Un allievo una volta chiese a Bruce Lee:
«Tu insegni a combattere, ma parli di pace. Come fai a conciliare le due cose?»
Bruce Lee rispose:
«È meglio essere un guerriero in giardino che un giardiniere in guerra».
Un allievo una volta chiese a Bruce Lee:
«Tu insegni a combattere, ma parli di pace. Come fai a conciliare le due cose?»
Bruce Lee rispose:
«È meglio essere un guerriero in giardino che un giardiniere in guerra».
Per cominciare, vi mostro due immagini.
Questa è la mano di uno dei migliori tennisti. Guardate i calli, sono la prova del duro lavoro che ha svolto nel suo mestiere.
Ora
Questo tipo di pugno non è il pugno di una persona media, si sa che si è impegnato a fondo.
Nel kenjutsu, la posizione di "gedan no kamae" (alias posizione della terra) era quella ritenuta migliore per un samurai pronto a morire.
Da gedan è difficile attaccare, ma è anche difficile per gli avversari avvicinarsi (poiché non è possibile far cadere la lama mentre ci si avvicina e questo rende difficile tenerne conto). E quando qualcuno lo attacca, è molto bravo a contrattaccare.
A quanto pare, era molto utile quando "portare l'avversario con sé" sembrava un risultato abbastanza buono per il combattimento.
Inoltre, vedere qualcuno che assume questa posizione a volte può fungere da deterrente per l'avversario, in modo che possa riconsiderare l'opportunità di proseguire il combattimento se non è così determinato a uccidervi a qualunque costo.
Sì, se si tratta di un combattimento uno contro uno. Le prese, i bloccaggi e i ganci dell'Akido possono essere una tecnica devastante da usare contro un altro avversario (anche una coppia di avversari se è abbastanza veloce). I ganci, ad esempio, potrebbero essere devastanti quando il praticante di Aikido dovesse gettare l'avversario sul pavimento cementato, dal quale l'aggressore potrebbe avere difficoltà a rialzarsi.
Ganci come questi su un pavimento di cemento:
Non ne uscirete senza ferite.
No - contro più avversari, l'Aikido può essere inutile se il praticante viene colpito contemporaneamente da diverse angolazioni.
L'Akido commette un errore classico della maggior parte delle arti marziali: diventa troppo "pacifico" nella sua pratica. Non insegna ai suoi studenti come sopravvivere in un combattimento aperto, dove gli avversari possono arrivare da tutte le direzioni e nello stesso momento. Non insegna ai suoi studenti come difendersi da chi ti lancia bottiglie vuote, sedie, tavoli o si precipita a fare uno slam dunk sul pavimento.
Poiché i pugili incassano i pugni, è meglio esercitarsi a prenderli correttamente. Inoltre, i pugni all'addome sono "facili" da imparare a colpire perché si tendono i decimi del busto prima di ricevere il colpo.
Saper incassare un colpo senza dolore è un vantaggio competitivo ed è uno dei motivi per cui i pugili sono combattenti implacabili rispetto al tipico artista marziale che è abituato a combattere al tocco (per non ferire il partner).
Gli occhi Sanpaku (三白);
letteralmente, significa in giapponese: <<tre bianchi>>.
Il termine è usato per indicare quelle persone il cui bianco dell'occhio può essere visto nella parte superiore o inferiore dell'iride.
Secondo la tradizione avere gli occhi Sanpaku può interferire negativamente con il destino della persona. Un segno di un presagi futuro. Si ritiene che questo dimostri anche un certo squilibrio fisico e mentale per la tradizionale medicina giapponese.
Nel 1965 questa superstizione ha iniziato a diffondersi in occidente dopo la pubblicazione del libro di George Ohsawa (You are all Sanpaku; siamo tutti Sanpaku), in cui ha usato gli occhi di persone famose per profetizzare il loro destino (Billie Eilish, foto sopra).
Da allora, la relazione di Sanpaku con il proprio destino è stata oggetto di molte congetture.
(Diana Spencer) ↓
(John Fitzgerald Kennedy) ↓
(Michael Jackson) ↓
Secondo alcune pratiche asiatiche di interpretazione dei tratti del viso queste caratteristiche rispecchiano vari stati del proprio benessere fisico e spirituale.
Gli occhi sanpaku possono essere distinti in due categorie:
Yin sanpaku: sono gli occhi che presentano il bianco sotto all'iride (foto riportate sopra). Si dice che i tossicodipendenti, gli alcolisti e coloro che mangiano molti cibi e cereali zuccherati li abbiano e rappresenta uno squilibrio fisico nel corpo. Hanno maggiori probabilità di essere coinvolti in atti violenti ed incidenti. Ohsawa ha detto che le persone con questa caratteristica trarrebbero beneficio dal mangiare cereali, verdure e frutta secca
Yang sanpaku (foto sotto): si dice che sono persone sfrenate e piene di rabbia come gli psicopatici, assassini o serail killer. Un segno di instabilità mentale. Charles Manson aveva il temuto "sanpaku superiore", in cui il bianco degli occhi è visibile sopra l'iride, una condizione considerata indicativa di uno psicopatico mortale.
Superstizioni come gli occhi Sanpaku sono solo un esempio di credenze che non sono supportate da prove; molte persone sperimentano ogni giorno sia la buona che la cattiva sorte, indipendentemente dalle caratteristiche fisiche dei loro occhi. Smetti di dare credito a queste ridicole convinzioni.
Oggi il pensiero è cambiato. Avere gli occhi yin sanpaku è un segno di una persona speciale e con occhi particolarmente attraenti. Una persona intelligente e di animo buono.
Anche nel suo paese d'origine, il Giappone, questa superstizione non viene presa sul serio, semmai una persona è considerata "Kawaii", cioè estremamente adorabile.
Rimane, però, la convinzione che avere gli occhi yang sanpaku, quindi con il bianco sopra l'iride (foto sopra), sia un segno di gravi problemi psicologici.
Sì. Guarda gli atleti di Sumo
La maggior parte di loro ha poco grasso corporeo
È un grumo di muscoli. Essere colpiti da un lottatore di sumo è la stessa cosa che essere investiti da un camion. Si allenano intensamente ogni giorno.
Iniziano ad allenarsi dalle 5 del mattino in una stalla di sumo.
Alle 11 del mattino fanno colazione, per lo più mangiano chanko nabe
Dopo di che fare un buon pisolino
Cena alle 6 del pomeriggio
Giusto per chiarire per la cronaca...
Questo è agura. È semplicemente sedersi a gambe incrociate come farebbe la maggior parte delle persone in tutto il mondo quando non hanno una sedia.
Questo è il seiza. Hai le gambe nascoste sotto le cosce. Occupa meno spazio e sembra professionale. E non è poi così doloroso una volta che ci si abitua. Lo faccio quando sono fuori a volte e preferisco sporcarmi le ginocchia piuttosto che il sedere.
Questo è yokosuwari, e ti farà guadagnare un po' di simpatia (potenzialmente indesiderata), perché è la posa che potresti assumere quando le gambe iniziano a farti male a causa del grippaggio per troppo tempo senza esserti abituato. Chiamato anche oneesan suwari (sorella maggiore), è anche considerato un modo carino ed effeminato di sedersi. Forse puoi dirmi quanto sia universale questa percezione.
Questo è lo yankee sit, lo stato di riposo preferito dei delinquenti delle scuole superiori degli anni '80 nel loro habitat naturale. 50% di apatia sarcastica e 50% di affermazione del dominio dal basso.
Questo è il taiiku suwari (la seduta di educazione fisica), così chiamato perché è il modo in cui ti siederesti a lezione di ginnastica. Come il seiza, non occupa molto spazio. Trovare un'immagine che si può visionare al lavoro senza problemi, anche con Safe Search, è stato difficile. ️
Questo è lo stipendiato.
Senza ombra di dubbio alcuna l’epico ‘Rumble in the Jungle’.
Epocale incontro di Boxe svoltosi a Kinshasa, capitale dell’allora Zaire (attuale Repubblica Democratica del Congo), Rumble in the Jungle vedeva contrapposti I due più grandi pugili della storia: Muhammad Ali (detto ‘The Greatest’) e George Foreman (detto ‘Big Georgie’).
Prima del match, i bookmakers assegnavano i favori del pronostico tutti in direzione di Foreman: quest’ultimo - campione mondiale dei pesi massimi - era 7 anni più giovane di Ali, veniva da uno score impressionante (40 successi, 0 pareggi, 0 sconfitte) e generalmente nessun avversario riusciva a resistere per più di 3 round ad i suoi colpi per via dell’estrema violenza con il quale riusciva a sferrarli.
Ali, però, galvanizzato anche dalla petulante campagna mediatica in favore di Foreman, arrivò all’incontro più carico che mai, dopo aver passato più tempo dell’avversario ad allenarsi a Kinshasa per abituarsi al caldo ed umidità impressionanti ed orario del match (si combatté alle 4 di mattina per favorire la visione in prima serata del pubblico statunitense), oltre aver ideato un’apposita strategia per infliggere la prima sconfitta all’apparentemente invincibile avversario, quella del rope-a-dope: una tattica difensiva completamente passiva, che consisteva nel provocare l’avversario inducendolo a sferrare colpi sempre più forti e provanti, facendoli così perdere le energie e difendendosi attraverso una guardia serrata scaricando allo stesso tempo la forza dei pugni avversari appoggiandosi alle corde del ring.
Ali, messa in pratica la strategia,
decimò le riserve energetiche di Foreman,
mentre provocava l’imbattibile rivale con frasi del
tipo “è questo tutto quello che sai fare, Georgie?”.
Già
tra il quinto ed il settimo round Foreman rischiò a più riprese di
accasciarsi non appena Ali accennava qualche colpo,
finché quest’ultimo non decise di attaccare
(chiudendo il match e risparmiando quella che per Foreman era ormai
diventata un’umiliazione) una volta per tutte all’ottavo round,
prevalendo per KO tecnico dopo una serie di colpi andati a buon
segno.
Muhammad Ali vinse il titolo ed
inveì contro le telecamere, per festeggiare, a causa della
campagna sportiva pro-Foreman promossa dai media durante le settimane
precedenti.
L'incontro è - ancora oggi -
considerato una delle migliori dimostrazioni di
strategia teorica prima e tecnica poi mai viste in una manifestazione
sportiva.
“La mia particolare struttura fisica e ghiandolare mi ha permesso di non sentire mai alcun dolore sul ring. In tutta onestà, posso dire che nessun pugile mi abbia mai ferito, includendo perfino entrambi i combattimenti contro Joe Louis. Di certo, però, non posso dire che Louis non mi abbia inflitto danni. C'è un sacco di differenza tra il danno ed il dolore. I lividi dei pugni sono come gli iceberg. Si vede solo la piccola parte del danno che affiora in superficie.”
Abe Simon era un Peso massimo naturale di origine ebraica, di spiccata intelligenza.
Abe venne notato dal grande Gene Tunney il quale, sorpreso dalla grande forza e dalla determinazione di Abe lo indirizzò alla boxe.
Abe nel 1935, esordì da professionista, senza però abbandonare una parallela carriera da poliziotto a Long Beach, storica stazione balneare newyorchese.
Compì l’impresa della vita cinque anni più tardi, abbattendo con un tremendo destro alla bocca il sensazionale Jersey Joe Walcott.
Una lotta impari tra un coraggioso combattente del Queens contro ad una specie di divinità pugilistica.
Abe Simon concluse la propria carriera e si diede al cinema, comparendo in un capolavoro come “Fronte del porto”, di Elia Kazan.
Non abbandonò mai il mestiere di poliziotto, per il suo senso di giustizia.
un infarto se lo portò via alla giovane all' età di cinquantasei anni.
Abe lasciò moglie e due figli, e riposa al cimitero ebraico di Mount Ararat.
Nonostante la fama e i successi, non abbandonò mai la divisa.
I giapponesi, ora famosi per la loro cortesia, la loro riluttanza ad aggredire la loro disciplina, sono attoniti e di fronte al loro passato.
Alla televisione è popolarissimo un genere di dramma che si chiama jidaigeki, In sostanza degli spaghetti western ambientati nell’epoca dei samurai.
Non sono molto realistici, ma non importa.
Nell’antico Giappone molte donne imparavano ad usare con perizia spade e lance.
Ma gli ideali nipponici della femminilità predisponevano la maggior parte delle donne ad occuparsi di vicende ben distanti da quelle belliche.
Però con l’avvento dei samurai, nacquero le “onna-bugeisha” (donna combattente), membri anch’esse della casta di guerrieri.
Venivano addestrate per difendere la proprietà, la famiglia e l’onore, oltre che per proteggere i villaggi in cui magari il numero di uomini era esiguo.
Sorrido perchè fu la mia infantile domanda che feci ad un maestro (che poi diventò il mio maestro). Per diventare bravini (ovvero difenderti meglio di come si difenderebbe una persona di strada che non ha mai praticato arti marziali) servono dai 6 ai 9 anni: il tempo che il tuo cervello renda istintive e automatiche le tue azioni di difesa. Per diventare bravi maestri servono di solito 20 anni o più.
ALÌ: "Mi svegliavo tutte le mattine alle 6:00 per la corsa ed all'inizio non ce la facevo: il percorso da fare era troppo lungo. I giornali pompavano Liston perché era imbattibile, e quando non finivo il percorso di running mattutino mi sentivo inutile. Andavo in palestra il pomeriggio, mi buttavo a terra, non contavo i piegamenti, salivo sul ring per i guanti, le prendevo e l'allenatore mi correggeva spesso gli stessi errori.
Come lo batti Liston? Mi chiedevano in
privato.
Rispondevo: non lo so.
Liston era grosso, famoso,
cattivo, veloce, forte, ma c'è un momento in cui la corsa alla
mattina inizia a pesare di meno e tu inizi a correre più forte.
Quando andai sul ring, Liston lo vedevo lento come una lumaca. E
questo successe solo perché fallendo, in palestra, mentre dentro
bruciava tutto, ho sempre riprovato a credere in me".
Muhammad
Ali
In presenza di un maestro che la indossa, come forma di rispetto, gli altri maestri, che hanno ad es 3° o 5° dan, indossano la cintura bianca, come ad indicare che loro sono dei principianti, in confronto al maestro con la rossa.
Io credo che nelle palestre, qui in
Occidente, le cinture abbiano un minimo di senso, per organizzare i
corsi, dividere i principianti dagli allievi più esperti; per
organizzare le competizioni…
Per come intendo io le arti
marziali, la cintura non esiste; esiste imparare, allenarsi,
praticare sempre, conoscere tante altre persone che praticano e
"rubare" tecniche da tutti.
Non è mai stato provato, per ovvie ragioni.
Ma se volete avere un'idea di quale sarebbe il risultato, guardate il famigerato incontro dei pesi medi leggeri tra Billy Collins e Luis Resto al Madison Square Garden nel 1983.
Collins entrò nell'incontro con un record perfetto di 14-0 ed era ampiamente considerato un futuro contendente al titolo dei pesi medi leggeri. Era fortemente favorito nei confronti dell'esperto Resto.
Ma l'incontro si rivelò un match sbilenco, con lo sfavorito Resto che martellava Collins senza tregua. In qualche modo Collins rimase in piedi per tutti i dieci round, ma il suo volto era gravemente ferito e un occhio era gonfio.
Dopo essere stato dichiarato vincitore, Resto si avvicinò a Collins e a suo padre - anch'egli ex pugile - per stringere loro la mano. Quando l'anziano Collins ha toccato il guantone di Resto, ha capito che c'era qualcosa che non andava e ha avvertito gli ufficiali di gara. Resto ha cercato di lasciare il ring ma è stato fermato.
In seguito si scoprì che il manager di Resto, Panama Lewis, aveva rimosso un'importante imbottitura dal guanto di Resto e aveva imbevuto il nastro che copriva le sue mani di gesso di Parigi, rendendo i pugni di Resto simili a blocchi di cemento.
Sia Resto che Lewis furono condannati a due anni e mezzo di carcere per aggressione. Collins riportò una lacerazione dell'iride che gli offuscò permanentemente la vista e gli fu detto che non avrebbe mai più combattuto. Questo portò a una spirale di depressione e abuso di alcol, e nove mesi dopo l'incontro Collins morì in un incidente d'auto che molti ritengono essere un suicidio.
Quando si parla di difesa personale, a fare la differenza è il singolo individuo e quello che ha imparato, non tanto l'arte marziale in sé, però posso dire con certezza che se una persona non è allenata e non è abituata a gestire lo stress e il combattimento contro un avversario non collaborativo allora è molto probabile che questa persona andrà nel panico se venisse aggredita da un criminale spietato e cattivo e di conseguenza prenderebbe tante di quelle botte o peggio ancora potrebbe anche lasciarci le penne.
Questo è il motivo per cui ritengo estremamente efficaci per la difesa personale gli sport da combattimento come Boxe, MMA, Muay Thai, ecc.
Penso di sì, perché sono entrambe arti da impatto. Quando mi allenavo a boxe, chi veniva dal karate sapeva già dare pugni, anche se lo stile era molto diverso.
Secondo me quando una persona sa due arti marziali, userà quella più conveniente in un dato momento, o quella che ha lo scopo adatto. Non saprei come potrebbero miscelarsi boxe e karate ma io ad esempio, conoscendo boxe e judo, prima di tutto in una situazione di combattimento reale penserei:”voglio far male a questa persona? Qual è il modo migliore per difendermi?”. Se una persona mi desse un pugno, automaticamente mi metterei in guardia da boxe e parerei o farei scivolare l’attacco. Poi probabilmente però passerei al judo, perché consente di neutralizzare un attaccante senza fargli del male. Se invece venissi preso alla camicia, passerei subito al judo perché sarei sicuro di avere un vantaggio palese, intuibile anche da chi attacca senza sapere come funziona la lotta di questo tipo. Funziona come deterrente contro ulteriori tentativi di aggressione.
Gli scimpanzé sono alti un metro e venti e non sono cosi forti, loro non sono tre volte più forti di un uomo della medesima stazza, ma solo 1,5.
Mike Tyson è alta un 1,78, e sa combattere. lui semplicemente può prendere a pugni l'animale sfruttando di avere le braccia più lunghe e la maggiore forza, tuttavia se viene preso di sorpresa o commettere degli errori allora verrà sconfitto.
Ti racconto la storiella sui colori delle cinture nel karate:
Bianca: non sai e sei un'anima candida, non contaminata.
Gialla: inizia la contaminazione della conoscenza e l'anima cominci a colorarsi.
Arancione: un ulteriore passo verso la conoscenza e la rassicurante presenza del colore arancio tranquillizza il praticante che inizia a integrarsi nel contesto del dojo.
Verde: colore collegato alla speranza. Almeno in occidente, e indica al praticante la possibilità concreta di allenarsi seriamente e iniziare ad approfondire.
Blu: profondo come il mare per ricordare all'allievo che finora ha solo scalfito la superficie della conoscenza.
Marrone: è un momento di disperazione, di ritorno alla terra, all'humus, all'umiltà del praticante nei confronti della disciplina.
Nera: il contrario della bianca. Ormai l'anima è contaminata e ha perso il candore dell'ignoranza. E' il colore della scelta che tale rimarrà per tutta la possibile e futura carriera marziale del praticante che cercherà di interiorizzare la materia studiata fino a diventare lui stesso karate.
Superando queste baggianate psicopoetiche, i colori delle cinture equivalgono ai gradi militari e sono stati introdotti nell'ambito del judo quando iniziò ad essere disciplina ginnica nelle scuole elementari giapponesi degli anni '20 del secolo scorso. L'ambiente militaristico della società chiedeva che anche i bambini praticanti di arti marziali fossero inquadrati con gradi e gerarchie e usarono dei cromatismi che decrescevano dal bianco al nero per identificare i 6 kyu prima del 1° dan.
Vi racconto un'altra piccola mistificazione marziale. Nel simbolo del wadoryu è presente una colomba a ali spiegate che racchiude un pugno chiuso o il kanji WA, che significa Armonia, Pace. Il wadoryu è spaccato da qualcuno, più spesso agli esordi, come lo stile della Pace perché per noi la colomba rappresenta questo. Peccato che per la mitologia giapponese Hachiman, l'equivalente del nostro Marte o Efeso come preferite, avvertisse gli uomini del sopravvenire di una guerra o di carestie inviando delle candide colombe…?