Nessun'arte marziale è semplice o efficace. Tutto dipende dal "guerriero".
Nessuna tecnica, anzi come la chiama la vulgata, "mossa", è efficace in assoluto. Leve o proiezioni meravigliose che vengono benissimo in dimostrazione, sono inapplicabili nella realtà se non con un probabilità di riuscita pari allo 0,01%.
I racconti del dojo dicono che i maestri "leggendari" insegnassero una sola forma per tutta la vita intendendo dire con questo che solo la massima concentrazione applicata su pochi movimenti virtuosi, potevano rivelarsi realmente efficaci in un combattimento reale.
La preparazione psicologica del "guerriero" è fondamentale. La sua capacità di valutare la situazione nel più breve tempo possibile gli consentirà di "vincere non combattendo" riuscendo a gestire con saggezza il suo avversario valutando i vantaggi e gli svantaggi di una sua azione.
Se si pratica con "cuore puro", si acquisirà anche la parte materiale del combattimento che si svilupperà al suo meglio solo se la mente si sarà abituata a valutare: solo cosi non si sarà vittima di un arousal, attivazione, eccessiva rispetto alla situazione ne un appraisal, mantenimento del livello, che potrebbe far consumare rapidamente energie portando il praticante nella fase fisiologica dell'esaurimento compromettendo la sua capacità di giudizio.
Sto parlando di un combattimento necessario e inevitabile, non quello sportivo che si ripete decretando un vincitore e uno sconfitto entrambi vivi e pronti a ricominciare, qui ci riferiamo al combattimento che si combatte una volta sola e per il quale non c'è nessun esercizio, allenamento o tecnica che possa garantire oggettivamente di non perdere.
Dipende esclusivamente dal "guerriero".
Uno stile che è stato studiato espressamente per la lotta da strada e parte dal presupposto che l'aggressore possa essere piu' pesante e potente di noi, è il kung fu wing chun.
Tradizione vuole che sia stato inventato da una donna. La quale riteneva che gli stili classici dello shaolin kung fu annoverassero un repertorio tecnico troppo faticoso per un fisico femminile o comunque non avvezzo agli allenamenti estenuanti ai quali si sottoponevano tutti i giorni i monaci.
Tornando al wing chun, si tratta di uno stile di corta distanza, che prevede pochissima lotta, ritenuta troppo pericolosa in un contesto di reale difesa personale; calci bassi o al massimo medi; e per finire, a differenza di quasi tutti gli stili come il pugilato o karate, non prevede parate o chiusure ma predica l'attacco in simultanea contro l'attacco dell'avversario, in cui sia insita anche la difesa contro questo.
Ovviamente, uno stile di arte marziale, per essere efficace, deve sopratutto essere allenato bene; il che vuol dire tecniche provate all'infinito affinchè diventino come una seconda pelle del praticante, e contro compagni che simulano una aggressione il meno "collaborativa" possibile.
Qui pero' non si disquisisce piu' di stile, ma di didattica.
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