lunedì 7 dicembre 2020

Due pugili professionisti che secondo Noi sono uno scherzo della natura

  • Mike Tyson


Dite quello che volete sulla sua vita personale ma "Iron" Mike Tyson era uno scherzo della natura. All'età di 18 anni, aveva una costituzione fisica alla Incredibile Hulk: la circonferenza del suo collo era di circa 50 cm.

Si potrebbe pensare che fosse lento, visto il fisico così ingombrante, e invece aveva una velocità accecante ed era follemente esplosivo. A 20 anni, divenne il più giovane campione dei pesi massimi della storia, un'impresa tuttora non superata.


  • George Foreman



Big George Foreman è considerato da molti il pugile più duro di tutti i tempi. Anche se gli mancava la velocità, compensava con la forza e un suo uppercut avrebbe potuto sollevarti dal pavimento.

Negli anni '70, usò come punchball ragazzi come Ken Norton e Joe Frazier. Joe Frazier una volta ha detto:

Combattere George Foreman è come affrontare una furia di diciott'anni in un combattimento da strada.

Anche a metà dei suoi quarant'anni, George Foreman era ancora molto pericoloso: riuscì a spingere Evander Holyfield al limite e mettera knockout Michael Moorer, di 26 anni.

George Foreman è diventato il più vecchio campione dei pesi massimi di tutti i tempi con la sua vittoria per KO su Moorer.







domenica 6 dicembre 2020

Chi è l'artista marziale più forte dell'epoca moderna?

 


Cung Lê (Saigon, 25 maggio 1972) è un ex lottatore di arti marziali miste, ex lottatore di sanda e attore vietnamita naturalizzato statunitense. Nelle MMA è stato campione dei pesi medi in Strikeforce, e a fine carriera ha combattuto quattro incontri nella prestigiosa UFC vincendone la metà; è noto per la sua tecnica tanto spettacolare quanto efficace nei calci. È stato campione mondiale imbattuto dei pesi mediomassimi IKF di sanda.


sabato 5 dicembre 2020

Un pugno di karate genera meccanicamente più potenza del pugno di un pugile?

Ci sono molti diversi tipi di pugni da karate e molti diversi tipi di pugni da boxe. In generale, i pugni di karate di solito non generano la stessa potenza dei pugni di boxe. Ciò che i pugni di karate fanno meglio è che di solito hanno una struttura più forte e più stabile.

Per spiegare meglio, confrontiamo il pugno diretto di base di entrambi. Per il karate questo è il pugno standard con camera:



E per la boxe prenderemo la tua croce destra di base:



Il pugile genera più potenza in questo pugno ... molto di più. Perché? Perché il pugile utilizza più gruppi muscolari per alimentare il pugno ed è in grado di mettere più del loro peso nel pugno.

Entrambe le tecniche richiedono di serrare i fianchi per generare più potenza, ma il pugile torcerà anche i piedi e le gambe, il busto e le spalle e si appoggerà anche al pugno per massimizzare la potenza dietro di esso. Il karate punch è un po' più statico per quanto riguarda il resto dei movimenti del corpo.

Tuttavia, chiedi al pugile di mantenere la sua forma mentre il suo pugno è completamente esteso, quindi inizia a spingerlo lungo i fianchi, davanti e dietro e anche contro il pugno stesso, e vedrai che puoi facilmente farlo sbilanciare.

Confrontalo con il pugno di karate, e il pugno di karate non genera così tanta potenza perché non coinvolgi tanti gruppi muscolari per tirare quel pugno né butti la maggior parte del tuo peso dietro il pugno. Ma chiedi a un karateka di mantenere la sua forma con il pugno completamente esteso, spingilo nello stesso modo in cui hai cercato di spingere il pugile e vedrai che il karateka ha una forma più forte e più stabile.

A causa di questa stabilità e del modo in cui la tua struttura scheletrica è meglio allineata, il braccio e il pugno del karateka sono anche più in grado di assorbire gli urti, rendendolo meno suscettibile a danni e lesioni anche se non atterri perfettamente il pugno. Questo è il motivo per cui il pugno di un karateka è molto più in grado di rompere le tavole, ma non sarà quasi mai in grado di eguagliare la pura potenza da knockout del pugno di un pugile.


venerdì 4 dicembre 2020

Bokator - Arte marziale Khmer

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Cos'è il Bokator?

Il Bokator è un'antica arte marziale Khmer che si dice abbia più di mille anni. È stato creato da un re Khmer nel 12° secolo. Ai vecchi tempi, era usato come tecnica di combattimento in guerra. Ora, fa parte della storia e della tradizione della Cambogia. Continua ad essere insegnato a bambini e adulti in Cambogia.

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Cosa imparerò in una classe di Bokator?

Imparerai l'antica arte dell'autodifesa e come proteggerti in caso di attacco. I principianti impareranno colpi di gomito, pugni, calci, colpi al ginocchio, salti, tattiche di difesa e contrattacchi. La meditazione è parte integrante di ogni lezione di Bokator e viene praticata alla fine della lezione. La lezione di Bokator dura 45 minuti ed è seguita direttamente da 30 minuti di meditazione.



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Perché la meditazione è così importante?

La meditazione aiuta a rilassare la mente e il corpo. Questo è particolarmente importante per i principianti per bilanciare l'energia utilizzata per imparare a combattere. Prima dell'inizio di ogni sessione di meditazione, riceverai diversi insegnamenti chiave su cui concentrarti. Poi ci si siede in silenzio per 20 minuti e poi si avrà la possibilità di condividere le proprie intuizioni per integrare il proprio processo di apprendimento.


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Teven Say Bokator



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giovedì 3 dicembre 2020

Esistono dei combattenti realmente esistiti considerati leggendari per le loro doti quasi sovrumane?

Quasi tutte le mitologie parlano di guerrieri molto forti il cui intervento in battaglia a volte si era rivelato decisivo. Ma vincere le battaglie non significa viincere le guerre. Il guerriero migliore nell'antichità non sempre era il più forte. Dal mito Acheo della guerra di Troia sappiamo che le armi del prode Achille, dopo la sua uccisione a tradimento da parte di Paride tramite un colpo di freccia nel tallone sappiamo che le sue armi non furono assegnate al valorosissimo e forte Aiace Telamonio ma bensì al meno forte ma intelligentissimo Ulisse capace come nessun altro guerriero di elaborare strategie vincenti elaborate dalla sua leggendaria astuzia. Il Cavallo di troia ne è un esempio eloquente.

Dall'alba della civiltà sono esistiti uomini che di umano avevano ben poco. Oggi abbiamo a testimonianza molti scritti storici (nella maggior parte dei casi militari) che raccontano le vere gesta di alcuni condottieri. La maggior parte di questi fenomeni della battaglia viene dal Giappone, la dottrina samurai consisteva nel vedere la resa come peggiore della morte, ne consegue che i samurai si gettassero in battaglia anche uno contro dieci consapevoli di non avere speranza e felici di ricevere "una morte onorevole". Tra questi un Ronin Miyamoto Musashi (un samurai senza padrone), affrontò e sconfisse i campioni della scuola di yoshioka e questo generò una vendetta dei suoi alunni che si riunirono in un folto gruppo per vendicare l'onta subita ma trovarono la morte per mano di Musashi che da solo li uccise tutti quanti. Abbiamo poi la guerriera Tomoe che vinse una battaglia con 600 uomini contro 3000 e se ci spostiamo in Occidente troviamo altri esempi come il gladiatore mirone da Crotone campione indiscusso dei Giochi dei gladiatori; il poco noto ma altrettanto temibile Götz von Berlichingen soldato di Ventura che perse la mano ma nonostante ciò continua a combattere in molte altre battaglie imbracciando niente meno che uno spadone. Questi sono solo alcuni esempi di uomini che in epoca di conflitti si sono comportati più come armi che come persone, ce ne sono molti altri quasi tutti precedenti al 9° secolo in cui appunto la modernità delle guerre ha fatto sì che non si potesse avere la testimonianza dei singoli soldati in quanto le battaglie si combattevano a colpi d'artiglieria e mitragliatrici e i singoli uomini venivano spazzati via in massa quindi fatta eccezione per rarissimi casi come il barone rosso è stato pressocchè impossibile sapere se un soldato abbia combattuto meglio degli altri.

Per "doti quasi sovrumane" non so se questa figura va bene, però mi ha sempre impressionato la figura di Nai Khanon Thom.

Nel 1774, costui fu imprigionato insieme ad altri suoi compagni, dai Birmani, nel corso di una guerra, nella battaglia di Ayutthaya. I Birmani hanno ed avevano un sistema di combattimento chiamato Parma, molto valido e pericoloso, che si disputa senza protezioni. I Thailandesi avevano un sistema di combattimento chiamato Pahuyuth, una parte di questo sistema è quella che oggi è nota come Muay Thai, "l'arte delle otto armi", per l'uso delle ginocchia e dei gomiti, oltre che dei calci e dei pugni, (in realtà la Muay Thai è la versione sportiva del combattimento, la versione militare si chiama Muay Lert Rit, e sono tutte parte del Muay Boran, che a sua volta è parte della Pahuyuth). Entrambe le arti sono abbastanza simili tra loro, data la vicinanza tra i due stati.

Il re Mangra volle provare quale delle due arti fosse la migliore, in una serie di incontri classici contro i suoi migliori combattenti; incontri che vennero disputati in un "ring" sulla terra, costituito dai militari birmani in cerchio, che delimitavano un'area, nel quale i combattenti si sfidavano all'ultimo sangue. Per il combattimento fu scelto proprio Nai Khanon Thom.



I Birmani che combattevano, vestivano i "sarong", delle specie di gonne/parei molto lunghi, mentre il Thai indossava un semplice perizoma. Quest'ultimo quindi era più agile negli spostamenti e nel "footwork". A dispetto delle similitudini tra le due arti di combattimento, fatte per la potenza e per pochi colpi messi con tempismo, ci furono delle strategie di combattimento diverse tra le due parti contendenti. I Birmani, limitati dal sarong, aspettavano il palesarsi di un errore nella guardia del Thai, per infilare soprattutto colpi di pugno, mentre Nai Khanon Thom colpiva con tutto quello che aveva, muovendosi decisamente di più.

Ebbene, il Thai sconfisse tutti i dieci (DIECI !) campioni Birmani. Anche il re Mangra si complimentò con lui, tanto che disse "Ogni parte del corpo dei Thai è piena di veleno; anche a mani nude possono sconfiggere dieci potenti avversari !"

Il Thai tornò libero e da eroe, a casa sua. Questa vittoria fu importante per i Thailandesi, risollevando loro il morale e l'orgoglio.

Ogni 17 Marzo i Thailandesi onorano questo campione, tanto che questo giorno è il giorno nazionale di tutti i pugili, dedicato al loro indomabile eroe, che rappresenta al meglio gli attributi che dovrebbe avere ogni praticante di Muay Thai: volontà ferrea, un cuore che non trema mai, tecnica e spirito affinati al massimo.


mercoledì 2 dicembre 2020

Alcune misure di autodifesa che sono abbastanza semplici

 




Mi spiace no.

Una volta per tutte bisogna capire una cosa fondametale.

Se gioco a pallavolo posso perdere le prime due partite, vincere le altre tre e passare il turno. Così in tutti gli sport e negli esami universitari. C'è sempre un' altra possibilità.

Nell' autodifesa non si può dire. "ho preso due coltellate ma alla fine ne ho rese tre, ho vinto".

E' un esempio al limite per far comprendere, spero una volta per tutte, che non esistono misure, mosse e trucchi abbastanza semplici.

Occorrono anni di dedizioned per (forse) arrivare ad acquisire una certa sicurezza.

Se ti può consolare quanto detto trova conferma negli scritti dei migliori maestri delle arti marziali ai tempi quando ci si giocava spesso e volentieri la "salute" ad ogni combattimento.

una citazione di un famoso spadaccino giapponese:

Esercitarsi mille giorni è disciplina. Esercitarsi diecimila giorni è perfezionamento.


martedì 1 dicembre 2020

Quanto sono diventate pesanti le spade usate in combattimento?

A titolo di confronto, un bastone da hockey su ghiaccio pesa circa 400 grammi, e una mazza da baseball americana circa 950 grammi.

Tutte le lame sono della collezione Royal Armouries e rappresentano esempi tipici.





lunedì 30 novembre 2020

È possibile sviluppare riflessi come quelli di Batman?

“Ti ho mai raccontato del mio maestro?”

“No! Veramente? Un maestro?”

“Ed era il migliore nel suo campo, ti assicuro. Ne avevo sentito parlare e un giorno mi presentai alla sua porta. Lo supplicai di prendermi come allievo, volevo imparare l’antica tecnica.”

“Come nel film Kill Bill!”

“Un po’, però successe tanto tempo fa. Dopo tante insistenze mi accettò come suo allievo ma dovevo accettare tutte le sue condizioni.”

“Erano molto severe?”

“Mi disse che l’allenamento sarebbe stato quotidiano e imprevedibile. Accettai tutto. Gli chiesi quanto tempo ci sarebbe voluto per diventare come lui. Cinque anni, mi rispose. Ma io volevo applicarmi profondamente, esercitarmi sempre! Quanto ci sarebbe voluto in questo caso? Dieci anni, mi disse.”

“Stava biasimando la tua impazienza.”

“Sì, il maestro sapeva sempre come ricondurmi a terra. Per qualche tempo mi obbligò a lavare e pulire, i lavori più umili, ma poi iniziò a sbucare fuori da tutte le parti. Da allora non solo mi insegnò tutte le tecniche di combattimento, mi tendeva anche continuamente agguati. In ogni momento poteva balzare fuori e colpirmi.”

“Perché?”

“Perché voleva che sviluppassi la mia vigilanza. La tecnica è nulla se non c’è la vigilanza. E in effetti guarda, bastò ben poco tempo per imparare la lezione. Vivere in uno stato di continua allerta rese il mio stato mentale vigile, lucido come non ero mai stato. Divenni duro come il legno. Sai qual era il suo nascondiglio preferito?”

“Dietro le porte?”

“Sotto i tavoli. Poteva colpire in ogni momento e se riusciva a farmi cadere a terra aveva vinto e mi toccava accettare i lavori più umili.”

“Che stress però.”

“No, non era uno stress inutile. Dovevo prevedere tutto, mi obbligava a pensare. Anche all’impensabile.”

“Almeno mentre dormivi ti lasciava stare, spero.”

“Non ti illudere. Ricorderò sempre quella notte in cui nel dormiveglia mi grattai distrattamente il naso. Proprio in quel momento mi balzò addosso cercando di artigliarmi! Mai tranquillo insomma.”

“Forte questo tuo maestro! Che uomo che era!”

“Non era un uomo, era un gatto."




domenica 29 novembre 2020

È vero quello che ha detto Mike Tyson riguardo al fatto che non è il pugno più duro che ti mette sempre fuori combattimento, è quello che non vedi arrivare!

 

100% vero. Il montante arcuato di Mike Tyson su Jose Ribalta è stato descritto come il pugno più spaventoso mai visto nella storia della boxe. Tyson ha scatenato questo pugno mortale tenendo occupata la mente di Ribalta con un colpo di corpo destro. Prima che Ribalta sapesse cosa fosse successo, fu colpito quasi istantaneamente dal più dannoso, successivo pugno di potenza.

Il pugno che non vedi è essenzialmente molto simile a un pugno "ventosa". Il tuo avversario non se lo aspetta o lo vede, quindi non può sostenersi o rotolare o bloccarlo, ecc... Questo conferisce al pugno invisibile una potenza d'urto molto maggiore.

In una situazione di vita reale, il pugno invisibile potrebbe essere applicato perfettamente a uno scenario di autodifesa, come affrontare più avversari o rapinatori ecc.…


sabato 28 novembre 2020

Quali regole bisogna rispettare quando ci si allena?

  1. Non fare il figo. A nessuno importa di te. Alla gente non importa se sei enorme o cicciottello. Non preoccuparti di ciò che gli altri pensano di te.

  2. Non disturbare le persone. Se sembra che non vogliano parlare, non parlare con loro. Se indossano le cuffie... non vogliono parlare. Se ti stanno ignorando, non vogliono parlare.

  3. Non aspettarti che i trainer ti aiutino gratuitamente. È il loro lavoro. Pagali se vuoi la loro esperienza. Anche se sono tuoi amici. Soprattutto se sono tuoi amici...

  4. Non far cadere i pesi a meno che non ci sia una buona ragione per farlo.

  5. Non fare rumore inutile. Un grugnito durante le ultime ripetizioni di un set duro ci sta. Ma il resto no! C'è una signora che lo fa nella mia palestra. Sembra che stia partorendo mentre fa sollevamenti laterali da 2 kg.

  6. Non essere ignorante. Sai cosa stai facendo. Almeno un po Al giorno d'oggi ci sono così tante informazioni là fuori, non c'è davvero una scusa per non conoscere le basi.

  7. Pulisci dopo aver usato gli attrezzi.

  8. Preparati i frullati prima di andare in palestra.

  9. Se puoi, alternati con gli altri quando usi le macchine.

  10. Non essere un cretino. Essere gentili non è richiesto. Ma sii civile. Questo copre molto.

  11. Non dare consigli. A meno che non sembri che qualcuno si stia spezzando la schiena, non è bello farlo.

  12. Non essere troppo serio. Divertiti. Lavora sodo, ma sii gentile con le persone.


venerdì 27 novembre 2020

Quanto sarebbe difficile combattere con un cinghiale?

 


A volte, quando un essere umano si trova ad essere attaccato da un cinghiale e quando arrampicarsi per scappare non è più un'opzione - né si può evitare in modo da evitare un potenziale contatto fisico con i suini-, l'ultima risorsa è quella di contrattaccare fisicamente, con qualsiasi mezzo possibile (un bastone, una pistola, o anche a mani nude), fino a quando l'animale non ne ha abbastanza e termina il suo attacco. Tuttavia, il successo nel respingere la creatura combattendo non è sempre garantito.



Quando reagisce, l'essere umano deve mantenere la propria posizione eretta, perché le persone che cadono o vengono buttate a terra possono subire lesioni più gravi - in effetti, i cinghiali mirano a far cadere gli umani facendoli inciampare e ferendoli gravemente sulle loro gambe (vedi sopra). Quando ciò si verifica, il cinghiale farà un passo indietro e prenderà posizione al termine del suo assalto iniziale, prima di attaccare di nuovo nel caso in cui la vittima si muova; nel processo, non finirà mai il suo massacro a meno che l'essere umano vulnerabile non sia completamente indifeso.



Ecco perché bisogna rimanere in piedi quando ci si difende da un cinghiale, in modo da proteggere le gambe da qualsiasi ferita letale e vedere l'enorme maiale enorme arrendersi . Ma bisogna impegnarsi molto, poiché il cinghiale potrebbe avere il sopravvento con le sue dimensioni e le sue zanne, prima di sopraffare la sfortunata vittima ...



Alla fine, tutto dipende dalle azioni della vittima, nonché dal singolo cinghiale.




giovedì 26 novembre 2020

Quale arte marziale si pratica nei servizi segreti?


 

I militari, in genere, non praticano un' arte marziale, ma un sistema di combattimento.

L'arte marziale, come il kung fu, aikido, judo… mirano ad avere il controllo dell'avversario.
Per quanto alcuni stili, come Pakwa e Hsing I siano ricchi di tecniche specifiche per uccidere, in generale, si evita di farlo.
Abbiamo poi gli sport da combattimento, dove è molto curata la preparazione aerobica, perchè devi essere attivo per tempi anche molto lunghi, come nella boxe.
Correre per 1 ora è una cosa, resistere per 12 riprese a colpi violentissimi e ricambiare pan per focaccia è tutto un altro discorso.
E' raro che il militare debba combattere a mani nude.
Ci si addestra a combattere con la baionetta, i marines, ad es, hanno reparti chiamati "squartatori", che poi sono assaltatori.
L'incursore, che deve acquisire un obbiettivo, deve sempre uccidere, per cui impara tecniche di strangolamento, rottura vertebre cervicali, quelle che usa Chuck Norris nei suoi film, ma nella realtà, l'avversario è molto meno collaborativo.
Il sabotatore deve neutralizzare, ma evita sempre di uccidere, perchè, se vieni catturato ed hai ucciso uno di loro, ti fanno piangere.
Il sabotatore è addestrato a stordire, colpendo con parti dure, come ginocchio o gomito, addestrato a proiettare, ma teniamo presente che, quando proietti uno all'improvviso, quello urla sempre, viene naturale ed è bene che non accada.
Colpisci alla gola, al plesso, fegato, milza… per togliergli fiato, poi proietti e colpisci il capo.
Non è facile, perchè la sentinella non è in mutande e canottiera, ha un elemetto, un giubbotto antischegge, imbraccia un' arma pronta a sparare…
L'agente segreto, così come l'agente infiltrato, combatte solo se viene scoperto, quindi, deve sempre uccidere.
Solitamente usa armi. Alcune elementari, come una tessera magnetica, tipo carta di credito, molata su un lato, che taglia come un rasoio.
Armi molto sofisticate. Le pistole sono quasi sempre in carbonio ed elettriche. Pistole che sparano proiettili di ghiaccio, oppure che sembrano oggetti comuni, come una penna stilografica, ma sparano capsule con cianuro.
L'agente segreto o l'infiltrato convive con coloro che spia, per cui divide la loro quotidianità.
Possono invitarlo in palestra, oppure può dover fare sesso… tutte situazioni in cui deve spogliarsi di fronte ad altri e non può avere armi tradizionali.
Negli anni '50, Hoover introduce karate e judo, nella formazione degli uomini dell'FBI.
Più o meno nello stesso periodo, gli Inglesi iniziano ad insegnare il close combat ai "Red Devils", i paracadutisti ed agli RMC.
Gli americani copiano subito, poi i SEALS creano il kokkar.
Il krav maga israeliano è il più noto.
Sono tecniche essenziali, il concetto è ancora più estremo di quelli con cui Bruce Lee crea il JKD.
Fondamentalmente jujitsu, gomitate, tecniche di coltello simili al silat.
Lo scopo è neutralizzare la minaccia in fretta, pochi secondi.

Io ritengo che l'allievo debba curare molto la preparazione fisica, poi apprendere tutto ciò che ha l'opportunità in molte arti marziali.
A questo punto, prendi le tecniche che senti più tue, che rispecchiano le tue esigenze, che esaltano le tue caratteristiche e ti crei da solo il tuo metodo di combattimento.

La vittoria richiede impegno e preparazione, sei non sei sempre il migliore, non servi a niente!

I fondatori di questi stili di combattimento hanno incorporato le arti marziali tradizionali (judo, jujitsu, aikido, karate) la lotta libera e il pugilato. Nel Sambo non sono stati aggiunti il karatè, l'aikido e il pugilato, ma le tecniche di questi stili sono presenti nel Krav Maga.

A mio parere, per creare un buon sistema di combattimento, bisogna aggiungere le arti marziali che curano tutti le parti essenziali della lotta: Per esempio il pugilato e il Wing Chun per migliorare il combattimento con gli arti superiori, il Taekwondo per perfezionare le tecniche di calcio, il Judo/Jujitsu per il combattimento a terra e le Arti Marziali Filippine, Indonesiane e Malesiane per l'utilizzo delle armi da taglio.

Credo, che il Jeet Kune Do sia buono come arte marziale perché comprende sia le arti marziali asiatiche e sia i sistemi di lotta occidentali (boxe, scherma, lotta greco-romana). Probabilmente agli agenti dei servizi segreti viene insegnato anche il Jeet Kune Do, fondato da Bruce Lee.

Anche gli sport da ring Indocinesi (Muay Thai; Pradal serey; Muay Lao; Lethwei) danno una buona preparazione tecnica per la difesa personale.


mercoledì 25 novembre 2020

Quali sono le principali arti marziali giapponesi e in cosa differiscono tra loro

Dunque iniziamo:

Le arti dell'arco

Come ho già detto in altre risposte, l'arma preferita dai guerrieri giapponesi era l'arco wakyū (和弓), disponibile in una forma lunga (daikyū, 大弓) da usare a piedi e in una corta (hankyū, 半弓) da usare a cavallo. Per il momento mi soffermerò sulla prima.

La nascita dell'arco in Giappone risale a prima del 297, anno in cui ci giungono, da un testo cinese, le prime notizie arceria giapponese. In seguito si svilupparono molte scuole di tiro con l'arco, le più importanti delle quali sono la Takeda-ryū (武田流) e la Ogasawara-ryū (小笠原流).

Durante il periodo Edo la classe guerriera si trasformò presto in una classe di funzionari non più dediti alla guerra e i maggiori praticanti di arti marziali divennero i monaci. Fu così che il kyūjutsu (弓術) si trasformò nel kyūdō (弓道), disciplina dalla forte componente filosofica tuttora praticata.



I praticanti di questa disciplina indossano un keikogi bianco a maniche corte, un obi nero e una hakama dello stesso colore, oppure, per occasioni formali, si può indossare un kimono con hakama con la manica sinistra sfilata o legata in modo da non intralciare i movimenti. L'arciere indossa inoltre un guanto sulla mano sinistra che copre da tre a cinque dita (i principianti possono usarne uno che copre solo il pollice per allenarsi) e i principianti indossano anche una protezione per il pollice sulla mano destra. L'equipaggiamento consiste in un arco lungo e quattro frecce scoccate a gruppi di due.

In genere l'allenamento avviene contro un bersaglio di paglia a distanza ravvicinata per allenare la tecnica e contro bersagli del diametro di 36 cm (dalla distanza di 28 m) o di 158 cm (dalla distanza di 60 m) per allenare la mira.

Esiste anche una tradizione millenaria di tiro con l'arco montato, che veniva studiato nell'arte del kasagake (笠懸), tiro al cappello: il bersaglio tipico era infatti il cappello conico tipico della tradizione giapponese.



Di kasagake esistono vari tipi, differenziati in base a dimensione, numero e posizione dei bersagli: i principali e ancora oggi praticati sono il tōkasagake (遠笠懸), che consiste nel tirare a uno o tre bersagli di 55 cm posti a 11–23 m dalla pista, e il kokasagake (小笠懸), praticato in genere mentre si tornava dal primo colpendo uno o due bersagli di 24–48 cm di diametro posti in posizione bassa a 2,3 m dalla pista. Quando il tōkasagake era eseguito in una competizione veniva chiamato kuji kasagake (籤笠懸) mentre la pratica sacra di colpire animali consacrati a un santuario prendeva il nome di shinji kasagake (神事笠懸).

Alcune tradizioni prevedono di colpire ripetutamente un bersaglio: era il caso dello hyakuban kasagake (百番笠懸), dove si colpivano cento bersagli e del tanabata kasagake (七夕笠懸), dove un bersaglio viene colpito sette volte.

Oltre a queste tecniche ufficiali era diffusa la pratica ludica dello hasaimono (挟物), dove alcuni arcieri si sfidavano per colpire piccoli bersagli (per esempio un ventaglio) da un cavallo in corsa.

Anticamente, veniva praticata anche una forma di arcieria montata che aveva come bersaglio cani in corsa in un recinto, chiamata inuōmono (犬追物), fortunatamente caduta in disuso.

Un tipo molto particolare di tiro con l'arco a cavallo dalle importanti caratteristiche religiose è lo yabusame (流鏑馬), dove ogni arciere deve colpire tre bersagli posti consecutivamente lungo una pista lunga quantomeno 218 m.



Il profondo impatto che lo yabusame ebbe nella cultura guerriera giapponese può essere intuito pensando che l'etichetta giapponese discende dalle pratiche rituali della Ogasawara-ryū, una delle due scuole di yabusame insieme alla Takeda-ryū.

Una tradizione molto particolare di tiro con l'arco è il cosiddetto sihan-mato (四半的), il tiro con l'arco da seduti, praticato con un arco corto e completamente separato dalle altre scuole di tiro con l'arco giapponese.


Le arti della lancia

Oltre all'arco, i samurai usavano spessissimo lo yari () ossia la lancia. Le prime lance giapponesi erano costituita da un'asta su cui veniva infilata una punta metallica cava, in seguito si svilupparono lance con un codolo inserito nell'asta.

Per la sua facilità di costruzione e uso, la lancia si affermò presto sui campi di battaglia nipponici, diventando un segno distintivo della classe guerriera.

L'arte che studiava l'uso della lancia si chiamava sōjutsu (槍術) e prevedeva combattimenti sia individuali che in formazione, utilizzando soprattutto affondi e parate effettuate deviando i colpi avversari con l'asta. Si utilizzano molto posizioni basse e stabili, che, pur compromettendo in parte l'agilità, permettono di migliorare molto l'utilizzo della forza e l'equilibrio.


Molti samurai venivano rappresentati con una lancia in mano.


Molto recentemente (2015) è stata creata una versione più sportiva chiamata sōdō (槍道). Questa viene praticata con bastoni di legno dalla punta imbottita e un'armatura da kendō.

Molto più praticato è il naginatajutsu (薙刀術), l'arte del falcione, tipicamente riservata alle donne e usata per difendere la propria abitazione.



A metà del secolo scorso si tentò di modernizzarla (con scarsi risultati) in un'arte chiamata naginatadō (薙刀道). Nel secondo dopoguerra fu fatto, con successo, un secondo tentativo, e nacque così lo sport chiamato atashi naginata (新しいなぎなた), la nuova naginata, che non è considerato come una vera e propria arte marziale ma gode comunque di un discreto successo. Si utilizza un'armatura da kendō con l'aggiunta di gambali, visto che sono contemplati anche i colpi alle tibie.

Simile al naginatajutsu era il nagamakijutsu (長巻術), che utilizzava un'arma intermedia tra naginata e tachi (spada). Era molto difficile da usare, e per questo non ci sono mai stati tentativi di far rivivere quest'arte.


Un esempio di nagamaki.


Le arti della spada

Siamo dunque arrivati a quelle che potrebbero essere le arti più influenti nella cultura di massa: quanti di voi non anno mai sentito parlare delle spade giapponesi e dei miti (quasi sempre falsi) che circolano attorno ad esse?

La principale arte che riguarda l'utilizzo della spada giapponese è il kenjutsu (剣術), un'arte estremamente complessa che può occuparsi di duelli o combattimenti con molti avversari, in cui si utilizzano una o due spade (nel primo caso l'arma può essere lunga o corta, nel secondo si utilizzano una spada lunga e una corta). Uno dei maggiori esponenti di quest'arte fu Miyamoto Musashi, vissuto tra la fine del periodo Azuchi-Momoyama e l'inizio del periodo Edo. Questi fu forse il primo ad utilizzare due spade contemporaneamente e fondò la sua scuola (二天一流, Niten-ichiryū).


Due samurai combattono su un tetto.


Dopo la restaurazione Meiji, ci fu un impegno a livello nazionale per rendere il kenjutsu meno militare e fruibile da tutti. Nasce così il kendō (剣道). In questa disciplina, entrambi i combattenti indossano un'armatura di legno laccato e usano una spada di bambù. L'obiettivo è segnare due punti colpendo l'avversario in punti vitali o indispensabili per il combattimento con colpi di taglio (testa, busto, mani) o di affondo (gola). Quando si utilizzano due spade, quella lunga viene usata per attaccare e quella corta per difendere.



L'altra importantissima arte che insegnava ad utilizzare la spada era lo iaijutsu (居合術) o battōjutsu (抜刀術), che insegnava come estrarre la spada velocemente e colpire l'avversario in un solo movimento. Viene spesso praticato con lame affilate, e per questo non ci si allena nel combattimento uno contro uno, ma solo nel kata (sequenze di tecniche codificate).

Attualmente, quest'arte viene praticata nella sua forma competitiva e più filosofica, lo iaidō (居合道), pressoché identica tecnicamente alla sua arte madre.



Il termine battōdō (抜刀道), invece, indica una pratica completamente diversa, dove lo scopo è quello di tagliare un rotolo di tatami avvolto attorno a una canna di bambù, in modo da simulare la consistenza della carne e delle ossa umane. Questa tecnica deriva dall'antica pratica del tameshigiri (試し斬り), anche se quest'ultima serviva a stabilire la qualità di una spada, mentre la prima è un modo per perfezionare l'abilità dello spadaccino. L'obiettivo finale è arrivare a estrarre la spada e tagliare il bersaglio in un unico movimento fluido.



Al pugnale (短刀, tantō) e alla spada corta (脇差, wakizashi) era dedicata un'arte marziale chiamata tankenjutsu (短剣術), che si occupava di studiare queste armi quando usate singolarmente, utilizzando la mano libera per impedire i movimenti dell'avversario.

In epoca moderna, quest'arte è stata trasformata in una forma più sportiva chiamata tankendō (短剣道), che viene praticata con un'armatura simile a quella del kendō con un imbottitura in più sotto al braccio destro.


Le arti del bastone

Una delle ermi giapponesi più note è sicuramente il bastone. Se ne distinguono, in genere, cinque lunghezze diverse: bō (), lungo circa 180 cm, jō (), di circa 127 cm, hanbō (半棒), circa 90 cm, tanbō (短棒), circa 60 cm e yubibō (指棒), 20 cm. Di questi i primi tre avevano tutti un'arte dedicata.

Il bō veniva usato nel bōjutsu (棒術), un'arte che prevede movimenti ampi e circolari in modo da colpire con entrambe le estremità del bastone.



Al jō era dedicato il jōjutsu (杖術), inventato da Musō Gonnosuke Katsuyoshi dopo aver perso un combattimento contro Miyamoto Musashi, nel tentativo di trovare un'arte efficace contro la spada. In tempi recenti è nata una forma competitiva chiamata jōdō (杖道), dove ci si esibisce in kata a coppie alternando il ruolo dell'attaccante e del difensore.

Alcuni affermano che il creatore di quest'arte fu l'unico capace di sconfiggere Miyamoto Musashi in duello, tuttavia non ci sono fonti certe riguardanti un secondo duello tra i due al di fuori della tradizione orale della scuola. Altro punto a sfavore di questa ipotesi è che l'allenamento in quest'arte prevede il combattimento tra due bastoni e tra un bastone e una spada, mentre Musashi combatteva spesso con due spade contemporaneamente.



Infine, lo hanbō viene studiato nell'arte chiamata hanbōjutsu (半棒術), che in genere è parte di un programma più vasto.


Le arti del fucile e della baionetta

Quando i portoghesi introdussero i fucili in Giappone, nel periodo Muromachi, gli autoctoni lo perfezionarono fino a renderlo una delle armi da fuoco migliori del periodo, chiamata tanegashima teppō (種子島鉄砲), dal nome del luogo dove aveva avuto origine. Quest'arma andò a sostituire i vecchi cannoni basati sul modello cinese (鉄砲, teppō), oltre alle lance e agli archi. Fu dunque necessario sviluppare un'arte marziale che avesse lo scopo di minimizzare il tempo di ricarica e massimizzare la precisione. Questa nuova arte fu chiamata hōjutsu (砲術).



Più recentemente, il Giappone importò dall'occidente anche la baionetta (銃剣, jūken) e, utilizzando le vecchie tecniche dell'arte della lancia e riadattandole per la lunghezza e l'impugnatura dei fucili, nacque il jūkenjutsu (銃剣術), l'arte della baionetta. Dopo la seconda guerra mondiale, quest'arte fu bandita e in parte dimenticata, finché, quando nel 1953 l'occupazione alleata finì, l'arte fu riportata in vita sotto il nome di jūkendō (銃剣道), praticata con fucili di legno dalla punta imbottita e un'armatura da kendō con un ulteriore rinforzo per la spalla sinistra.


Altre arti marziali che usano armi

Oltre alle armi precedentemente menzionate, molto diffuse erano anche l'ascia, il mazzafrusto, il falcetto e varie armi da lancio.

L'ascia (, ono) possedeva anch'essa una sua arte, chiamata appunto onojutsu (斧術), fatta rivivere nel 2015 in un'arte sportiva che prevede unicamente kata (forme) chiamata onodō (斧道).

Il chigiriki (契木) era un particolare tipo di mazzafrusto giapponese che ha un manico particolarmente lungo, dove una delle due estremità è rinforzata da una punta di ferro mentre all'altra è fissata una catena fissa o estendibile con un peso liscio o con punte alla fine. Ad esso era dedicata l'arte chiamata chigirikijutsu (契木術), che non è mai esistita come arte autonoma, ma sempre come complemento ad altre scuole di arti marziali.

Ancora il cosiddetto kusarigama (鎖鎌) era un falcetto a doppio taglio a cui era legata una catena con un peso nell'estremità inferiore. Anche la sua arte marziale, il kusarigamajutsu (鎖鎌術), non è mai stata autonoma, sebbene abbia goduto di una certa diffusione.



Per finire, molto noti nell'immaginario popolare sono gli shuriken (手裏剣), armi da lancio a forma di coltello o, più raramente, di stella, arma tipica dei ninja. Sotto il nome di shurikenjutsu (手裏剣術) rientrano tutte le tecniche usate per lanciare questo tipo di armi ma anche pugnali e spade corte.

Un'arma molto importante nei campi di battaglia era anche il jitte (十手), una particolare mazza con una guardia ad uncino, spesso utilizzata in coppia con la spada, che veniva utilizzata per effettuare leve articolari, disarmare l'avversario e eventualmente rompere la sua arma. L'arte che lo studiava era il jittejutsu (十手術).



Arti marziali che non utilizzano armi

Sebbene alcune delle precedenti arti marziali siano abbastanza note, quelle più diffuse e conosciute in occidente sono le arti marziali dette "del corpo", ossia quelle che non prevedono armi, o che comunque le utilizzano in modo limitato o marginale. Le prime di queste arti, note complessivamente sotto il nome di jūjutsu (柔術), ossia l'arte flessibile, in riferimento all'abitudine di non contrapporsi mai alla forza dell'avversario, utilizzandola invece per eseguire proiezioni, strangolamenti o leve articolari. Il jūjutsu prevedrebbe, tra le altre cose, lo studio del koppō (骨法), il metodo dell'osso, che studia l'utilizzo di percosse e leve articolari allo scopo di rompere le ossa dell'avversario, e del kenpō (拳法), il metodo del pugno, ossia il pugilato, che comprende anche tecniche di calcio, gomito, ginocchio e testata.



Nel XX secolo, nel tentativo di rendere le arti marziali più adatte ad essere praticate anche da bambini e adolescenti, il maestro Kanō Jigorō iniziò a sviluppare una sua propria arte marziale, che permetteva anche a persone di piccola statura di affrontare avversari più pesanti e muscolosi, mediante l'utilizzo dell'equilibrio e delle proiezioni. Nasce così il jūdō (柔道), che godette da subito di grande successo e molto presto fu inserito nel programma di educazione fisica nelle scuole, insieme al kendō e al karate shōtōkan. A Kanō Jigorō dobbiamo anche l'invenzione della divisa tipica delle arti marziali, il keikogi, che consiste in un paio di pantaloni, lo zubon, e di una casacca, l'uwagi, da chiudere con il lembo sinistro sopra quello destro. Entrambi devono essere rigorosamente bianchi. Infine, l'uwagi è tenuto chiusa da una fusciacca, l'obi, che ha assunto anche il ruolo di marcatore dell'esperienza del praticante.



Sempre in questo periodo fu attivo il maestro Ueshiba Morihei. Questi, dopo un profondo studio del jūjutsu, in particolare della Daitō-ryū, sviluppò un proprio stile di combattimento con forti influenze mistiche: l'aikidō (合氣道). Quest'arte ha molte caratteristiche peculiari, tra cui i movimenti estremamente fluidi e la concentrazione sulla difesa e il raggiungimento di uno stato di pace. Il nome significa letteralmente "via dell'unione con l'energia che permea l'universo" a sottolineare il carattere mistico, filosofico e di autoperfezionamento di quest'arte.



Un'arte estremamente particolare era il suieijutsu (水泳術), l'arte del nuoto e del combattimento in acqua. Questa tecnica insegnava anche a mangiare in acqua, nuotare per lunghe distanze a anche nuotare con indosso un'armatura.


Arti dello spionaggio

Tra tutte, l'arte marziale giapponese più influente nella cultura di massa è molto probabilmente il ninjutsu (忍術), arte di rubare, anche noto con il termine ninpō (忍法), tecnica del furto. Questa, più che un'arte vera e propria, era un termine ombrello usato per racchiudere tutte le scuole di arti marziali che comprendevano nel loro programma lo studio di tecniche di camuffamento, furto, spionaggio e omicidio.

Per ogni missione, un ninja doveva imparare il dialetto del luogo, il modo di parlare della classe sociale del suo personaggio, il modo di vestirsi degli abitanti del luogo, in modo da passare quanto più possibile inosservato.


Costume teatrale usato per rappresentare i ninja. Non avevano un vestiario particolare, si camuffavano in base al personaggio che dovevano interpretare.


Arti di polizia e arresto

Alla polizia dello shogunato Tokugawa veniva insegnata un'arte marziale chiamata toritejutsu (捕手術). Questa prevedeva lo studio dell'immobilizzazione di un prigioniero senza apportare danni permanenti.

Le armi principali usate dalla polizia dei Tokugawa erano lo tsukubō (突棒), il sodegarami (袖搦) e il sasumata (刺股).


Da sinistra, tsukubō, sodegarami e sasumata.


Il primo era un bastone con punta a T usato per tenere il prigioniero a distanza, il secondo aveva lo scopo di intrecciarsi alle maniche e ai vestiti di un fuggitivo intralciandone i movimenti e il terzo (ancora usato dalla polizia giapponese) aveva lo scopo di immobilizzare il prigioniero al suolo.

Strettamente correlata a questa era l'arte di legare le persone, chiamata hojōjutsu (捕縄術). La forma del nodo poteva cambiare in base all'estrazione sociale del prigioniero e al fatto che esso sia accusato o condannato.



Sumō

Merita un discorso a parte il sumō (相撲), che per molto tempo è stata l'unica forma di lotta sportiva in Giappone.

Questa forma di lotta prevede che due contendenti chiamati rikishi (力士) si spingano e si strattonino cercando di atterrare l'avversario o spingerlo fuori dall'anello (土俵, dohyō).

I rikishi indossano un indumento particolare chiamato mawashi (廻し), una fascia di seta (per i lottatori delle prime due divisioni) o di cotone (per tutti gli altri) lunga da 4,5 a 9 m e larga 45–60 cm, per un peso complessivo che può arrivare a 5 kg. Appese al mawashi vi sono un numero dispari di cordicelle chiamate sagari (下がり), che sono semirigide per i lottatori delle prime due categorie.



I lottatori competono in sei tornei annuali (本場所, honbasho), dove vengono suddivisi per categorie (sei in tutto, ne riparlerò fra poco) e competono in 15 (prime due categorie) o 7 (le altre quattro) incontri. I lottatori con un risultato vincente (勝ち越し, kachi-koshi) salirà nella classifica, mentre quelli con un record perdente (負け越し, make-koshi) molto probabilmente verranno degradati. Oltre a questi tornei, i lottatori competono in gare svolte in tutto il Giappone e a volte all'estero, senza alcuna importanza per la classifica.

La principale caratteristica è che non esistono categorie di peso, ma solo di esperienza. Così, un lottatore di "appena" 100 kg può trovarsi a combattere contro un lottatore di 200 (e se gioca bene le sue carte, può persino vincere).

Non bisogna farsi ingannare dalla stazza imponente dei rikishi: questi sono lottatori estremamente veloci e agili, e se nelle divisioni inferiori si può vincere usando unicamente spinte e strattoni, in testa alla classifica i combattimenti sono estremamente complessi e necessitano di un'abilità tecnica molto elevata.


Arti marziali di Okinawa

Includo in questa lista le arti marziali di Okinawa solo per via della vicinanza geografica tra le Ryūkyū e l'arcipelago giapponese. Bisogna comunque considerare che le arti marziali di Okinawa sono nate dall'influenza cinese sulle tecniche di combattimento autoctone, e le influenze giapponesi sono tutte risalenti al secolo scorso.

L'insieme di tutte le tecniche che prevedono l'utilizzo di armi viene chiamato Okinawa kobudō (沖縄古武道). Quest'arte comprende lo studio di vari tipi di bastone (, bō, 半棒, hanbō, 短棒, tanbō, , eku, un remo da barca), tridente (, sai, e la sua variante inastata 貫手棒, nunti-bō), manganello (トンファー, tonfā), tirapugni (鉄甲, tekkō), falce (, kama), zappa (, kuwa), catena (スルチン, surujin), nunchaku (ヌンチャク, con la variante a tre bastoni 三節棍, sansetsukon) e del combattimento con coltello e scudo (ティンベーローチン, tinbē-rōchin). A causa del divieto di portare armi imposto dal dominio di Satsuma agli abitanti di Okinawa si nota la forte presenza di armi improprie di origine contadina.



Molto più famoso a livello internazionale è probabilmente il karate (空手), noto a Okinawa con il semplice nome di ti (). Il ti di Okinawa nasce con l'introduzione del kung-fu sull'isola, e nacquero inizialmente tre stili: Shuri-te, Tomari-te, Naha-te, che prendono il nome dalle principali città dell'isola dove questo era studiato.

La popolarità moderna del karate si deve soprattutto ai maestri Funakoshi Gichin, che portò il karate in Giappone e, su suggerimento del maestro Kanō Jigorō, adottò il keikogi bianco e le cinture colorate. La scuola di Funakoshi fu chiamata Shōtōkan (松濤館), ossia la scuola di Shōtō, il nome d'arte di Funakoshi. Dopo lo Shotokan nacquero moltissimi altri stili di karate Okinawa-giapponese, e attualmente questa è una delle arti marziali più studiate al mondo.



martedì 24 novembre 2020

Qual è la differenza tra judo e Brazilian Jiu-Jitsu?

 



Il judo deriva dal nipponico ju jitsu cosi' come il brazilian ju jitsu.

La differenza è che il judo è molto piu' limitato.

Non si puo' colpire l'avversario(detto uke);non si possono fare strangolamenti nella lotta in piedi;niente leve di nessun tipo,ma solo proiezioni;e che non mirino ad atterrare uke con il viso a terra;Una volta a terra niente percussioni,solo leve al gomito,immobilizzazioni e strangolamenti.

Il brazilian ju jitsu non ha tutte queste limitazioni e si limita a vietare calci alla testa quando l'avversario è a terra;vietate le dita negli occhi,negli orecchi,ai genitali e torsioni delle dita.

Nel corso del tempo il brazilian ju jitsu ha attinto molto da altri stili di lotta come il sambo(lotta russa) ed il cath(lotta americana) ed anche dal pancrazio(l'antica lotta dei gladiatori)presa a sua volta dai combattimenti che avevano luogo nell'arena sotto il presidio dell'impero romano.

lunedì 23 novembre 2020

Chi è il più grande lottatore di sumo, come peso e altezza, mai nato?

Ikuzuki Geitazaemon (1827-1850), coi suoi due metri e ventisette centimetri è stato il più alto lottatore di sumo della storia. Qua sotto una sua rappresentazione dell'epoca che rende bene le proporzioni rispetto ai già giganteschi colleghi.



A titolo di paragone, l'altezza media dei maschi giapponesi adulti vent'anni dopo la sua morte era ancora a un metro e sessanta, quindi immaginate la percezione dei suoi contemporanei.