 a Saint Louis.
Nel 1912 viene fondata la Federazione Internazionale delle Lotte Associate (FILA), ad Anversa. Recentemente è stata rinominata in United World Wrestling.
Nel corso del XX secolo si sono differenziate numerose nuove discipline sportive lottatorie (sia di tradizione occidentale, che orientale), come anche spettacoli puramente d'intrattenimento confluiti nel pro wrestling.
Attualmente la United World Wrestling, sotto la giurisdizione del Comitato Olimpico Internazionale, ha riconosciuto nell'ambito sportivo le seguenti specialità come stili internazionali ufficiali, stabilendone regole uniche e gestendone incontri sportivi a livello mondiale:
  • Lotta greco-romana;
  • Lotta stile libero;
  • Lotta femminile;
  • Beach Wrestling;
  • Pancrazio;
  • Grappling;
  • Belt Wrestling.
Esistono comunque numerosi stili folkloristici tradizionali che fanno parte della Lotta popolare, nonché alcune arti marziali e sport da combattimento vari basati sulla lotta.

Tecniche di lotta

Le tecniche di lotta possono essere suddivise in queste categorie:
  • lavoro in piedi: ha luogo quando entrambi i competitori sono in piedi ed utilizzano prese applicate alla parte superiore del corpo dell'avversario, per condizionarne il comportamento o effettuare determinate altre tecniche. Consiste in prese e controlli di polsi, gomiti, e nuca, opposizioni con il petto, cintamenti e così via. Il lavoro in clinch è generalmente usato per preparare o per difendersi da proiezioni, ma in certe specialità anche per poter colpire l'avversario più efficacemente, oppure per cercare poi di afferrare l'avversario in una sottomissione. La lotta greco-romana è la disciplina del clinch per eccellenza.
  • Proiezioni: una proiezione è utilizzata dal lottatore per manipolare l'avversario (sbilanciandolo o sollevandolo) generalmente da una posizione in cui sono entrambi in piedi ad una al suolo, tutte prevedono comunque che l'esecutore mantenga una posizione di vantaggio o relativo controllo rispetto all'avversario. Lo scopo delle proiezioni varia a seconda delle discipline a volte enfatizzando il potenziale di incapacitare direttamente l'avversario con la caduta (in questo caso la schienata viene considerata KO e determina la fine dell'incontro), oppure indirizzando verso la possibilità di ottenere una posizione di controllo, per esempio per applicare una sottomissione. Si considera una proiezione anche quando il lottatore solleva il suo avversario e lo manovra forzatamente in aria verso il suolo, anche lanciandolo; se l'esecutore rimane in piedi e non segue l'avversario a terra, il lancio viene di solito definito slam, altrimenti throw secondo la terminologia inglese ma per la sua pericolosità è vietato in alcune discipline. Esistono anche sollevamenti e proiezioni applicabili da una posizione al suolo.
  • Immobilizzazioni e controlli: con questi termini si definiscono aspetti notevolmente differenti da disciplina a disciplina perché sono influenzate dalle finalità di ciascuna di esse in alcune un'immobilizzazione implica il trattenere un avversario da una posizione in cui non può attaccare, in altre comporta una vittoria immediata se mantenuta per un certo periodo di tempo, in altri invece è considerata inattività e può comportare la ripresa dell'incontro da una posizione libera (con eventuale sanzione per chi manteneva la staticità) ma può anche essere considerata una posizione di dominanza ricompensata con punti. Altre tecniche di controllo sono utilizzate per mettere faccia a terra l'avversario di modo da evitare che possa scappare o attaccare, oppure per mantenere una posizione di guardia da una situazione svantaggiosa come quando si è al di sotto dell'avversario. In questo senso un tipo di controllo viene detto turnover e viene usato per muovere e spostare un avversario che è pancia a terra o chiuso su sé stesso al fine di ottenere punti, preparare una presa o ottenere una posizione di maggior vantaggio.
  • Sottomissione: ne esistono di due tipi, le costrizioni e le manipolazioni. Alle prime appartengono tutte quelle tecniche che possono potenzialmente strangolare o soffocare l'avversario, le compressioni di muscoli o tendini sulle ossa, oppure in generale ogni tecnica che penetra o schiaccia punti sensibili (muscoli, organi, ghiandole). Alle seconde appartengono quelle tecniche che possono potenzialmente arrecare danno ad una giuntura o ad un'articolazione come torsioni, chiavi e soprattutto leve. In competizioni sportive, ci si aspetta che chi subisce una sottomissione tramite segnali verbali o gestuali (come il battere con la mano) si arrenda, ammettendo così la sconfitta poiché trattenuto in una presa da cui non può scappare. Chi viene sottomesso e si rifiuta di "battere" rischia la perdita di sensi o un serio infortunio. In ambito di polizia o di difesa personale, si possono applicare prese di sottomissione per bloccare un soggetto pericoloso o impedire la fuga di un criminale; in questo caso, più che di sottomissione, si parla in genere di controllo doloroso o presa da capacitanza dolorosa ("pain compliance hold"). Queste tecniche possono causare dislocamenti, strappi, fratture, perdita di sensi e persino morte.
  • Fughe: in senso generale, una fuga si ottiene muovendosi fuori da una situazione di rischio o da una posizione di inferiorità; per esempio quando un lottatore si trova al di sotto del suo avversario ma riesce ad uscire dalla posizione, oppure quando da terra riesce a rialzarsi, o quando sta per subire una sottomissione ma riesce a prevenirla e ad evitare la presa.
  • Ribaltamenti e spazzate: in genere occorrono quando un lottatore che si trova al suolo al di sotto di un altro riesce ad eseguire una mossa che gli consente di ottenere una posizione di vantaggio sull'avversario.

Tipi di lotta




Presa in vita nella lotta in piedi



Ci sono molti differenti stili regionali di lotta sparsi nel mondo che sono praticati in una ristretta area geografica o nazione, come la malla-yuddha indiana o la s'istrumpa sarda. Altri stili di lotta come lo shoot wrestling, il catch wrestling, il submission grappling, il Brazilian jiu-jitsu, il judo, il sambo, la lotta libera e la lotta greco-romana hanno invece ottenuto popolarità a livello globale. Il judo, la lotta libera e la greco-romana hanno ottenuto lo status di sport olimpici, mentre il jiu-jitsu brasiliano e il sambo hanno i loro campionati mondiali. Altri tipi di lotta conosciuti sono la luta livre, lo shuai jiao, l'aikido, l'hapkido e il beach wrestling. In queste discipline, l'obiettivo è o di portare al suolo l'avversario e bloccarlo, oppure di afferrarlo con una presa specializzata per sottometterlo e costringerlo ad arrendersi mediante un segnale (in genere, battere una mano). Sostanzialmente le tecniche utilizzate sono le stesse (con eventuali varianti nelle prese a seconda dell'indumento usato), poiché il corpo umano rimane lo stesso così come i modi di manipolarlo, a differenziare le varie discipline è più che altro il regolamento nelle competizioni che influisce su quali utilizzare e su come giungere ad esse.
Oltre che per l'eventuale fine (autodifesa o agonismo) gli stili di lotta trovano numerosi distinguo: i combattimenti si possono focalizzare sul controllo diretto e fisico dell'avversario, sul suo atterramento, ma possono essere specializzate in tecniche di sottomissione, o per il fatto che vengono combattute prevalentemente in piedi o a terra. Un'ulteriore differenziazione viene fatta in base all'abbigliamento con cui vengono praticate: la lotta olimpica viene praticata con uno specifico costumino o singlet, mentre le lotte provenienti dall'oriente si catalogano in "gi" o "no-gi" (se si veste o meno il budogi), ma ovviamente ogni altro stile di lotta possiede un abbigliamento proprio, caratteristico del folklore e della società di appartenenza.

Abbigliamento per lottare

Esistono grosso modo due modi per vestirsi nel praticare lotta, che possono influenzare la gamma di tecniche utilizzabili e il modo di esecuzione del confronto: in un caso si pratica con una giacca apposita, come per esempio il keikogi nelle discipline orientali o la kurtka nel sambo, o un pantaloncino in juta con le gambe arrotolate su cui si effettuano le prese nello Schwingen svizzero, un gilèt variopinto nella boke mongola, un particolare perizoma detto mawashi nel sumo, specifici bermuda in pelle nella lotta all'olio turca Kırkpınar e così via. In alternativa si può non utilizzare tale indumento per consentire prese.
In questi casi l'abbigliamento viene utilizzato per eseguire le prese, mentre nelle discipline olimpiche che si rifanno alle lotte antiche (che venivano praticate nudi), si indossano costumi attillati (troppo leggeri per effettuarci delle tecniche) che quindi enfatizzano il controllo diretto del corpo usando solo le prese e gli agganci naturali; è chiaro che non esiste una regola univoca e in alcune forme di lotta si combatte a petto nudo. Anche le calzature comunque fanno parte delle "divise" dei lottatori si svaria dalla pratica a piede nudo, all'utilizzo di stivali, scarponi o scarpette sportive specifiche.
La forma comprensiva di un giacchetto, spesso detta "gi" per estensione del termine usato nelle discipline di origine orientale, spesso utilizza prese sugli indumenti (in alcuni casi anche sulle cinture) per controllare il corpo dell'avversario, mentre le forme "no-gi", più proprie della tradizione occidentale, enfatizzano il controllo diretto di torso e testa usando solo le prese naturali del proprio corpo. Anche se l'uso di un giacchetto è obbligatorio nelle competizioni di judo, di sambo e gran parte di quelle di BJJ, così come in molte varietà di lotta popolare (o "folk wrestling") nel mondo, molti atleti si allenano anche senza, in genere per affinare la capacità di presa non avendo un indumento da afferrare. Non viene usato invece in discipline come la lotta olimpica o il submission grappling no-gi, dove gli atleti indossano al massimo tute aderenti come la rash guard o il singlet, che non consentano di essere sfruttati per applicare tecniche. In alcune forme di wrestling si compete addirittura a petto nudo, indossando solo dei pantaloncini; nel sumo, si indossa solo un perizoma, detto mawashi.

Lotta in piedi e al suolo

La distinzione più ricorrente per la lotta è relativa al suo essere applicata in piedi o a terra.
Più specificatamente la lotta in piedi, spesso impropriamente indicata con il termine inglese di clinching (che è un'azione che fa parte invece della lotta in piedi), è parte integrante di qualsiasi arte di lotta, considerando che di solito i due combattenti iniziano l'incontro da una posizione in piedi. L'obbiettivo della lotta in piedi varia quindi a seconda dell'arte marziale o dello sport da combattimento di riferimento. Una lotta in piedi difensiva concerne di per sé con l'applicazione di prese dolorose o lo scappare da esse, mentre una lotta in piedi offensiva include trapping, proiezioni, lanci, intesi per infliggere seri danni o per spostare il combattimento al suolo. La lotta in piedi può essere anche impiegata sia offensivamente che difensivamente in combinazione con lo scambio di colpi, o per impedire all'avversario di ottenere una distanza sufficiente per poter lui stesso usare le percussioni.

Nel judo, l'obbiettivo del ne-waza è di immobilizzare l'avversario schiena a terra, in alternativa si può effettuare uno strangolamento o una leva agli arti superiori.



La lotta a terra si riferisce a tutte le tecniche di lotta applicate quando i due lottatori non si trovano più in una posizione in piedi. Gran parte di molte arti marziali e sport da combattimento che includono la lotta al suolo consiste nel posizionamento e nell'ottenere una dominanza sull'avversario. Questa situazione (di solito al di sopra di esso) consente al lottatore in posizione di vantaggio una vasta gamma di opzioni, come: cercare di fuggire rialzandosi, ottenere un'immobilizzazione per controllare e sfiancare l'opponente, eseguire una tecnica di sottomissione come una leva, o colpirlo velocemente. Il lottatore a terra, d'altra parte, si concentra principalmente nell'uscire dalla situazione e migliorare la sua posizione, di solito con un ribaltamento. In alcune discipline, in particolare quelle che utilizzano una posizione cosiddetta di guardia, il lottatore a terra può riuscire ad applicare una sottomissione a chi è situato sopra di lui.
In ambito sportivo, la lotta in piedi di solito riguarda il proiettare efficacemente l'avversario. In alcune specialità come la glima, il combattimento finisce appena l'avversario è caduto. In altre, l'incontro può continuare al suolo finché non vengono incontrate alcune condizioni (come una sottomissione o un'immobilizzazione): Per esempio, nella lotta olimpica si cerca di far poggiare l'avversario con la schiena a contatto con la superficie del tappeto o proiettarlo con grande ampiezza per vincere; nel judo lo scontro in piedi detto randori cerca una proiezione perfetta sull'avversario per ottenere la vittoria o ippon, qualora egli finisca a terra ma senza schienata si può passare ad un lavoro a terra detto ne-waza in cui si cerca di immobilizzarlo schiena a terra per un determinato periodo di tempo o sottometterlo. Sportivamente esistono anche discipline di sola lotta a terra, o nelle quali si può ottenere la vittoria solo a terra, è il caso per esempio del Submission Grappling e del Brazilian jiu-jitsu, che si concentrano su tecniche di sottomissione. Per contro, la lotta greco-romana è la disciplina del clinching per eccellenza.

Lotta come dominio fisico o come sottomissione

La lotta può essere categorizzata anche in base al suo concentrarsi sul controllo fisico oppure sulla sottomissione. Questa distinzione era già nota nell'antichità, in epoca classica per esempio venivano definite come lotta canonica oppure pancreatoria. Fra le discipline appartenenti al primo ambito ci sono il sumo, la lotta libera o la sua meno nota variante beach wrestling (uno stile basato sulle tecniche della lotta libera ma a differenza di quest'ultima è vietato il combattimento a terra, l'intento delle federazioni che organizzano i tornei di lotta sulla spiaggia è quello di promuovere e diffondere il wrestling anche al di fuori delle palestre, sfruttando un ambiente di gara naturale e molto popolato). Sono competizioni in cui si ottiene la vittoria in genere schienando l'avversario o facendolo uscire fuori da un'area delimitata, incoraggiando in genere proiezioni e lavoro di controllo. Fra le discipline appartenenti al secondo ambito, vi sono il Brazilian jiu-jitsu, la luta livre e il submission grappling, nei quali la vittoria è invece data dalla resa dell'avversario che subisce una sottomissione e incoraggiano un tipo di lavoro (soprattutto a terra, ma non necessariamente) finalizzato a conseguire ciò. Il sambo cerca di esplorare entrambi gli ambiti con diverse gradazioni, a seconda della specialità di sambo.
Questa appena descritta si tratta di una distinzione che nella lingua italiana non viene definita, dato che si utilizza generalmente per tutto il solo termine "lotta" proveniente dal latino lucta. Ma nei paesi anglosassoni (soprattutto Regno Unito e Stati Uniti), dove esiste una florida e datata tradizione di lotta, e dai quali provengono i principali atleti e campionati, si impiegano diversi termini utilizzati anche nei circuiti internazionali e che a volte possono generare confusione.


Due lottatori liberisti in azione.



Nella lingua inglese si utilizza in genere il famoso termine "wrestling" per definire quella parte della lotta consistente in clinching, proiezioni, lanci, prese ed immobilizzazioni, dove due avversari ingaggiano una competizione fisica in cui cercano di ottenere e mantenere una posizione di dominanza. La parola si riferisce soprattutto alla lotta olimpica, che viene definita in genere "amateur wrestling", in Italia il termine viene associato in genere solo agli spettacoli del "professional wrestling" che sono una forma di show che non va confuso con le competizioni lottatorie propriamente dette. Il termine proviene dall'Inglese antico ed è una delle parole inglesi più remote nel tempo per descrivere il combattimento corpo-a-corpo. Il dizionario Merriam-Webster lo definisce come "uno sport o competizione in cui due individui disarmati combattono corpo-a-corpo per soggiogare o sbilanciare l'altro".
Esiste però anche il termine "grappling", che in inglese indica la lotta in generale in ogni suo aspetto, ma che a volte (e soprattutto in Italia) viene inteso riferendosi alla sola parte della lotta consistente in tecniche di sottomissione (strangolamenti, soffocamenti, leve, chiavi e torsioni) e in tecniche operanti per poter applicare le prime (che non sono invece parte delle discipline di wrestling, a parte alcune eccezioni come il catch wrestling che ne ha adottate alcune nelle proprie regole).
A volte si associa impropriamente il termine wrestling alla lotta in piedi e erroneamente grappling a quella a terra, ma in realtà è possibile effettuare un "lavoro di wrestling" anche a terra così come leve o strangolamenti sono applicabili anche in piedi.

Aspetti fisiologici

Le discriminanti nell'approccio alla lotta è ciò che gli studiosi definiscono “intelligenza cinestetica” e capacità propriocettiva. L'intelligenza cinestetica consiste nella capacità  di un individuo di saper gestire il proprio corpo e di controllarne i movimenti, manipolare oggetti trasformarli e riorganizzarli, o nel caso della lotta controllare il corpo di coloro con cui si entra in relazione, osservare situazioni e riprodurle, programmare sequenze di azioni anche a livello astratto. È un'intelligenza che permette l'apprendimento attraverso il movimento (toccando oggetti, muovendosi, interagendo con lo spazio). La propriocezione è la capacità di percepire e riconoscere la posizione del proprio corpo nello spazio e lo stato di contrazione dei propri muscoli, anche senza il supporto della vista. La propriocezione assume un'importanza fondamentale nel complesso meccanismo di controllo del movimento.
La natura stessa impone dei tempi di apprendimento di queste due capacità che rientrano in quei processi fondamentali dell'età evolutiva e che quindi rimangono più ostiche nell'età adulta, ma soprattutto la natura ci impone la metodica di apprendimento che in tutti i mammiferi è la lotta (la principale attività dei cuccioli per lo sviluppo psico-motorio).
È quindi sulla base di quanto scritto che in tutte le scuole professionistiche di sport di combattimento comprese quelle di MMA si attribuisce uno spazio molto ampio all'apprendimento delle tecniche lottatorie sia tra i professionisti che soprattutto nell'ambito giovanile ed infantile, come dichiarato poi dallo stesso Alessio Sakara in un suo intervento “consiglio ai giovani” (youtube).
La Lotta intesa come la Lotta Olimpica risulta essere la disciplina più utile all'apprendimento in sicurezza di queste abilità che poi saranno indispensabili nella pratica anche di discipline più cruente. Lungi questo dal voler sostenere che la lotta sia la più efficace tra le discipline di combattimento, ma soltanto che i fondamentali inerenti questa specialità sono oltre che fonfamentali anche più complessi e quindi da apprendere prematuramente.

Lotta "shoot" o "show"

Nei paesi anglosassoni, si distingue in genere fra la lotta praticata a livello agonistico, spesso identificata col collegiate wrestling e l'amateur wrestling (e che ricadono nell'ambito della lotta olimpica), e il "professional wrestling", che consiste in realtà in spettacoli d'intrattenimento, a volte seguenti anche un copione prestabilito. La lotta come "show" si è sviluppata in particolare nelle forme del pro wrestling, del puroresu e della lucha libre.

Uso

Il grado con cui le tecniche di lotta sono utilizzate nei differenti sistemi di combattimento varia. Alcune discipline, come il catch wrestling, il submission wrestling, il judo, il sumo, e il Brazilian jiu-jitsu sono esclusivamente arti di lotta e non contemplano l'esecuzione di colpi.

Matt Larsen, creatore del Modern Army Combatives Program, mostra uno strangolamento ad un avversario in addestramento.



Nel pancrazio antico invece la lotta era un tutt'uno con lo scambio di colpi e l'utilizzo delle mosse più efferate, comprese lo spezzamento delle dita o la possibilità di mordere. Odierni sport da combattimento come le arti marziali miste ed il Pancrazio moderno, sono le discipline che più si avvicinano a questa totalità consentendo agli atleti partecipanti di usare sia tecniche di lotta che percussioni, utilizzando l'una per poter applicare meglio le altre o viceversa le altre per giungere facilmente alla prima. I lottatori di lotta libera hanno conquistato il maggior numero di titoli in questa disciplina ibrida.
La lotta non è comunque consentita in tutte le arti marziali e gli sport da combattimento; di solito allo scopo di concentrarsi su altri aspetti del combattimento come le tecniche pugilistiche, i calci o l'uso di armi. Gli avversari in questi tipi di incontro, tuttavia, possono ancora entrare brevemente in una fase di lotta o comunque di contatto diretto per fatica fisica o dolore; quando ciò avviene, l'arbitro può intervenire per separarli e far ripartire lo scontro, a volte dando un avvertimento ad uno o entrambi i competitori. Ciò avviene per esempio nella boxe, nella kickboxing, nel taekwondo, nel karate e nella scherma. Una fase di grappling prolungata nella muay Thai comporterà anch'essa la separazione dei combattenti, ma l'arte studia intensamente l'utilizzo di tecniche di clinching attorno al collo.
Le tecniche di lotta e la difesa dalle tecniche di lotta sono anche considerati importanti nella difesa personale e nelle applicazioni di polizia. Le più comuni tecniche insegnate hanno lo scopo di difendersi da prese o applicare prese dolorose.

Khuresh, stile di lotta tradizionale di Tannu Tuva.



D'altra parte, la lotta consente di controllare un avversario senza arrecargli danno. Per questo motivo, molte forze di polizia ricevono un certo grado di addestramento nella lotta. A maggior ragione, gli sport di lotta sono stati regolamentati di modo da permettere ai partecipanti di competere con tutti i loro sforzi fisici senza dover infortunare gli avversari.
La lotta viene chiamata dumog nell'eskrima. Il termine chin na nelle arti marziali cinesi ha a che fare con l'uso della lotta per ottenere una sottomissione o incapacitare l'avversario (ciò può implicare l'uso dei punti di agopuntura). Alcun arti marziali cinesi, l'aikido e diversi sistemi di eskrima, così come molte arti marziali europee medievali e rinascimentali, contemplano la lotta quando uno o entrambi i contendenti sono armati e ne studiano l'applicazione in sinergia con l'uso di armi. Per esempio, un bastone può essere impiegato anche per effettuare uno strangolamento dopo una fase di scambio di colpi. Questa pratica è significativamente più pericolosa della lotta disarmata e richiede generalmente un alto livello di allenamento.
Alcuni artisti marziali, come i Dog Brothers, combinano la lotta con l'uso di armi.