domenica 5 luglio 2015

Quel momento è ora!



Forse questo sarà l’articolo più breve della mia storia perché la risposta giusta non è un età ma un momento…
…e quel momento è ora!
Ok, scusa.
Forse così è troppo sintetico e sembra la pubblicità di una nuova automobile o una frase da cioccolatino per cui voglio provare a spiegarmi meglio e a darti qualche dettaglio in più.
Partiamo col dire che ogni corso di arti marziali è un capitolo a se e non tutte le arti sono indicate per tutte le età.
E’ quindi normale che alcuni corsi pongano dei limiti sia per quanto riguarda l’età minima che l’età massima.
Per esempio: un maestro che insegna un’arte morbida come il Tai Chi è probabile che possa accettare come principiante una persona con più di 60 anni, ma è poco probabile che maestri di arti più fisiche come il pugilato, il judo o l’MMA possano accogliere un allievo che vuole cominciare a quell’età.
Allo stesso modo non consiglierei mai a un bambino di iscriversi a un corso di Tai Chi mentre gli proporrei qualcosa di più dinamico e adatto alla sua età (Kung Fu, Karate, Judo, Taekwondo, ecc, oppure se si tratta di un ragazzo gli proporrei qualche sport da combattimento o qualche corso che preveda il contatto).
In generale possiamo dire che nel panorama marziale italiano si possono trovare corsi pensati per bambini, per ragazzi, per adulti e perfino per persone anziane.
In base alle proprie esigenze, ai propri obiettivi e alla propria età ogni città di medie dimensioni di solito offre più di un’alternativa.
L’unica raccomandazione che mi sento di farti è:
stai attento ai corsi “calderone”.
Sono quei corsi dove l’insegante, pur di avere qualche quota in più, accetta indiscriminatamente tutti.
L’omogeneità del gruppo, infatti, è molto importante per raggiungere dei risultati.
Se in un corso possono iscriversi tutti indipendentemente dall’età, dalla salute mentale, dalla forma fisica e dai propri obiettivi allora sicuramente la qualità dell’insegnamento ne risentirà molto.
Nei miei corsi, per esempio, uso un approccio professionale con una didattica molto strutturata e per garantire i migliori risultati possibili non solo sono molto rigido sulla selezione del gruppo ma addirittura suddivido i vari anni dei corsi per classi e ogni classe è seguita contemporaneamente da più di un insegnante.
Tuttavia anche se questa è la soluzione che ho scelto per la mia scuola non necessariamente deve essere la strada giusta per tutti:
avendo puntato tutto sulla qualità, i miei corsi richiedono molto impegno, non sono adatti a tutti e sono anche di qualche euro più cari rispetto a quelli di altre palestre per cui è normale che per tutte quelle persone che sono fuori target di età, che non sono così interessate ai risultati o che hanno problemi di budget vadano meglio i corsi più economici, che fanno meno selezione e che hanno una didattica più amatoriale.
Non c’è niente di male: non tutti abbiamo le stesse esigenze.
E se anche tu sei una persona che punta al risparmio non voglio convincerti a iscriverti a un corso Top ma ricordati solo che esiste sempre un limite a quanto può essere conveniente partecipare a un corso “calderone”…
…per quanto un corso possa costare poco, trovarsi nella stessa classe con compagni, obesi, pigri, ritardati, violenti, maleducati o altro, non è mai una buona idea.
Per cui anche se non puoi permetterti, o non ti interessa, un corso Top valuta bene perché può essere che nella tua città esista anche un corso di prezzo medio che pone comunque un po’ di attenzione al gruppo.

Occhio alle fregature

Infine la cosa più importante è trovare un insegante che meriti la tua fiducia.

Sei un genitore?

Sei indeciso se iscrivere tuo figlio o tua figlia a un corso di arti marziali?
Non pensarci due volte!
Se trovi un corso serio e il bambino ha l’età minima per partecipare iscrivilo il prima possibile.
Si potrebbe scrivere un articolo intero sul perché delle mie parole…

E per me invece? cosa mi consigli?

Una volta capito come trovare un insegnante onesto e capito che per chi vuole avvicinarsi alle arti marziali esistono soluzioni per tutte le età e per tutte le tasche la vera domanda è:

Se in questo momento non stai praticando qual è la tua scusa?

Forse non hai mai avuto il tempo per cominciare?
…o magari hai scoperto solo ieri che esistono le arti marziali?
…o forse in passato hai già praticato ma per varie ragioni hai dovuto mollare?
…o magari sei finito nella palestra di un insegnante disonesto?
Qualunque sia la tua scusa non ne esiste una abbastanza valida da giustificare il fatto che tu oggi non voglia diventare una persona migliore e che di conseguenza non stia facendo qualcosa di concreto in questo senso.

Come dici? Stai già facendo altre cose importanti?

Sì lo so: Il fatto è che non è mai il momento giusto per cominciare (o per riprendere) e allo stesso tempo lo è sempre.
In ogni momento esistono delle valide ragioni per accantonare e rimandare un progetto in funzione di altri ma ricorda che per le cose importanti bisognerebbe sempre riuscire a trovare il tempo.
La tua crescita personale è importantissima…
…e come dico spesso ai miei allievi:
tutti sono capaci di trovare scuse per mollare o non fare.
Se vuoi fare la differenza e se vuoi essere una persona migliore allora devi trovare sempre una scusa per fare e per non mollare…anche quando è dura.
Il modo in cui ogni giorno ti impegni con azioni concrete e con perseveranza per diventare una persona migliore dice tutto di te.
Questa è la differenza tra chi consuma la propria vita per fare da spettatore a quella degli altri e chi invece vive davvero.
Come dicevo prima, forse non sarà mai davvero il momento giusto per cominciare (o ricominciare) e se aspetti che le stelle in cielo si allineino allora può essere che quel momento non arrivi mai…
…vuoi il mio consiglio?
impara ad agire anche se non è tutto perfetto!
Le scelte importanti nella tua vita dipendono solo da te e non puoi procrastinare sempre in attesa di tempi migliori.



mercoledì 10 giugno 2015

Sottovalutare l’importanza del gruppo


Abbiamo già visto quali sono gli elementi fondamentali da tenere in considerazione quando si deve scegliere un corso di arti marziali, eppure c’è un errore davvero comune che viene fatto nella scelta e che può influenzare negativamente il tuo percorso come marzialista:

Sottovalutare l’importanza del gruppo.

È un errore che stai facendo anche tu?

Le arti marziali non sono uno sport individuale.
Non pensare che il gruppo e l’ambiente nel quale pratichi influenzino poco la qualità del tuo allenamento.
Nelle arti marziali la crescita è personale, non si lavora per una squadra, ma si DEVE LAVORARE COME UNA SQUADRA.
Per questo esistono 5 elementi che non devi MAI sottovalutare!

1) Per crescere ti devi confrontare con i tuoi compagni

Questo è il punto centrale di tutto.
Allenarsi con qualcuno vuol dire condividere i propri errori, accettarli e in qualche modo scoprirsi.
Non aver paura di ammettere un errore o una debolezza.
Se in palestra c’è un clima di confronto, troverai sempre qualcuno disposto ad aiutarti a superare le difficoltà e a crescere come marzialista.
Una palestra dove ognuno pensa per sé e tutti sono impegnati a guardare solo il loro ego è un luogo da cui stare lontani.

2) Un gruppo disomogeneo rallenta l’apprendimento

Presta molta attenzione ai partecipanti del corso.
Ognuno di noi ha una storia personale, però è anche importante che ci sia una certa affinità tra i partecipanti.
Avere dei disaccordi o delle distanze molto forti a livello culturale o politico rende il confronto più difficoltoso, anche quando inserito in un contesto di rispetto reciproco.
Se ti senti a disagio all’interno di un gruppo di persone perché non ne condividi il modo di vedere o di pensare, la tua motivazione e la tua disponibilità all’apprendimento ne faranno le spese!

3) Attento alle differenze di età!

Sembra brutto ma non lo è.
Avere un grosso gap tra te e i tuoi compagni può influenzare la tua voglia di partecipare.
Crescendo si cambia modo di pensare e di vedere le cose, e trovarsi con compagni molto più giovani o più grandi di te potrebbe essere frustrante.
In oltre dieci anni di insegnamento ho visto che in corsi molto numerosi spesso si formano gruppetti omogenei per età ed estrazione, perché diventa più semplice e efficace allenarsi.
Cerca una palestra i cui ci siano almeno alcuni allievi della tua età: eviterai il rischio di sentirti escluso dal gruppo.

4) La motivazione è fondamentale.

Cosa ti spinge a seguire il corso di arti marziali?
Qual’è la tua motivazione profonda?
Attento, perché è un aspetto molto importante da tenere in considerazione nella scelta del gruppo.
Motivazioni diverse portano a modi opposti di allenarsi: se sei maggiormente attirato dalla fisicità e dallo scontro fisico, frequentare un gruppo molto improntato sulla tecnica o sulla crescita interiore rischia di essere controproducente e demotivante, perchè porta a vivere l’arte marziale in molto differenti.

5) Evita i porti di mare.

Un corso con un alto turnover di allievi è un corso dal quale stare alla larga.
Non vuol dire che l’insegnante non sia bravo o preparato, spesso significa solo che il gruppo risulta disomogeneo.
Le persone spesso abbandonano perché non riescono a legare tra di loro e finiscono per risultare insoddisfatte e mollare.
Il risultato è dannoso per tutti: per chi ha lasciato, ma anche e soprattutto per chi resta.
Se molte persone lasciano durante il corso, l’insegnante si trova costretto a tenere aperto il corso e ad accettare allievi tutto l’anno.
Molte risorse ed energia verranno impiegate per cercare di livellare la differenza tra il gruppo e i nuovi arrivati, abbassando la qualità dell’insegnamento e aumentando l’insoddisfazione di tutti.
Al contrario un corso chiuso tende ad essere più concentrato e garantisce tutta quell’attenzione di cui l’allievo (TU!) ha bisogno: è il motivo per cui i corsi della mia scuola sono a numero chiuso. Per garantire la qualità dell’insegnamento.

Il gruppo è, assieme alla qualità tecnica e umana dell’insegnante e alla tua motivazione, l’elemento più importante da tenere in considerazione.

Per esperienza personale posso assicurarti che un gruppo omogeneo e affiatato procede e apprende a velocità molto maggiore di un gruppo nel quale serpeggia il malcontento, la frustrazione e ancor peggio la demotivazione.
Avere uno di questi elementi nel gruppo è come avere un appestato in casa: le lamentele sono contagiose e su noi italiani attecchiscono ancora meglio.
Scegliere il gruppo adatto alle proprie esigenze e alle proprie caratteristiche non è solo una garanzia in più per te, lo è per tutto il gruppo.
Un buon corso dovrebbe sempre prevedere una certa selezione all’ingresso e specializzarsi su un pubblico omogeneo: il semplice fatto che i corsi siano a numero chiuso è già un buon segnale.
Non aver mai paura di chiedere e di informarti!
Allenarti in un gruppo solido e accogliente è un tuo diritto e una garanzia per il futuro.

mercoledì 3 giugno 2015

Lo Stile del Chigiriki: Un'Esplorazione dell'Arte Marziale e dell'Arma

 

Lo stile del Chigiriki è una forma unica di arti marziali giapponesi che si distingue per l'uso dell'arma tradizionale chiamata Chigiriki. Quest'arma, composta da una catena collegata a una mazza con una palla di ferro alla fine, offre una serie di tecniche dinamiche e potenti che possono essere utilizzate in combattimento. Esploriamo l'arte marziale del Chigiriki, le sue origini e le sue applicazioni pratiche.

Il Chigiriki ha le sue radici nelle antiche tradizioni delle arti marziali giapponesi. Si pensa che sia stato sviluppato per la prima volta nel periodo feudale del Giappone, quando le tecniche di combattimento erano essenziali per la sopravvivenza sul campo di battaglia. Il Chigiriki è stato utilizzato principalmente da samurai e guerrieri addestrati nelle arti marziali per difendersi e attaccare i nemici.

Evoluzione dell'Arma: Nel corso dei secoli, il Chigiriki ha subito varie modifiche e miglioramenti nelle sue forme e nelle sue tecniche. Gli stili moderni di Chigiriki mantengono le tradizioni delle arti marziali antiche mentre incorporano nuove innovazioni e adattamenti.

Ruolo nelle Arti Marziali: Il Chigiriki è diventato una parte integrante di molte scuole di arti marziali giapponesi, tra cui il Ninjutsu, il Kobudo e il Jujutsu. Queste discipline includono l'addestramento con l'arma Chigiriki come parte del curriculum di combattimento, insegnando agli studenti le abilità necessarie per padroneggiare questa forma di combattimento unica.


Il Chigiriki offre una vasta gamma di tecniche e applicazioni che possono essere utilizzate in una varietà di situazioni di combattimento. Quest'arma è nota per la sua versatilità e la sua capacità di adattarsi a diverse situazioni di combattimento, sia in contesti di difesa personale che in competizioni marziali.

Attacchi Rotatori: Una delle tecniche distintive del Chigiriki coinvolge attacchi rotatori utilizzando la catena e la mazza. Gli utenti possono sfruttare la forza centrifuga per aumentare la potenza dei loro colpi e creare un'azione rotatoria che può confondere e disorientare gli avversari.

Blocco e Controattacco: Il Chigiriki può essere utilizzato anche per bloccare gli attacchi avversari e lanciare controattacchi rapidi e potenti. Gli utenti possono avvolgere la catena intorno alle armi degli avversari o utilizzare la palla di ferro alla fine della mazza per colpire i punti deboli.


Oggi, il Chigiriki è praticato sia come arte marziale tradizionale che come disciplina sportiva in tutto il mondo. Gli atleti e gli studenti di arti marziali utilizzano il Chigiriki nelle competizioni per dimostrare la loro abilità e padronanza dell'arma. Queste competizioni spesso includono sfide di abilità, dimostrazioni di tecniche e combattimenti simulati.

Forme Kata: Gli studenti di Chigiriki spesso imparano una serie di forme Kata, o sequenze di movimenti predefiniti, per praticare e perfezionare le loro abilità con l'arma. Queste forme Kata possono includere una varietà di attacchi, blocchi e controattacchi che dimostrano la padronanza tecnica degli studenti.

Combattimenti Simulati: In alcune competizioni e dimostrazioni, gli atleti utilizzano il Chigiriki in combattimenti simulati contro un avversario. Questi combattimenti sono rigorosamente controllati e regolamentati per garantire la sicurezza degli atleti, ma offrono ancora un'opportunità per dimostrare la loro abilità e agilità con l'arma.


Il Chigiriki è un'arma unica e potente che ha una lunga storia e una vasta gamma di applicazioni nelle arti marziali giapponesi. Con le sue tecniche dinamiche e le sue capacità versatili, il Chigiriki continua a essere una parte importante delle tradizioni marziali e delle competizioni moderne. Attraverso l'addestramento e la pratica diligente, gli studenti di Chigiriki possono sviluppare abilità e competenze che vanno oltre il campo di battaglia, portando con sé una profonda comprensione delle arti marziali e della loro storia.

martedì 2 giugno 2015

Stili di Kung Fu che Sfruttano l'Ascia da Battaglia: Un'Esplorazione delle Tecniche e della Storia

Nel vasto mondo delle arti marziali cinesi, l'ascia da battaglia è stata utilizzata come arma distintiva in vari stili di Kung Fu. Questi stili, che sfruttano l'ascia da battaglia in modi unici e potenti, hanno una lunga storia che risale a secoli fa. Esploreremo alcuni di questi stili, le loro tecniche caratteristiche e il contesto storico che li ha resi parte integrante della tradizione marziale cinese.



Pu Dao (Ascia di Mezzaluna)

Il Pu Dao, noto anche come "Ascia di Mezzaluna", è un'arma tradizionale cinese che presenta una lama curva montata su un lungo manico. Questa arma è stata ampiamente utilizzata in vari stili di Kung Fu, tra cui:

Pu Dao Kung Fu:

Questo stile si concentra sull'uso abile del Pu Dao in combattimento, utilizzando la sua lama curva per tagliare, affettare e bloccare gli attacchi avversari. Le tecniche di Pu Dao Kung Fu sono caratterizzate da movimenti fluidi e circolari, che sfruttano la lunghezza e la portata dell'arma per dominare il campo di battaglia.

Xinyi Liuhe Quan:

Questo antico stile di Kung Fu, noto anche come "Boxing dei Sei Armoniosi", include tecniche di Pu Dao tra le sue pratiche. Gli studenti di Xinyi Liuhe Quan imparano a utilizzare l'ascia da battaglia con precisione e potenza, integrandola nelle sequenze di movimenti di combattimento.



Bian Gan (Ascia Piatta)

Il Bian Gan, o "Ascia Piatta", è un'altra arma tradizionale cinese che è stata utilizzata in vari stili di Kung Fu. Questa ascia presenta una lama piatta montata su un manico solido, ed è stata impiegata in tecniche di combattimento sia a corto che a lungo raggio.

Bian Gan Kung Fu:

Questo stile si concentra sull'uso della potenza e della precisione dell'Ascia Piatta in combattimento. Le tecniche di Bian Gan Kung Fu comprendono colpi potenti e precisi, affondi rapidi e blocchi efficaci. Gli studenti imparano anche a manipolare l'arma con agilità e velocità, sfruttando la sua versatilità in diverse situazioni di combattimento.

Chang Quan:

Questo stile di Kung Fu, noto anche come "Pugno Lungo", include anche tecniche di Bian Gan tra le sue pratiche. Gli studenti di Chang Quan imparano a utilizzare l'Ascia Piatta con grazia e potenza, combinando movimenti agili e potenti attacchi per dominare gli avversari.


Le tecniche di Kung Fu che sfruttano l'ascia da battaglia hanno una storia ricca e significativa nella tradizione marziale cinese. Queste armi erano utilizzate dagli antichi guerrieri cinesi in combattimento, sia sul campo di battaglia che nelle arti marziali rituali e nelle competizioni.

L'ascia da battaglia è spesso associata a virtù come la forza, il coraggio e la determinazione. Nelle antiche arti marziali cinesi, l'allenamento con l'ascia da battaglia non solo sviluppava abilità di combattimento, ma anche qualità interiori come la disciplina e la resilienza.

Nel corso dei secoli, le tecniche di Kung Fu che sfruttano l'ascia da battaglia si sono evolute e adattate alle mutevoli esigenze del combattimento. Gli stili moderni incorporano antiche tradizioni con nuove innovazioni, mantenendo vivo il ricco patrimonio delle arti marziali cinesi.

Gli stili di Kung Fu che utilizzano l'ascia da battaglia sono una parte importante della tradizione marziale cinese. Queste tecniche offrono non solo un'efficace forma di combattimento, ma anche un profondo significato simbolico e storico. Attraverso l'allenamento con l'ascia da battaglia, gli studenti di Kung Fu possono connettersi con la ricca storia delle arti marziali cinesi e sviluppare abilità e virtù che vanno oltre il campo di battaglia.

lunedì 1 giugno 2015

L’uso delle cinture nei corsi di Difesa Personale

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Arriviamo al tema scottante delle cinture, che tanto fa parlare e tanto fa litigare.

Tra i marzialisti (o almeno tra ALCUNI marzialisti) c’è un detto:
“Le cinture sono buone solo a tenere su i pantaloni”.
Verissimo, sono d’accordo.
La cintura è essenzialmente uno strumento, e come ogni strumento tutto dipende dall’uso che se ne fa. La cintura può essere un pezzo di stoffa, può rappresentare un traguardo o un obiettivo, non dovrebbe mai fungere da paravento o da travestimento.
Mi interessa, perché mi coinvolge in prima persona, parlare dell’uso delle cinture nei corsi di difesa personale.
Molte persone, tra cui molti marzialisti, si stupiscono o addirittura criticano l’uso delle cinture nei corsi di Difesa Personale.
Io le ho adottate, all’interno dei miei corsi, per un semplicissimo motivo.

La difesa personale, come ho ripetuto migliaia di volte, è una faccenda seria. Non ci si può improvvisare capaci di affrontare situazioni ad alto stress con poca preparazione, a prescindere dalla qualità e dall’efficacia delle tecniche.

Il punto è che la cintura dovrebbe essere un semplice strumento didattico, indicante una progressione e una scansione tecnica. Purtroppo, nel campo della difesa personale, sono più i corsi truffa dove manca qualsiasi programma sufficientemente strutturato per pensare di avere una cintura.
Mi spiego meglio: la maggior parte dei corsi di difesa è nata negli ultimi 40 anni come riassunto di tecniche prese dai tradizionali, combinate con stili occidentali e di derivazione militare. Si trattava di programmi rivolti essenzialmente a marzialisti o professionisti di lunga data, che possedevano già una motricità e una consapevolezza marziale, pertanto il concetto di cintura era tutto sommato superfluo.
Imi Lichtenfeld, ideatore del Krav Maga, codificò il proprio sistema in base alle conoscenze di wrestling, judo, pugilato ed esperienza militare e non introdusse alcuna cintura per oltre trent’anni, fino al 1964. Le introdusse come strumento didattico, nell’ambito di un programma che richiedeva comunque almeno 5 o 6 anni di impegno costante per raggiungere la cintura nera.
Bruce Lee stesso non aveva pensato a cinture nel JKD; pensava però al suo sistema come evoluzione continua. Dubito quindi che si stia rigirando nella tomba all’idea che qualcuno, dopo 40 anni, abbia pensato di introdurle in un programma moderno, vasto e ben strutturato.
Il problema è la terribile deriva e approssimazione alla quale si assiste da anni nel campo della difesa personale, che vede la proliferazione di corsi di formazione di durata irrisoria e che promettono miracoli, da parte di maestri le cui cinture hanno davvero la sola funzione di tenere su i pantaloni. Impossibile quindi che tali personaggi possano comprendere l’importanza della funzione didattica di un sistema di cinture.
Ritengo che le cinture debbano essere segnale di una didattica ben strutturata e rappresentare dei check-point attraverso i quali l’allievo deve passare per avere una crescita costante e omogenea. L’apprendimento dei concetti avanzati presuppone la propedeuticità delle basi: come si può imparare davvero se non esiste alcuna base solida su cui fondare l’insegnamento?
Pensate alla scuola: se i bambini imparassero concetti presi da anni a caso delle elementari e delle medie non credete che sarebbe difficile per loro assimilare davvero qualcosa? Lo stesso vale per la musica e qualsiasi altra disciplina complessa.
Si tratta, come al solito, di capire la differenza tra professionalità e dilettantismo (o malafede): le cinture, se consegnate all’allievo in modo coscienzioso e rigoroso – e non regalate come attestato di frequenza – permettono di fornire una scansione per obiettivi e di visualizzare i progressi compiuti e gli obiettivi da raggiungere.
La mia opinione è che i detrattori delle cinture, almeno in ambito di Difesa Personale, siano coloro che non hanno appreso in maniera strutturata o le cui nozioni didattiche sono troppo deboli per trasmettere agli allievi un vero sapere.
Non significa necessariamente che siano dei cattivi marzialisti, ma questo non fa di loro automaticamente dei bravi insegnanti.

venerdì 22 maggio 2015

“No! Provare no! Fare, o non fare! Non c’è provare!”



Quasi tutti i corsi di arti marziali offrono una lezione di prova prima di iscriversi, specialmente negli ultimi anni.

Ti sei mai chiesto se quest’ora offerta è davvero utile?
Io credo di no, e ti spiego anche perché.
Ma prima ti faccio una domanda: se sei davvero esperto in qualcosa, ritieni possibile per una persona senza esperienza giudicare la qualità del tuo lavoro e la tua abilità in poco meno di una o due ore?
Il punto della questione è proprio questo.
Diversi anni fa le lezioni di prova non esistevano, eppure le arti marziali si diffondevano comunque a ritmo impressionante ed era pieno di persone che praticavano in maniera seria: prova tu stesso a chiedere a qualche conoscente, magari sulla cinquantina, che praticava judo o karate!
La lezione di prova è un modo per venderti qualcosa, agire sulla nostra emotività: è provato che le persone comprano sotto l’impulso del momento e solo dopo giustificano e razionalizzano l’acquisto.
Siamo circondati di cose da comprare e pensiamo che i soldi, o un’apparenza scintillante, siano tutto quello che serve per fare un buon acquisto.
Pensare alle arti marziali come qualcosa da comprare è sbagliato.
Un corso di arti marziali è una cosa seria e articolata, un percorso di formazione che probabilmente durerà anni e vi regalerà momenti emozionanti.

Ti dirò di più: la lezione di prova è controproducente

Provo a farti un esempio: facciamo finta che desideri imparare a suonare uno strumento, come il pianoforte o la chitarra, ma non hai alcuna esperienza. In una sola ora di lezione pensi di poter giudicare se quello strumento fa davvero per te?
Decisamente no. Anzi, potresti addirittura uscirne demoralizzato, e pensare che quello strumento non sia adatto.
Con le arti marziali è la stessa identica cosa: il percorso va visto nel suo insieme. Quando venti anni fa ho iniziato a praticare non esistevano lezioni di prova, e per fortuna!
Probabilmente al tempo le mie capacità erano sotto la media, e come ragazzino di 14 anni non avevo certo la testa e la possibilità di capire il perché di quei movimenti noiosi e faticosissimi che mi facevano ripetere nei primi mesi di allenamento.
La verità è che probabilmente, se avessi fatto una lezione di prova, non mi sarei mai iscritto e avrei perso la possibilità di crescere e di coltivare una passione bellissima. Non avevo di fronte showmen che mi riempivano la testa di illusioni, frottole o promesse di tecniche segrete ed efficacissime.
Quando si inizia un percorso complesso lo si fa per apprendere qualcosa che non si conosce (o si conosce poco). Per questo è importante sospendere il giudizio almeno nei primi mesi, e affidarsi nelle mani di chi è più esperto, senza avere la presunzione di mettersi più in alto di chi ci sta insegnando qualcosa.
  • Uno dei problemi dell’essere umano è che nella propria vita si è sia soldati che generali, cioè dobbiamo prendere decisioni e metterle in pratica.
Tuttavia al momento di agire spesso si finisce per riprendere in mano il ruolo del generale e cambiare gli ordini perché non siamo disposti a fare la fatica che la prima decisione richiedeva.
Pensa cosa succederebbe in una guerra se ogni soldato avesse la possibilità di contestare gli ordini del generale…
Questa è una bella trappola perché così facendo non si va da nessuna parte!
  • Per dirla con altre parole: Il corpo è un ottimo servitore ma un pessimo padrone.
Cerca la tua motivazione dentro te stesso, non in quello che vedi in una lezione di prova.
Questa presa di posizione è ritenuta da chi mi conosce bene molto strana perché tutto sommato sono un bravo showman e la mia percentuale di conversione alle lezioni di prova è sempre vicina al 100%.
Allora perché sposare una causa che apparentemente non è la mia?
1) Conosco tanti bravi insegnanti che sono penalizzati da questo sistema
2) Io stesso non avrei mai cominciato se avessi fatto una lezione di prova
3) Chi compra un corso venduto a suon di lezioni di prova si trova a farlo solo sulla base dell’ondata emotiva
Quest’ultimo punto è fondamentale: l’ondata emotiva è destinata a infrangersi contro lo scoglio della fatica, della difficoltà e degli esercizi estenuanti che ogni buon corso di arti marziali prevede. L’insegnante si troverà a dover continuamente motivare l’allievo che frequenta solo per fascinazione che per desiderio di crescita.
Specialmente dove esiste la possibilità di fare abbonamenti mensili ci si ritrova a dover rivendere continuamente il corso all’allievo che di fronte alle prime difficoltà perde slancio e abbandona.
Questo è dannoso per tutti! Sono tutte energie che l’insegnante deve investire per tenere in piedi il corso invece di concentrarsi su un percorso organico. Un corso dove c’è un via vai continuo di studenti che praticano a singhiozzo è estremamente dispersivo.



“No! Provare no! Fare, o non fare! Non c’è provare!”
(cit. Maestro Yoda – Star Wars)

Le arti marziali richiedono impegno. Certo l’emotività iniziale è una spinta, ma nessuno diventa esperto in qualcosa solo grazie a questa. È importante che questa diventi motivazione, crescita personale e quindi passione. Per questo nessuna lezione di prova potrà darvi forza sufficiente a superare le difficoltà.
È il motivo per cui ho eliminato le lezioni di prova da molti corsi della mia scuola. Ci sono tanti modi per valutare la bontà di un corso o la preparazione di un insegnante. Se una scuola è presente da anni sul territorio avrai sicuramente la possibilità di sapere di più sulla preparazione dei suoi istruttori o sull’efficacia dei corsi.



martedì 5 maggio 2015

Le dimensioni contano.


L’importanza della preparazione fisica nelle arti marziali.

Eccoci a parlare dell’ennesimo orribile film che al suo interno contiene grandi verità.
Scherzo, Godzilla (del 1998) non ha particolari verità, ma mi interessa prendere spunto dal payoff del titolo e applicarlo alla difesa personale.
Le dimensioni contano.
Si, e non vanno sottovalutate. Lo dico perché tante volte mi è capitato di sentire o leggere false promesse, specialmente nei corsi di Difesa Personale da parte di istruttori che sostengono che le dimensioni non sono importanti.
Non è vero.
La fisicità è estremamente importante nella difesa personale, ed è un aspetto che non deve essere MAI sottovalutato.
Partiamo da un presupposto: non tutti nascono con la fortuna di avere una stazza imponente. Come fare, allora? Vuol dire forse che non è possibile difendersi contro un aggressore più grosso di noi?
No, assolutamente, ma non dobbiamo ignorare alcuni aspetti fondamentali che possono metterci in grado di uscire sulle nostre gambe da un aggressione contro un avversario più imponente di noi.



1) La fisicità è fondamentale.
Potrai non essere alto e non avere braccia come tronchi, ma la cura del tuo corpo è la strada migliore per annullare la distanza fisica tra te e il tuo avversario.
Sapere di poter contare sul fiato, sulla prontezza di riflessi e su una migliore capacità di agire e reagire ti metterà in grado di poter sfruttare a pieno il tuo potenziale. Ricorda che spesso gli energumeni, proprio perché nati con una presenza fisica notevole, sottovalutano altri aspetti come tecnica o capacità di reazione.



2) La tecnica massimizza la tua forza e la tua capacità di agire
Da sola una buona fisicità può non essere comunque sufficiente per colmare la differenza fisica.
Per questo è importante curare tecnica e motricità.
Una buona preparazione fisica ti consentirà di mettere una certa energia in un colpo o in una liberazione da una presa, ma senza la corretta tecnica (anche se preferisco parlare di motricità) buona parte di questa energia verrà sprecata.
  • Un diretto portato senza la giusta motricità (pivot e movimento d’anca) perde completamente di efficacia.
Allo stesso modo avere un buon gioco di gambe ti consentirà di prendere dei vantaggi su di un avversario che punta tutto sulla stazza e sulla forza fisica.



3) La motivazione e l’aggressività fanno la differenza
Non mi stancherò mai di dirlo: è la motivazione e l’aggressività a fare la vera differenza.
Essere in grado di gestire lo stress, trovare la giusta aggressività per far fronte a un attacco e rispondere efficacemente e al massimo delle proprie possibilità non è una cosa che si impara da un giorno all’altro.
Per questo sostengo l’assurdità di certi corsi di Difesa Personale che promettono di insegnare a difendersi in pochissime settimane (e in alcuni casi parlano di giorno o addirittura di ore).
È provato scientificamente che il rush adrenalinico che il nostro corpo prova durante un’aggressione è in grado di paralizzarci quasi completamente se non siamo in grado di gestire lo stress.
Un corso di Difesa Personale che si rispetti (o meglio un percorso) dura anni, durante i quali l’insegnate e la pratica marziale consentiranno di trovare la motivazione, la sicurezza nei proprio mezzi e la capacità di gestire stress e aggressività che sono indispensabili per difendersi correttamente ed efficacemente.
  • La difesa personale non è uno scherzo: deve mettervi in grado di difendere voi e le persone che amate.
Un istruttore che tralasci uno degli aspetti che ho elencato sopra vi sta mettendo in pericolo, dandovi la falsa speranza di essere in grado di gestire situazioni complesse.
Il mondo non è composto da persone di stazza enorme e dalle cattive intenzioni, ma può capitare che chi è nato con la fortuna di essere un energumeno si prenda delle libertà, ed è inutile pensare che le dimensioni non contino: possiamo però colmare la distanza con la fisicità, la tecnica e la giusta motivazione e questi tre aspetti dovrebbero SEMPRE far parte di un percorso marziale.

mercoledì 29 aprile 2015

“Guardi la montagna, ma il tuo cavallo muore”


Il problema delle opinioni tendenziose o non qualificate nelle arti marziali.

Qualche tempo fa mi è stato fatta una domanda.
Perché non scrivi sui forum?
Le ragioni sono tante, ma alla fine partono sempre da un problema di rispetto.
Credo che il rispetto sia una componente fondamentale della pratica marziale: senza il rispetto si perdono infinte occasioni di imparare.
  • Molte delle persone che scrivono sui forum hanno praticato una sola arte marziale. Alcuni nemmeno quella.
Nella migliore delle ipotesi, invece, i più esperti usano i forum per vendere i loro corsi per cui è difficile ricavarne informazioni obiettive. Questo non vuol dire che nei forum non ci siano informazioni utili ma, se ci sono, di sicuro sono sepolte in mezzo a una montagna di inutili commenti.
Io non voglio (e non credo di) far parte di nessuna di queste categorie, e non intendo mancare di rispetto a nessuno. Sicuramente in mezzo alla quantità di discussioni ci saranno spunti interessanti, ma nella maggior parte dei casi si tratta di gossip marziale, quando non ci si trovi direttamente di fronte a informazioni manipolate per tirare acqua al proprio mulino.
Questo problema fa il paio con un altro: sui forum Mike Tyson le può prendere da un ragazzino di 14 anni.
Ovviamente è un’esagerazione, ma non troppo: chiunque si sente autorizzato a dire la propria opinione anche su materie tecniche, con il solo risultato di creare molta disinformazione. E’ come se su un forum di medicina le opinioni di un medico fossero sullo stesso piano di quelle di un ragazzino di prima superiore. E magari dato che il ragazzino è più presente sul forum del medico alla fine acquisisse più prestigio solo in base al numero di post.
Internet ha dato oltre ad un sacco di libertà ed informazione molto spazio a chi nella vita, non riuscendo a costruire niente di buono, critica gli altri e fa il bullo sul web perché ha il coraggio di insultare anche persone che hanno ottenuto risultati molto al di sopra dei suoi.
  • La realtà è che spesso quando fai qualcosa di buono subito ti fai dei nemici
Personalmente non parlo male di nessuno: sul mio Blog mi limito semplicemente a dire cosa secondo me funziona e cosa no, argomentando con spiegazioni ove possibile scientifiche o raccontando la mia esperienza diretta. Non mi sono mai permesso di dire qualcosa per sentito dire. Eppure, anche se non mi riferisco mai a nessuno nello specifico, chi ha la coda di paglia si sente tirato in causa. Così, insieme ai molti apprezzamenti, mi capita di leggere anche qualche mail di chi mi insulta perché secondo lui è tutto sbagliato quello che dico o quello che mostro.
Una volta mi arrabbiavo, me la prendevo e rimanevo amareggiato.
Poi ho pensato che certe manifestazioni non meritano la mia energia (né quella di nessun altro). Quando ricevo certe mail la mia risposta standard è la seguente:
“io non ho nessun interesse a farti cambiare idea. Per cui se credi che il mondo per essere un posto migliore debba conoscere la tua opinione di disprezzo nei miei confronti, organizzati! Apri un tuo blog, scrivi libri, fai dei videocorsi anche tu e prova ad argomentare le tue tesi.”
Inutile dire che raramente c’è un seguito.
A tal proposito vorrei citare un proverbio cinese abbastanza famoso nel kung fu:
WANG SHAN PAO SI MA
“Guardi la montagna, ma il tuo cavallo muore”
Quando si vede qualcosa di grande, di già costruito, è facile valutare e criticare, ma raggiungere gli stessi risultati può risultare molto difficile!
Il detto si riferisce all’errore percettivo in cui si incorre nei grandi spazi: in lontananza una montagna sembra vicina, ma nel raggiungerla ci rendiamo conto della distanza e rischiamo di uccidere il nostro cavallo per la fatica.
Spesso abbiamo la verità in tasca: sappiamo benissimo come le cose dovrebbero o non dovrebbero andare, ma solo quando abbiamo veramente la responsabilità di “fare” ci rendiamo conto delle reali difficoltà.
Per concludere, ritengo che avere un’opinione sia un diritto sacro e inalienabile. Credo anche però che alcune opinioni siano più qualificate di altre: le arti marziali sono frutto di molti anni di studio e pratica: se queste mancano la tua opinione vale molto poco.
Se poi le tue opinioni partono dall’idea che esista una sola arte marziale, un solo maestro, una sola scuola illuminata dalla luce di dio, secondo me la tua opinione vale meno di zero.
Questo è il tipico modo di pensare dei membri delle scuole-setta, che spesso invadono gli spazi in rete per diffondere il loro verbo insultando e mancando di rispetto a chiunque non la pensi come loro.
  • Il fanatismo delle arti marziali-rivelate mi spaventa non poco.
Le arti marziali sono come una montagna che può essere scalata da vari punti, di solito chi critica gli altri è così in basso nella propria risalita da non accorgersi che anche gli altri stanno salendo ma lo stanno facendo da un altro crinale.
Non ho mai sentito un maestro di quelli che hanno dedicato una vita allo studio e che hanno raggiunto la vetta della montagna mancare di rispetto ad altri praticanti.



sabato 18 aprile 2015

Ti ricordi Karate Kid?

il kobra kai e la difesa personale


Adesso ti dirò una cosa che ti sconvolgerà.

Ti ricordi Karate Kid?
Non sto parlando della versione con il figlio di Will Smith, ma di quella vecchia, dove un ragazzino mediocre e senza particolari capacità diventa un karateka, capace di affrontare un avversario più forte di lui e riacquistare fiducia in se stesso.
Bene, a livello marziale il film faceva pietà.
Per tanti versi non aveva né capo né coda, eppure al suo interno sono presenti alcuni insegnamenti che possiamo applicare alla difesa personale e alle arti marziali in genere.
Alla fine Karate Kid racconta la crescita di un ragazzino che si fa uomo, capace di difendersi e di credere nelle proprie capacità.
E ci arriva con la pratica e la perseveranza. Ci insegna che la costanza e l’allenamento pagano, e che la motivazione è fondamentale.
Può far ridere, ma il concetto del “Dai la cera, togli la cera” è alla base dell’insegnamento marziale: si tratta di far acquisire al proprio corpo la memoria motoria di un gesto che al momento giusto verrà innescato in una situazione di pericolo.
Quel piccolo gesto, molto più di quell’assurdità della tecnica della gru, è la base di una marea di movimentazioni che aprono un mondo di possibilità.
Fin qua ti ho raccontato qualcosa che sanno bene o male tutti.



Ma c’è qualche altro insegnamento nascosto in Karate Kid.

Il maestro Myagi se lo ricordano tutti, è il nonno un po’ figo e un po’ burbero che tutti avremmo voluto.
Ma ti ricordi il maestro del Kobra Kai? Il biondo con il kimono nero, il cattivo maestro per eccellenza? Si chiamava John Kreese, ed era un borioso figlio di puttana.

Ti rivelo un segreto: John Kreese aveva ragione.

No, non sono impazzito, né mi sogno di dire che fosse un modello positivo.
John Kreese è davvero un pessimo maestro.
Eppure ad un certo punto dice una grande verità.
Nella sua scuola insegna la via del pugno:
Colpire per primo, colpire più forte, senza pietà!
Nella difesa personale la via del pugno dev’essere una specie di comandamento, e non vuole assolutamente dire che dobbiamo aggredire per primi o diventare degli attaccabrighe.
Dobbiamo pensare però che, purtroppo, quando si tratta di mettersi in salvo, di difendere la propria incolumità o quella dei propri cari, non esiste alcun ruolo educativo.
  • Colpire per primo vuol dire contrattaccare, e farlo con tutta la decisione e la forza di cui siamo capaci.
Pensare di colpire per far cambiare idea all’aggressore è una pessima idea, e il più delle volte serve solo a renderlo ancora più aggressivo.
Quando ci si difende bisogna mettere fuori uso l’avversario con decisione, quantomeno per trovare la via di fuga o mettersi al sicuro, perché non possiamo conoscere le reali intenzioni di chi ci sta attaccando.
Se avesse un coltello? Se i suoi compari fossero dietro l’angolo?
Ecco perché occorre “colpire per primo”, nel senso non di iniziare il combattimento ma di andare a segno per primi possibilmente con un contrattacco.
Infatti anche un solo colpo dell’aggressore potrebbe per noi rivelarsi fatale, specialmente se armato.
Bisogna “colpire più forte” nel senso di colpire con il massimo del nostro potenziale, dato che un colpo inconsistente è totalmente inutile.
Colpire “senza pietà” significa che non ci si può difendere cercando di portare tecniche a mezza via con l’intento di far cambiare idea all’aggressore.
Questo non significa necessariamente colpire per uccidere, bensì portare una tecnica proporzionata alla violenza di chi ci ha attaccato, con determinazione e senza esitare.
Se non puoi scappare questo è l’unico modo per metterlo fuori uso e avere così il tempo di cercare strade alternative al combattimento.
Questo vuol dire per esempio che, se vengo aggredito nelle vicinanze di un bar, mi può bastare far cadere l’avversario o colpirlo con abbastanza efficacia da darmi il tempo di fare una breve corsa e cercare riparo all’interno del bar e chiedere l’aiuto di altre persone.



Chiaramente ogni situazione va valutata in base alla sua gravità.

Esistono aggressioni più blande e altre potenzialmente letali.
  • La proporzionalità è fondamentale nell’autodifesa.
Non potete cavare gli occhi a uno solo perché vi afferrato per un braccio in un locale pubblico.
In generale l’uso dell’intelligenza per evitare lo scontro è sempre la scelta migliore.
Sun Tzu, autore de “L’Arte della guerra” e raffinatissimo tattico, diceva:
“Ottenere cento vittorie su cento battaglie non è il massimo dell’abilità: vincere il nemico senza bisogno di combattere, quello è il trionfo massimo.”
Se però non esiste nessuna via alternativa e siete aggrediti è meglio seguire la legge del pugno, perché la nostra incolumità (e quella delle persone a noi care) è l’obiettivo finale: per questo un mio amico istruttore diceva ai suoi allievi “meglio un brutto processo che un bel funerale”.
Questa frase racchiude molto di quanto ho detto, soprattutto riguardo alla proporzionalità: Se qualcuno vi attacca per uccidervi, la vostra reazione per difendervi dovrà essere adeguata ed efficace.
Forse non eviterete un processo, ma almeno sarete vivi. Allo stesso modo però, se il pericolo non è così grande, è sempre meglio evitare il brutto processo.
  • Proporzionalità e intelligenza sono elementi fondamentali di un corretto uso della forza.



Come ho già ripetuto altrove, la realtà del combattimento da strada è spesso brutale: per questo è necessario pensare alla propria capacità di difendersi in maniera seria e strutturata, attraverso un percorso formativo continuativo.
Perché, come diceva il maestro Myagi, sono la costanza e la volontà la chiave del successo.
E adesso, tutti a lucidare la macchina!