Credo sia innanzitutto importante fare
una distinzione: fondamentalmente ci sono due categorie di
marzialisti che “spaccano cose”.
1 - I non professionisti a cui viene
insegnato a spaccare le tavolette, soprattutto in occidente.
2 - I praticanti professionisti di
stili “duri” come il Kyokushin o lo Shaolin Quan, che si allenano
anni ed anni per condizionare mani e tibie.
I primi sono quelli che si vedono più
spesso, la classica scuola di karate o di taekwondo dove gli studenti
spaccano la tavoletta di legno, spesso in occasione degli esami di
passaggio di grado. È un gesto abbastanza spettacolare, ma non
richiede particolari abilità, a parte un po' di concentrazione e di
coordinazione. Lo fanno anche ai corsi di coaching e ai corsi
motivazionali, come gesto liberatorio e che genera autostima (un po'
come il fire walking: lo fai per poter dire a te stesso “ce l'ho
fatta”). Parlo con cognizione di causa: la mia ex fidanzata (45 kg,
nessuna esperienza marziale, forma fisica nella media) l'ha fatto
senza difficoltà su una tavoletta di quasi 2 cm. In pratica il
trucco è crederci e colpire come se non si dovesse incontrare
resistenza: si tratta comunque di tavolette di legno secco senza
nodi, da rompere nel senso delle venature.
I secondi fanno un lavoro completamente
diverso, allenandosi per sviluppare il “callo osseo”, in modo da
indurire le parti del corpo che colpiscono e desensibilizzare le
terminazioni nervose che trasmettono il dolore dell'impatto. Tutti i
praticati di Arti Marziali hanno bisogno di un certo grado di
condizionamento (altrimenti si metterebbero a mugolare al primo pugno
arrivato a segno), ma portato all'eccesso questo tipo di allenamento
permette di sviluppare mani dure come la pietra. A questo fine si
fanno allenamenti durissimi: pugni contro gli alberi, muri, sabbia,
ghiaia, calci su travi di cemento… Tutto fondamentalmente per
trasformare le mani in “clave” con cui menare l'avversario. Un
modo piuttosto primitivo di allenarsi a mio parere, ma sicuramente
efficace. In rete si trovano facilmente video di atleti che abbattono
alberi a calci o sfondano mattoni e tegole a pugni: tutto vero. Si
sono allenati al punto di avere arti durissimi e di non sentire più
dolore.
Il problema è che i danni sono
irreversibili e questo tipo di condizionamento porta alla morte delle
terminazioni nervose, con conseguente perdita della capacità di
usare agilmente le dita (mi stupirei molto di vedere nella stessa
persona la capacità di demolire un muro a mani nude e di suonare il
violino o il pianoforte). Il gioco vale la candela?
Si chiama Legge di Wolff, in
pratica, gli artisti marziali si procurano nel corso del tempo
tramite gli esercizi preparatori delle microfratture ossee che con la
ricalcificazione e rimineralizzazione rendono le ossa man mano sempre
più dure e in grado di sopportare impatti maggiori (c.d.:
osteoaddensamento).
La legge suddetta enuncia
“Ogni cambiamento nella
funzione di un osso è seguito da alcuni cambiamenti definitivi nella
sua architettura interna e nella sua conformazione esterna.”
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